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 2014  febbraio 18 Martedì calendario

TUTTI I SEGRETI DEL PRESIDENTE


Rignano sull’Arno (Firenze), febbraio
Chissà, se Enrico Letta avesse fatto un giro per il borgo natale di Renzi, forse non sarebbe stato così zen. Avrebbe capito che la pazienza di Matteo era già una rincorsa, e che in quel «Stai sereno Enrico» c’era l’acquolina del cannibale che gli avrebbe fatto le scarpe, ma anche lo scalpo.
Rignano sull’Arno, i giorni del «premierato». Cerchi le radici dell’uomo e scopri che coincidono con quelle del politico. Matteo Renzi l’hanno disegnato così, è nato Presidente. «Mi ricordo alla perfezione i temi delle elementari: noi “normali” scrivevamo che da grandi volevamo fare il pompiere, il calciatore o la maestra… Lui aveva una sola idea in testa: diventare Presidente della Repubblica», ricorda Alessandro Baldi, compagno di banco dal primo giorno di scuola alle fine delle medie.
PREDESTINATO AL SUCCESSO
«Alle medie era uguale a ora: anche se era un anno avanti, aveva tre marce più degli altri, parlava solo di politica e di Costituzione, tranne il lunedì, che era consacrato alla Fiorentina. Era di un’intelligenza superiore, ma non il più bravo. Il migliore l’era l’Andrea, che però era un secchione e infatti fa l’ingegnere», ricorda Daniela Vescarelli, compagna di classe all’istituto Giovanni Papini e proprietaria de La Querce, splendido agriturismo immerso nel verde a tre chilometri dal paese. «Ho fiducia in lui, perché è come i mandorli: sempre il primo a fiorire. Mi creda: tra Papa Francesco e Matteo, siamo in buone mani», rassicura Daniela.
E le ragazze? «Macché», dice il Baldi, «si era piccoli, e lui pensava solo al pallone e ai partiti: polemizzava coi professori, era già un rottamatore». In paese, però, giurano che una passione locale, Matteo, l’ha avuta. Un piccolo grande amore non corrisposto, provato prima di conoscere – agli esercizi spirituali degli scout – Agnese Landini, la donna che avrebbe sposato nel 1999.
Si chiama, la fidanzatina mancata, Federica Morandi ed è, oltre che coetanea, collega di partito e di carica: anche lei presidente del consiglio (comunale), anche lei del Pd.
«Più che non corrisposto, un amore mai dichiarato», concede la Morandi dopo lunghe trattative e qualche innocente bugia («Prometto che di questo filarino non faccio quasi menzione», dico, e il “quasi” a un volume bassissimo).
«Una cosa da bimbi, via. Lui me l’ha confessato qualche mese fa, davanti ad altri ex compagni, che poi, ci scommetto, sono quei furfanti che le hanno fatto il mio nome. Finita la scuola, io e Matteo facevamo la strada assieme, ché abitavamo uno accanto all’altra. Non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi, si aveva 12-13 anni, è normale», racconta Federica. Normale, un corno. Applicata a Renzi, questa titubanza è quasi una rivelazione: c’è stata, anche per lui, l’epoca della timidezza, l’età del dubbio.
Il sindaco Daniele Lorenzini, che naturalmente è del Pd, fa ancora il medico condotto e tra i suoi pazienti ci sono la nonna e il papà di Matteo. Gli amici lo chiamano per canzonarlo: «Oh Lorenzini, ora t’aspetta il posto della Lorenzin, al Ministero della Salute». Lui sta allo scherzo: «Oddio, sarei anche tagliato: sono un tecnico e politico... Piuttosto sono io che promuoverò Matteo: è un candidato autorevole al premio Tre corone, che diamo ai concittadini che dan lustro a Rignano». Succederebbe, Renzi, al capo della banda del paese, Alvaro Bargilli. «Lei ride, ma Matteo ne andrà fierissimo», mi pizzica un’impiegata.
Il parroco di Rignano sull’Arno si chiama Don Giovanni, che di cognome fa Nerbini e distingue: «L’ambizione smisurata di Matteo non è superbia: è un peccatuccio da cui l’assolvo. Anche i padri costituenti erano smodatamente ambiziosi e per fortuna hanno messo a disposizione di tutti la loro fame. Pure Renzi farà così, anche se non credevo sarebbe arrivato così in alto».
In sacrestia c’è spazio per una disamina politica: «L’accelerazione sulla legge elettorale l’ho molto apprezzata. Questa per superare il Letta, un po’ mi spaventa. Spero che Matteo ci abbia riflettuto: corre il rischio di bruciarsi, ricorda la trombatura di Prodi? Io mi auguro che ce la faccia, perché è la nostra ultima e unica risorsa, ma se dovesse fallire, un posto da capo scout glielo trovo sicuro», ride don Nerbini.
IL RICORDO DEI SUOI PROF
Al Giovanni Papini, Fiammetta Ricciarelli, che insegna matematica, ha solo sfiorato il ciclone Renzi: «Non l’ho avuto, l’era nell’altra sezione, per fortuna: un tale monello...». L’unico prof. superstite di Matteo è quello di musica, Stefano Tarchi. Che si rintana negli scrutini e poi svicola. «Che vuole, il Tarchi è l’esatto contrario di Matteo: gli garba la penombra», dice una collega.
E la penombra, specie in questi giorni, garba anche agli altri Renzi. La villa di famiglia, su a Poggio di Torri, è deserta. Dalla porta a vetri, indovini il parquet scuro, un lampadario di ferro battuto coi motivi del Giglio, il pianoforte. La sorella minore Matilde, che lavora nell’azienda del padre e abita sopra la macelleria, usa il telegrafo: «Rispetto il vostro lavoro, rispettate la mia privacy». Quella maggiore, Benedetta, sta a Bologna. Il fratellino Samuele batte tutti i record di riservatezza: è scappato in Svizzera, dove fa il pediatra, «proprio per non essere travolto dalla piena mediatica». E se mamma Laura ha affidato il figlio alla Madonna e nonna Maria prega che «il Signore illumini mio nipote», papà Tiziano fa professione di ateismo: «Io non esisto, quindi se anche le rispondessi sarebbe una non-intervista», dice prima di imbarcarsi per Miami. In assenza di Tiziano, il circolo del Pd è nelle mani di Fabio Venneri, 35 anni, origini salentine. È lui, l’unica vera opposizione di Rignano: «Io alle primarie ho sostenuto Pippo Civati. E dico che sarebbe stato meglio andare a votare, anche per Matteo: se avesse vinto, sarebbe stato più forte». Le pareti del circolo sono un buon modo per capire Renzi. Appesi, ci sono i ritratti di Enrico Berlinguer e di Aldo Moro. Matteo spera di essere la sintesi di quei due statisti, Matteo vuole essere il compromesso storico.
UNA VITA DA MEDIANO, ALLA POGBA.
L’ultima fermata obbligatoria, a Renzilandia, è alla Rignanese. Gianluca Toti ha allenato il neopremier alla fine degli Anni 80, categoria Giovanissimi. «L’era un bel mediano, Matteo, aveva i piedi grezzi, il destro un po’ meglio. Suppliva con la grande forza di volontà, col carisma del leader: incoraggiava i compagni, li sgridava. Non le dico che voleva dettarmi la formazione, ma quasi. Se dovessi paragonarlo a un giocatore di oggi, direi che è una miniatura di Pogba, ma non lo scriva: Pogba è della Juve e lui, da tifoso viola, non è che straveda per i bianconeri».
Romano Bagnoschi, anima della società, racconta: «Bel giocatore, Matteo: con la determinazione che si ritrova, se avesse continuato sarebbe arrivato in Serie C. E che carattere! Anche se era il più piccolo, lo facevano sempre capitano. Poi, a 16 anni, quando ha capito che voleva comandare e decidere tutto lui, è andato a fare l’arbitro».
A Pontassieve, Renzi vive con la moglie e i tre figli in una bella villa di via del Capitano. In giardino, ci sono due porte da calcetto, un tappeto elastico, la smart elettrica. Il citofono è muto. Agnese Landini è uscita col contagocce, si è schermita («Non chiamatemi first lady»), è parsa più confusa che felice («Sento una grande responsabilità, ai bambini più piccoli spiegherò che il babbo va a fare una grande cosa per tanti altri bambini e ragazzi come loro»). Suo padre Adriano, professore di matematica in pensione, invece parla. E dice: «Ho un genero eccezionale. Guardi, lo scriva con sobrietà e osservando il senso delle proporzioni, ma io dentro di me faccio questo ragionamento: Padre Pio, a cinque anni, ha visto l’angelo custode; Pelé, a 15 anni, giocava in nazionale. Ecco, Matteo l’ho conosciuto che ne aveva 16, di anni, e ho capito subito che aveva quella stoffa lì: una sovrabbondanza di doni e la voglia di condividerli. Quel figliolo è una benedizione». Sono molto religiosi, i Landini, ma il signor Adriano vuole correggere certe esagerazioni: «Un suo collega ha scritto che siamo cattolici prerisorgimentali: bischerate, siamo credenti e praticanti, ma gente normale». Certo, il suocero di Renzi non porge l’altra guancia. Si segna il nostro cellulare e poi “minaccia”: «Guardi che se scrive bugie, la vengo a prendere, eh. La mia Agnese è riservata, non voglio darle noia. Per dirle: è una bella figliola, ci sono stilisti che le fanno la corte per vestirla, ma lei l’è semplice, non ci tiene ad apparire. D’altronde, per un uomo così, ci voleva una gran donna».
«IL RAGAZZO HA GAMBE E TESTA»
L’incarico di premier, c’è da giurarlo, Renzi lo festeggerà con una margherita al Far West, la sua pizzeria di riferimento. Maurizio Mandola, il proprietario, si presenta così: «Io sono il preparatore atletico di Matteo e a tempo perso faccio il pizzaiolo. Insieme abbiamo fatto tre maratone, il ragazzo ha gambe e testa. Sono pure il suo consulente alimentare: se lo vedo un po’ rotondo, gli dico di togliere calorie, ma poi lui viene qui, anche alle due di notte, e si spazzola due Margherite. Ora sono un po’ preoccupato: tenere su ‘sto governo è come fare la 100 chilometri, ma quello è un prodigio». E la mancia, la lascia?, chiediamo a Massimo Ciucci, socio di Maurizio e cameriere aggiunto. «Paga sempre col bancomat. E quando c’è l’amicizia, la mancia l’è un po’ un’offesa», risponde. Ora Massimo e Maurizio stanno brevettando la pizza Renzi: «Bianca, con stracchino e rucola, un filo d’olio buono, tre fette di salmone affumicato. Qualcosa di fresco, di leggero».
«GLI INTERESSA SOLO L’IMMAGINE»
Samuele Fabbrini, 34 anni, è il pupillo pontassievese di Renzi: il 9 marzo si gioca alle primarie la poltrona di sindaco, che qui è inevitabilmente del Pd (il primo cittadino uscente, Marco Mairaghi, è stato il sindaco più democratico d’Italia: nel 2009 prese oltre il 70 per cento dei voti). «Matteo era il mio capoclan agli scout, abbiamo un rapporto che trascende la politica», spiega Simone. «Consigli? Si informa sempre su come dormo, dice che la qualità del riposo è fondamentale: a lui bastano quattro ore, io se non ne faccio sette sono uno zombie».
A Firenze, c’è qualcuno che sporca l’agiografia: Giovanni Galli, ex portiere di Fiorentina, Milan e Nazionale, avversario di Renzi alle comunali del 2009. «Guardi, a Palazzo Vecchio, durante la prima seduta, l’ho apprezzato molto. Mi sono detto: “Anche se in campagna elettorale è stato scorretto, cercherò di aiutarlo”. Col tempo ho capito che gli interessa una sola cosa: l’immagine, la sparata eclatante».
La concretezza, sostiene Galli, non è nel repertorio renziano. «In cinque anni ha fatto solo la pedonalizzazione. Guardi la tramvia: la prima pietra, l’ha messa nel 2010. Poi ha riempito la città di cartelli pubblicitari: “La tramvia dà valore alla vita”, “La tramvia pulisce l’aria”. Sono passati mille giorni e sta ancora cercando la seconda pietra».
UNA PARLANTINA DA FUORICLASSE
Renzi, insomma, è meglio da lontano, è il contrario del potere: logora chi ce l’ha. «In giro», dice Galli, «i non fiorentini mi dicono spesso: “Che bel sindaco che avete”. E io ho sempre risposto: “Vi auguro un giorno di provarlo”. Ora tremo: sul piano della comunicazione è un fuoriclasse, è meglio di Berlusconi. Su quello del “fare”, invece…». A ripettinare il ritratto, ci pensa Tony Salvi, 74 anni, il barbiere del neopremier. Ha una bottega a Oltrarno e clientela selezionata: Cesare Prandelli, i Frescobaldi, «ai tempi anche Amarildo ed Eraldo Pecci». Non sta nella pelle, Tony: «Ora le forbici ce le ha in mano lui: spero che tolga a chi ha troppo e dia a chi ha troppo poco». E per festeggiare, Salvi promette di rivedere le tariffe: «Taglio e shampoo vengono 30 euro, adesso voglio abbassare i prezzi. Così, per dare l’esempio». Prodigioso, Renzi: non si è ancora insediato e ha già tagliato i costi.