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 2014  febbraio 20 Giovedì calendario

AUSCHWITZ I II III

006

Konzentrationslager -Vernichtungslager (Polonia)

Da un rapporto dell’ufficio centrale delle Ss del 25 gennaio 1940 si reca che già all’inizio di quell’anno esisteva il piano di edificare presso Oswiecim - Auschwitz in tedesco - un Campo di concentramento.
Richard Glucks, Ss Oberfhurer (Generale Maggiore) ispettore generale dei Campi di concentramento, inviò a Oswiecim, cittadina polacca dell’Alta Slesia, incorporata nel Reich, una commissione guidata dal Ss Walter Eisfeld, direttore del Lager di Custodia preventiva di Sachsenhausen.
Il 21 febbraio del 1940, Glucks informa il Reichfhurer delle Ss Heinrich Himmler che la ex caserma polacca, abbandonata da anni, con opportuni lavori di ristrutturazione e l’aggiunta di servizi igienici poteva essere trasformata in un Campo di Quarantena. Inoltre ci si doveva accordare con la Wehrmacht (che ne deteneva la proprietà) per la cessione dei fabbricati. Le trattative tra le due parti si ebbero ad Oswiecim il 18/19 aprile, capeggiate questa volta dal nuovo comandante di Sachsenhausen, Rudolf Hoss. La commissione valutò nei dettagli il progetto di organizzare ad Oswiecim, un Campo provvisorio (transito) di Quarantena per 10.000 prigionieri, destinati poi ai Lager in territorio tedesco.
Il 27 aprile 1940 Himmler diede il via ai lavori ricorrendo alla manodopera dei prigionieri e nomino comandante del nuovo Campo di concentramento Rudolf Hoss (svolse questa funzione fino al novembre 1943, quando assunse la carica di direttore dell’Ufficio centrale Ss-wvha DI - Ispettorato dei Campi di concentramento -, l’11 novembre 1943 fu sostituito da Arthur Liebhenschel, Tenente colonnello fino a maggio 1944, Richard Baer, Maggiore, la ricopri fino alla liberazione). Come per la maggior parte dei luoghi scelti per l’installazione dei campi di concentramento, fu scelta una regione poco abitata, insalubre e paludosa, ma era al centro di quattro linee ferroviarie di notevole importanza. Per la prima fase di ristrutturazione degli edifici, Hoss si servì di un locale che rese disponibile 300 lavoratori Ebrei coatti, i quali lavorarono da fine maggio a metà giugno.
Il 20 maggio 30 delinquenti comuni di nazionalità tedesca (triangoli verdi) internati a Sachsenhausen, arrivarono ad Auschwitz per ordine di Hoss, destinati a mansioni di sorveglianza (kapò). A loro vennero assegnati i numeri da 1 a 30 e alloggiarono nel blocco numero 1.
Il 29 maggio giunsero da Dachau (Lager nei pressi di Monaco di Baviera, aperto fin dal marzo del 1933) un gruppo di uomini incaricati all’opera di recinzione del Campo, alla costruzione di torrette di guardia, al livellamento del terreno e ad altri lavori di sistemazione. Per spianare quello che doveva diventare il piazzale d’appello e le strade che collegavano i vari edifici del Campo, si fece ricorso ad un grande rullo di cemento trainato dai prigionieri (anche sessanta per volta) incalzati da un Kapò criminale, che infuriava la sua sete assassina su chi perdeva il ritmo. In due mesi il primo Lager nazista in terra polacca era pronto per ricevere i primi detenuti. Nel cancello d’ingresso in ferro battuto capeggiava la scritta "Arbeit Macht Frei" - il lavoro rende liberi.
Il 14 Giugno arrivarono ad Auschwitz i primi 728 prigionieri Polacchi in maggioranza giovani tra i 18 e 19 anni - arrestati alla frontiera francese intenti a raggiungere l’esercito polacco - deportati dal carcere di Tamow e registrati con i numeri dal 31 al 728. Vennero rinchiusi per il periodo di quarantena, - le Ss temevano il diffondersi di epidemie, diffuse in altri Lager o luoghi di detenzione da cui provenivano i detenuti - nell’ex edificio del Monopolio tabacchi , vicino al raccordo ferroviario e separato dagli altri blocchi con filo spinato, e in seguito, con l’affluenza massiccia di detenuti vennero adibiti più blocchi od interi settori. Hoss nel suo progetto di ristrutturazione ed ampliamento, fece evacuare 1.200 abitanti, furono abbattute 123 case situate nelle vicinanze per facilitare la caccia ad eventuali evasi, le rimanenti case non demolite, furono assegnate poi alle famiglie degli ufficiali e dei sottoufficiali Ss.
Il programma di Hitler prevedeva in pratica una guerra lampo di aggressione e invasione delle truppe tedesche in Unione sovietica. I piani nazisti per una travolgente vittoria doveva durare mesi, ma per varie circostanze si protraeva molto più a lungo. L’esercito tedesco invasore, fece molti prigionieri di guerra in territorio russo, pertanto Himmler ed altri alti gerarchi nazisti, si recarono ad Oswiecim, per dare l’ordine urgente di ampliarlo perché possa ospitare 30.000 detenuti, creare nel circondario del Campo esistente un grande Campo che doveva ospitare più di 100.000 prigionieri di guerra russi, un distretto destinato ad attività sperimentali nel settore dell’agricoltura, dell’allevamento di animali e della pesca, e fornire 10.000 operai al consorzio della I.G Farben per dare indizio ai lavori di realizzazione del progetto di Hermann Goring che prevedeva l’apertura di un nuovo complesso industriale.
Il 10 febbraio 1941, per ordine di Himmler, una commissione guidata da Hoss, stabilì l’area e il territorio della seconda fase di evacuazione (con demolizioni di case esistenti) in circa 40 chilometri quadrati destinata a diventare "area di interesse del Campo" da pattugliare costantemente con militi Ss. A questi primi arrivi fecero presto seguito trasporti di Polacchi, sopratutto di patrioti, membri dell’intellighenzia e del movimento di resistenza arrestati durante i rastrellamenti che la polizia tedesca organizzava nei territori occupati dalle milizie naziste. Auschwitz è ancora un Campo di transito, nel senso burocratico del termine, ma già le condizioni di vita sono al limite della sopravvivenza. L’inizio della prigionia era accompagnato da una serie sconvolgente di esperienze: attese snervanti cariche di incertezza, insulti, percosse, e una serie di trattamenti più o meno logoranti, adottati dai sorveglianti, questo spogliava di colpo i nuovi arrivati di tutto il loro passato. Ai nuovi arrivati al Lager dallo scalo merci di Oswiecim, distante alcuni chilometri - i detenuti lo percorrevano a piedi e di corsa, scortati dalle Ss - al l’ingresso venivano confiscati vestiti e qualsiasi effetto personale, si rasava loro i capelli, sottoponendoli in un secondo tempo alla disinfestazione e al bagno. Terminata la cosiddetta "sauna" ai detenuti veniva distribuito il vestiario, questo nei primi anni di attività, che comprendeva, una divisa a righe grigio azzurra, composta da casacca, pantaloni, zoccoli di legno al posto delle scarpe, cappello, cappotto e con un po di fortuna anche calze. Nella maggior parte dei casi, non era possibile scegliere la taglia dei vestiti ed il numero degli zoccoli più idonea, cosicché spesso la divisa sfigurava la persona rendendola da subito un essere senza nessun segno esteriore di identificazione. In seguito con l’internamento di donne, era difficile distinguere il sesso tra i deportati. Alla fine di queste operazioni venivano contrassegnati con un numero di matricola e registrati (Il Comando di Auschwitz mise in atto una serie (5) di numeri di matricola che corrispondevano a relativi principi burocratici e politici. La prima serie fu introdotta sin dalla nascita del Lager e si protrasse fino alla liberazione raggiungendo il numero 202.499; la seconda serie fu introdotta dall’autunno del ’41 con l’arrivo dei prigionieri di guerra russi e raggiunse il numero 11.964; la terza serie fu introdotta dal gennaio 1942 e riservata agli “internati da rieducare” in precedenza inclusi nella prima serie. I detenuti inseriti in questa serie - deceduti o liberati - i loro numeri venivano assegnati nuovamente ad altri internati deportati con questo scopo risultando forse un raro esempio di riciclo dei numeri dalla sua esistenza e raggiunse il numero 9.183 (qui vennero registrate anche le donne da “rieducare” e avevano una propria serie, si può esemplificare in terza serie femminile e raggiunse il numero 1.993); La quarta serie fu introdotta dalla fine di marzo del 1942 e riservata alle donne e raggiunse il numero 89.325. Qui vennero registrate, almeno fino a maggio 1944 alcune detenute ebree selezionate per il lavoro; La quinta serie fu introdotta dal febbraio ’43 con l’arrivo delle famiglie zingare. Il loro numero di matricola era preceduto dalla lettera Z (Zigeuner) e raggiunse il numero 10.094 per gli uomini e 10.888 per le donne (bambini ed adolescenti venivano registrati divisi per sesso). Dalla fine di maggio del ’44 per evitare numeri di matricolazione troppo lunghi (la direzione aveva imposto un numero massimo di 20.000) furono introdotte due nuove serie precedute dalla lettera A o B. Nelle serie A furono registrati 20.000 uomini e 29.354 donne (qui si supera il tetto imposto per un errore burocratico amministrativo); La serie B fu riservata agli uomini e raggiunse il numero 14.897). Ad ogni detenuto veniva distribuito un numero di matricola su un pezzo di tela, un triangolo colorato che identificava l’appartenenza politica o sociale, questi dovevano essere cuciti nella casacca sulla sinistra all’altezza del torace. Senza più nome il detenuto veniva così inserito totalmente nella vita del Campo regolata con uno schema fisso che si ripeteva costantemente, annullando la cognizione del tempo.
Nel 1943 fu introdotto un sistema di identificazione che fu adottato solo nel Campo di Auschwitz. Veniva tatuato sull’avambraccio sinistro un numero a diverse cifre (Inizialmente fu adottata la procedura delle tre foto in pose diverse, poi fu introdotto il numero tatuato sul petto ed infine sull’avambraccio per identificare meglio i numeri dei morti accatastati ed aggrovigliati nelle frequenti situazioni), le quali sostituivano il nome del deportato e serviva sia per gli appelli che per qualsiasi attività svolta nel Lager. Inizialmente ogni detenuto veniva fotografato in tre pose diverse. Negli schedari, era riportato il nominativo del deportato, il motivo del suo arresto - che poteva essere, l’aver aiutato persone ebree, oppure essere stato ostile con i tedeschi - la religione, lo stato di appartenenza e molte altre di carattere personale. L’assegnazione della baracca e del posto letto terminava dopo ore l’ingresso al Campo.
Ad Auschwitz nei primi periodi non veniva sfruttata la manodopera a livello industriale e quindi non si eseguiva all’arrivo alcuna selezione, la quale fu più tardi adottata su larga scala nel Lager di Birkenau per la "soluzione finale" della questione ebraica. Nel periodo di "quarantena" ai detenuti non era concesso il riposo e la tranquillità. Sveglia alle 4 del mattino con urla e percosse, rifare il letto secondo l’uso militare, senza una piega o difetto anche minimo, poco tempo per lavarsi nella rissa generale, bere, se si era fortunati, la brodaglia di caffè o tè che il capo blocco distribuiva, il tutto in meno di mezzora e al massimo 45 minuti, poi tutti in fila fermi, allineati per l’appello in qualsiasi condizione di tempo; poi, ore e ore di esercizi fisici, allineamento sul piazzale, apprendimento corretto di qualche canzone e la pronuncia di qualche espressione tedesca, con botte, angherie ed umiliazioni di ogni genere. Citiamo un discorso delle Ss ai nuovi arrivati: «Per noi tutti voi non siete uomini, ma soltanto un mucchio di spazzatura. Vi puniamo come si deve, e di questo vi convincerete voi stessi tra poco. Per nemici del Reich della vostra fama, come voi siete, noi tedeschi non avremo nessuna compassione ed è con vero piacere che vi metteremo tutti a cuocere nei Forni crematori. Dimenticate le vostre mogli, i figli, le vostre famiglie. Qui creperete come cani».
Dopo l’appello per i deportati che avevano già superato il periodo di quarantena, seguiva l’ordine di formare le squadre di lavoro (Arbeitskommando), e subito i prigionieri correvano verso i posti di adunata stabiliti, da dove partivano, accompagnati dall’orchestra del Campo , verso la propria destinazione. Una volta sbarcato il cancello, le squadre venivano prese in consegna dagli uomini delle Ss destinati alla sorveglianza. Nei primi periodi di esistenza del Campo, i detenuti erano adibiti alle varie sistemazioni e alla costruzione ed ampliamento degli edifici. La giornata lavorativa, secondo le disposizioni della direzione, durava in media dalle 6 del mattino alle 17 di sera in base all’oscurità, ed era di 11 ore, con mezz’ora di pausa per il pranzo che si consumava nel posto stesso. Inoltre il tempo lavorativo era sempre oggetto di terrore all’interno del quale erano sempre possibili, ovunque e in qualsiasi momento violenze, maltrattamenti ed incidenti anche gravi. E benché bisognasse orientare la mente ed il pensiero al peggio, questi incidenti avvenivano sempre inaspettati. Concluso il lavoro tutto avveniva in senso inverso, fino al rientro nel blocco e alla distribuzione della zuppa. Quando i conteggi dell’appello non tornavano e quindi si sospettava la fuga, i detenuti erano costretti a rimanere fermi per ore e ore e spesso non aveva limiti, protraendosi fino alla mattina successiva. Subito le Ss organizzavano delle squadre di ricerca e il più delle volte si trattava di prigionieri crollati per la fatica in qualche angolo del Lager. A partire dal 1941, per ogni evasione si condannavano a morte dieci o più prigionieri scelti tra quelli che appartenevano allo stesso blocco dei fuggiaschi. I prescelti venivano trasferiti nei sotterranei del blocco 11, dove senza ricevere ne cibo ne acqua, dopo pochi giorni morivano tutti tra atroci tormenti.

Dipartimenti e gerarchia ad Auschwitz
Il complesso organizzativo di Auschwitz era identico a tutti i Campi di concentramento, era costituito da cinque dipartimenti, fino al 1942 e poi con la riorganizzazione dell’Ufficio centrale economico ed amministrativo delle Ss (sigla WVHA) si costituì un sesto dipartimento.
Dipartimento I: Era il comando del Campo. La figura prima nella persona di Lagerkommandant fu Rudolf Hoss che svolse la mansione di comandante del Campo fino al’ 11 novembre 1943, quando assunse la carica di direttore dell’Ufficio centrale delle Ss-WVHA DI (ispettorato dei Campi di concentramento). Fu sostituito da Arthur Liebhenschel che suddivise il Campo in Auschwitz I II III, rimase in capo fino a maggio 1944. Richard Bear fu l’ultimo comandante fino all’evacuazione del Lager. Elenchiamo anche chi ricoprì la carica di vicecomandante nei vari periodi: Josef Kramer (da maggio ad ottobre 1940); Erich Frommhagen (da novembre 1940 a primavera del 1941); Edmund Bruning (dalla primavera 1941 a giugno 1942); Robert Mulka (da luglio 1942 a marzo 1943); Lwdvig Baumgartner (da aprile a novembre 1943); Viktor Zoller (da novembre 1943 a maggio 1944); Karl Hocker (da maggio 1944 a gennaio 1945). Hoss ritornò ad Auschwitz per supervisionare l’eliminazione degli Ebrei provenienti dall’Ungheria. Il dipartimento I era suddiviso in due sezioni:
Ia comprendeva, il tribunale delle Ss, il comando della sicurezza del Campo e della Polizia;
Ib comprendeva, la gestione tecnica del Campo ed i turni delle Ss, il reparto armi ed attrezzature militari, l’ufficio comunicazioni e postale;

Dipartimento II: Era una cellula periferica di due unità fuse nel 1943, Sipo e Sd cioè la polizia di Stato e di partito, nell’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich con la sigla RSHA. Le unità organizzative del Campo erano articolate in sette sezioni che raggrupparono la sezione accettazione o scarcerazione degli internati, la sezione registrazione, schedatura e l’archivio dei documenti personali degli internati, la sezione giuridica che si occupava del funzionamento giuridico del Campo, la sezione di Stato civile che si occupava di emettere certificati di morte cancellando le tracce dell’eccidio e la sparizione dei cadaveri, i Forni crematori e le Camere a gas dipendevano da questa sezione, la sezione inchieste ed interrogatori che avviava indagini sui prigionieri internati; la sezione della Polizia scientifica che deteneva le impronte digitali e le fotografie degli internati; la sezione vigilanza che introdusse spie e confidenti tra gli internati, per scoprire progetti di evasione o di sabotaggio. In questo dipartimento, come appena specificato, facevano parte le Ss responsabili delle Camere a gas e dei Forni crematori conosciuto come Sonderkommando. Ecco in elenco gli appartenenti: Otto Moll, Hubert Busch, Ewald Kelm, Erich Muhsfeldt, Walter Quakernack, Robert Seitz, Karl Steimberg, Peter Voss.

Dipartimento III: Era costituito dalla direzione del Campo, e in seguito, dopo il 1942, con l’espansione del complesso concentrazionario di Auschwitz, si istituì una sezione che si occupava del collocamento al lavoro degli internati chiamata IIIa, ne parleremo più avanti. Questo dipartimento sostituiva in assenza il comandante del Lager, il cui compito era vigilare l’ordine e la disciplina, richiedere al comandante le punizioni da infliggere ai detenuti, ricevere i rapporti sul numero degli internati, coadiuvare le azioni connesse all’acquartieramento e all’approvvigionamento dei prigionieri. Qui di seguito l’elenco dei vari direttori del Campo: Auschwitz I - Karl Fritzsch (da maggio 1940 a gennaio 1942); Hans Haumeier (da gennaio 1942 a settembre 1943); Heinrich Schwarz (da ottobre 1943 a novembre 1943); Franz Hossler (da novembre 1943 a maggio 1944). Con l’istituzione, nel marzo del 1942 del Campo femminile, vennero nominati direttori di questa sezione del Lager Paul Heinrich Muller e Johanna Langefeld ispettore generale o sorvegliante generale. La direzione e i direttori del Campo di sterminio di Auschwitz II Birkenau furono per la sezione maschile: Johann Schwarzhuber (da novembre 1943 a settembre 1944), mentre il settore femminile aveva come direttore Franz Hossler (da agosto 1942 a maggio 1944). Hossler inoltre, si avvalse della collaborazione di Johanna Langefeld (da agosto 1942 a ottobre 1942), e di Maria Mandel (da ottobre 1942 a novembre 1944), e infine Elisabeth Volkenrath (da novembre 1944 a gennaio 1945). Quanto al Lager di Auschwitz III Monowitz ebbe un unico direttore nella persona di Vinzenz Schottl.
Ora riprendiamo con la sezione del dipartimento III la sezione IIIa. Questa sezione (unica nel suo genere e non presente in altri Campi e aveva un proprio direttore), come si accennava prima, gestiva la manodopera e la gestione in appalto dei detenuti e tutto quello che concerneva il lavoro. Questa sezione si avvaleva di Ss con il ruolo di dirigenti dei lavori composti da capisquadra Ss, di kapò, normalmente triangoli Verdi per la sorveglianza del lavoro eseguito dalle squadre di internati;

Dipartimento IV: Aveva il compito economico della gestione del Campo, approvvigionamento da cui dipendevano le cucine, vestiario, i beni dei prigionieri, l’alloggiamento e servizi;

Dipartimento V: Consisteva il servizio sanitario interno al Lager, per prevenire epidemie, che potevano intaccare le Ss, la farmacia, i depositi dello Zyklon B e l’ospedale;

Dipartimento VI: Era destinato all’addestramento del personale Ss. Il battaglione di stanza nel Lager era composto da 14 compagnie di cui una cinofila e una per l’addestramento della truppa. Complessivamente nel complesso concentrazionario si avvicendarono circa 7.000 Ss.

Gli Alloggi dei deportati
Le condizioni abitative, sebbene differenti nei vari periodi di esistenza del Campo, furono sempre disastrose. I deportati arrivati con i primi trasporti dormirono, per i primi quindici mesi, direttamente sulla paglia sparsa sul pavimento. Ad Auschwitz nel Campo principale, i deportati dormivano in abitazioni in muratura, 20 edifici di cui sei a due piani, dalla dimensione di 43,38 metri di lunghezza e 17,75 di larghezza - le ex caserme Polacche - numerati da 1 a 20 e successivamente i deportati edificarono il piano superiore dei restanti blocchi inizialmente ad un piano (agosto 1941), il numero dei blocchi aumentò fino al 28. In una sala che poteva contenere a fatica 40/50 persone ne dormivano circa 200. Non tutti i blocchi erano adibiti ad alloggio per deportati, alcuni fungevano da depositi, bagni, uffici, spaccio ecc. I pancacci a tre piani introdotti in seguito - 1 agosto 1941 - non migliorarono di molto le condizioni abitative. Per ogni piano dei pancacci dovevano in genere prendere posto due o più deportati. Per coprirsi erano disponibili soltanto dei ritagli di coperte sporche e lacere infestate di pidocchi e di ogni altro genere di insetti. Di migliori condizioni abitative godevano i prigionieri addetti a funzioni amministrative, ai quali di norma venivano assegnati blocchi separati.

L’Alimentazione giornaliera
Innanzitutto i prigionieri "mangiavano" tre volte al giorno, mattino, mezzogiorno e sera. A pranzo, quattro giorni alla settimana era prevista una zuppa di "carne", in realtà di ossa spolpate o di salsicce a basso contenuto di grassi, per gli altri tre giorni, veniva distribuita una zuppa (3/4 di litro) di verdure a base di rape, patate e con l’aggiunta di orzo e semolino o farina di segala molto acquosa e di scarso nutrimento calorico. A cena venivano assegnati 300 gr. di pane, che comprendeva anche quello della colazione, 25 gr. di margarina o salsiccia ed a volte un cucchiaio di marmellata o un pezzo di formaggio. Al mattino una brodaglia nera insapore che fungeva da caffè. I depositi alimentari erano amministrati dalle Ss, pertanto prelevavano gli alimenti migliori. Il tasso calorico si aggirava intorno alle 1.300/1.500 calorie quando le cose andavano bene, con il tempo e con il sovraffollamento del Campo scendevano ulteriormente, creando tra gli internati gravi conseguenze, che come si vedrà più avanti portavano alla morte. In tutti i Campi di concentramento, esistevano degli spacci, e chi disponeva di denaro (requisito all’ingresso), o chi organizzava poteva trovare poco se non qualche insalata marcia o pane ammuffito. Si trovavano invece, dentifricio e spazzolino, schiuma da barba e pennello e poco altro ancora. La penuria di alimentari del periodo di guerra, fece si che dopo il 1942, venissero usati per cucinare la zuppa anche gli alimenti sequestrati all’arrivo dei nuovi deportati. In pochi mesi gli internati stremati dalla fame e dal duro lavoro, una maggioranza di loro cadeva in uno stato tale di denutrizione da fargli diventare degli scheletri viventi che nel gergo del Campo venivano classificati "Musulmani".

Il Musulmano (cadaveri viventi)
I prigionieri che arrivavano a credere in quello che le guardie dicevano - cioè, che per loro non c’era più alcuna speranza di lasciare Auschwitz da vivi - e si convinsero perciò, che non avrebbero potuto, nemmeno minimamente, influire sull’ambiente in cui vivevano, questi prigionieri, ridotti a degli scheletri, erano letteralmente dei cadaveri viventi e, nel gergo del lager erano chiamati i «musulmani». Poiché il loro cedimento di fronte all’ambiente veniva erroneamente assimilato all’abbandono totale e al proprio destino. L’avergli tolto ogni dignità, ogni forma di stimolo interno, scatenò in loro un esaurimento totale, tanto fisico quanto psichico, da non essere più n grado di impedire all’ambiente di prendere il sopravvento totale su di loro. Fino a che, un prigioniero, combatteva una qualsiasi forma di lotta per la sopravvivenza, opponendosi al peso schiacciante dell’ambiente che lo circondava, poteva evitare di diventare musulmano. I musulmani si comportavano come se non pensassero, che non provassero sensazioni e non fossero capaci di agire o reagire, o venissero mossi da cause esterne. Essi ubbidivano ancora agli ordini, ma ciecamente automaticamente, la loro ubbidienza era del tutto passiva e incondizionata e per di più senza risentimenti di sorta. Si guardavano ancora attorno, o almeno muovevano ancora gli occhi. Cessavano di guardare molto più tardi, pur continuando a muoversi, quando gli veniva ordinato, ma non facendo più nulla di propria iniziativa, tale cessazione di qualsiasi forma di attività, cominciava quando non muovevano più le gambe, ma le trascinavano e, quando cessarono di guardarsi attorno, la fine del loro martirio era per sempre finito. Per quanto riguarda i sintomi della malattia da denutrizione, si devono distinguere due fasi ben distinti: la prima era caratterizzata da dimagrimento, debolezza muscolare e progressiva perdita di energia nei movimenti. In questa fase l’organismo non era ancora profondamente danneggiato ed eccetto da una certa eccitabilità ed irritabilità non si manifestavano altri comportamenti di carattere psichico. Inoltre, era difficile prevedere il passaggio da uno stato all’altro, visto che per qualcuno avveniva in modo lento e graduale. La seconda fase, può essere interpretata quando un individuo perdeva un terzo del suo peso normale che in seguito diminuiva cambiando la forma del viso facendosi opaco, triste e assumeva un espressione indifferente. Gli occhi erano ricoperti da un velo e le pupille profondamente incavate. La pelle diventava di un colore grigio-pallido, sottile e dura come la carta e si desquamava, i capelli diventavano ispidi, stepposi e si spezzavano facilmente, la testa si allungava , gli zigomi diventavano ben evidenti. Per finire i Musulmani erano facilmente soggetti ad epidemie e contagi. Citiamo una frase di Primo Levi: « Soccombere» ad Auschwitz è la cosa più semplice.

Il Campo delle Donne e dei Bambini
Il primo marzo del 1942 il settore dei prigionieri di guerra russi venne definitivamente chiuso e i 945 sopravvissuti vennero trasferiti nel nuovo Lager di Birkenau (questi russi erano incaricati alla sua costruzione). Subito si diede inizio alla disinfestazione dei locali e si costruì un muro per separare i dieci blocchi dagli altri, per ospitare il previsto Lager femminile. Il Campo femminile sovraffollato fin dalla sua creazione, significo per tutte le donne un vero annientamento psichico, al quale presto o tardi seguiva il crollo fisico. In data 6 maggio 1943 una circolare della Rsha imponeva ai vari commissariati della Gestapo di non mandare ai Campi femminili le donne incinte. Tuttavia le donne che venivano arrestate nelle retate collettive non sembravano soggette a controlli di questo genere, così ad Auschwitz, una volta scoperte venivano uccise con iniezioni di fenolo. Solo nei primi mesi del 1943 si sostituì questa pratica con l’aborto coatto, senza comunque tenere in considerazione lo stato di avanzamento della gravidanza, e se il parto aveva luogo i neonati venivano uccisi all’istante. In seguito sempre nel 1943, per un ordinanza di Himmler, si doveva attuare l’eutanasia solo ai malati di mente e non a soggetti che sarebbero stati inseriti nella preziosa forza lavoro, così i neonati delle internate non Ebree vennero tenuti in vita. Dopo il parto le detenute con i propri neonati venivano inviate al proprio blocco di appartenenza. Spesso a causa dell’alimentazione e delle carenti condizioni igienico-sanitarie i bambini morivano in poco tempo. Le donne che avevano figli, pativano più degli altri internati del Campo, perché era frequente che si privassero del loro cibo per garantire un’alimentazione più calorica ai bambini. Nel Campo femminile, nei primi mesi del 1942, funziono un kinderkommando che raggruppava giovani tra i 12 e i 16 anni di età, impiegati in mansioni di giardinaggio in alcuni sotto campi delle Ss. Anche per le donne al loro arrivo al Campo, erano sottoposte allo stesso trattamento degli uomini, rasatura, vestiario a righe (quando ancora disponibile), zoccoli e quarantena. Per concludere, le donne, nonostante le pessime condizioni di vita del Lager femminile, sono riuscite a creare uno spazio di libertà, di dignità e di aiuto reciproco grazie alla presenza dei bambini. Al momento della liberazione, 400 adolescenti di età inferiore ai 14 anni, stremati e ammalati perirono nei giorni successivi e in molti casi, chi ebbe la forza di vivere, molti non pesavano più di 17 chili, alcuni solo 5, non avevano più famiglia. Grazie all’altruismo coraggioso di molte donne, non tutti i bambini si sono lasciati morire d’inedia, molti grazie a questi atti d’amore si sono inseriti nella società degli esseri umani.

Le punizioni corporali
Per i nazisti valeva il principio che i prigionieri erano i nemici dello Stato, pertanto ogni Ss poteva, senza essere giudicato colpevole, uccidere o dare ordini ai suoi sottoposti e tra questi molti kapò si macchiarono di nefasti omicidi. Si poteva essere puniti per qualsiasi ragione, anche banale, come non essere ben allineati all’appello, non aver svolto un lavoro secondo l’umore della Ss, non aver fatto bene il letto e moltissime altre cose. Le punizioni, generalmente, venivano eseguite sul luogo dell’infrazione, mediante percosse ed umiliazioni che spesso portavano alla morte. Le punizioni preferite erano le fustigazioni, eseguite quasi sempre durante gli appelli in presenza di tutti. Le sculacciate o meglio le manganellate, venivano inferte con la massima rapidità e non dovevano superare i 25 colpi, dopodiché i malcapitati venivano rinchiusi senza nessuna assistenza per un mese nel blocco della morte, il temuto blocco 11. Molto dura era anche la pena del "Palo", consisteva nell’appendere con le mani ritorte dietro la schiena a qualche centimetro da terra lungo un palo. Molti perdevano i sensi per il dolore, ma la conseguenza più grave era la rottura dei tendini delle braccia che comportava l’inabilità al lavoro e quindi la morte. La più temuta tra le punizioni era la reclusione in una cella di un metro quadrato chiamata nel gergo del lager "Stehzelle", ubicata nei sotterranei del blocco 11. I detenuti erano costretti a rimanere in piedi, al buio, senza aria e nell’incapacità di movimento per giorni o addirittura settimane. Un’ altra forma di punizione consisteva nell’essere inseriti nella "Compagnia penale", che il più delle volte era una condanna a morte. Istituita nei primi mesi di vita del Campo, nel 1940, poteva essere costituita da un minimo di 150 detenuti a un massimo di 600. Alloggiavano nel blocco 11, isolato dagli altri edifici, non potevano avere contatti con l’esterno e non venivano ricoverati in ospedale neanche in caso di malattie gravi.
Il lavoro dei detenuti della Compagnia penale, era molto pesante e consisteva nell’estrarre ghiaia da cave intorno al Campo, trasportando grosse carriole in equilibrio su due assi di legno e chi cadeva veniva riempito di botte fino alla morte dal famigerato kapò tedesco Ernest Krankemann. Un altro lavoro svolto dalla Compagnia era, trainare un carro pieno di cadaveri in prossimità dei crematori.
Tra le varie punizioni finora citate, figurava anche lo "sport", vale a dire la ginnastica forzata con esercizi faticosi a comando ed a ritmi frenetici; tra questi, strisciare a terra con i gomiti, lunghe marce di corsa senza badare all’età del detenuto uccidendo tutti coloro che si rifiutavano di proseguire nell’esecuzione degli esercizi. Per concludere questa sezione dedicata alle punizioni citiamo inoltre la privazione del pasto, nonostante il pesante lavoro, il lavoro durante le pause, stare in piedi o in ginocchio per ore fermi e con le mani tese reggendo pesi, rotolarsi sulla ghiaia, sui vetri eccetera.

Musica - Giochi - Sessualità
Le Ss di Auschwitz, ed in tutti i Campi di concentramento, volevano dare un parvenza pseudo-militare alla vita nel Lager. Nel gennaio del 1941, a pochi mesi dall’apertura del Campo, un gruppo di internati polacchi, cominciarono ad eseguire prove con strumenti musicali fatti spedire da casa. Nei primi tempi, l’orchestra non era chiamata solo a suonare marce di servizio, di fatti all’uscita ed al rientro dei detenuti dai vari kommando di lavoro, l’orchestra suonava al passaggio delle squadre, delle marce militari, ma venne chiamata anche alla realizzazione di concerti che quasi sempre si tenevano la domenica davanti alla villa del comandante. La sala concerti, dove si eseguivano tra l’altro anche le prove, si trovava sotto il bordello nel blocco 24. I musicisti che facevano parte dell’orchestra erano trattati in modo privilegiato e svolgevano mansioni, quando non suonavano, all’interno della cucina del Campo o in altri lavori non pesanti. Il capo dell’orchestra era anche il cuoco del Lager.
Non è comprensibile parlare di attività sportive all’interno di un Campo di concentramento come fu Auschwitz. Eppure nelle domeniche non lavorative i kapò, tra di loro, organizzavano incontri di boxe o di lotta greco-romana avendo le Ss come spettatori. Si davano il via a scommesse e chi vinceva era premiato con pane, margarina e salsiccia e non meno importante, riceveva i favori dell Ss che su di loro avevano scommesso e vinto. Si svolsero anche partite di calcio, nel piazzale dell’appello tra kapò tedeschi e polacchi. Ad Auschwitz, come in molti altri Campi di concentramento tedeschi, prima che vi fosse un Lager femminile e quindi la possibilità di avvicinare donne, sorveglianti e nazisti adottavano altri sistemi per assecondare il loro appetito sessuale: ne rimanevano vittime i giovani adolescenti, i cosiddetti «favoriti» che erano per questo sollevati dal lavoro più duro e godevano di un trattamento preferenziale. Quando una relazione omosessuale veniva denunciata e, dunque scoperta ufficialmente, le Ss rinchiudevano in un bunker il kapò, insieme con il suo favorito. Doveva, inoltre, sottoscrivere una dichiarazione con la quale acconsentiva di venire castrato. Dopo l’intervento era lasciato libero e il più delle volte tornava a coprire il suo incarico. Il ragazzo che era stato consenziente per salvarsi la vita, veniva fucilato al muro nero della morte (blocco 11). Quando un kapò o un sorvegliante Ss venivano castrati, la comunicazione doveva essere inviata per via burocratica anche all’ufficio Centrale, per cui Himmler in questo modo veniva messo al corrente del numero di tedeschi resi sterili per essersi macchiati del reato di omosessualità. Poiché questo dato era considerato con disappunto, visto che tra le alte gerarchie Ss si sosteneva che la depravazione degli ariani era indotta dalle condizioni di detenzione e lavoro, e visto che era necessario non esagerare con la sterilizzazione dei tedeschi, se si voleva diffondere la razza dominante, Himmler ordinò che nei Campi di concentramento venissero istituiti dei bordelli. La motivazione di questa decisione era duplice: da un lato combattere l’omosessualità dilagante, e dall’altro indurre gli internati che collaboravano con il Reich a prestazioni sempre migliori in vista del tanto agognato premio; ogni detenuto prorinenten (che comandava una squadra di lavoro, un blocco o che lavorava per le Ss) poteva infatti guadagnarsi la possibilità di accedere al bordello a mezzo di tagliandi premio.
Ufficialmente ad Auschwitz venne aperto il bordello il 30 giugno 1943, e fu collocato nel Blocco 24. Un secondo bordello venne istituito a Monowitz.

EsecuzioniI - Il Blocco della morte
Il luogo destinato alle esecuzioni era il blocco 11. Si trova adiacente al blocco 10, circondato da alte mura e tra i due blocchi si trova un ampio piazzale. Chiunque conosca la storia del Campo principale di Auschwitz I, non può ignorare che cosa significava il blocco 11. Nell’aspetto esteriore, non si differenzia dagli altri blocchi. Qualche gradino in pietra conduce all’entrata, una targa nera in alto a destra indica il numero 11. Appena entrati, un lungo corridoio attraversa tutto l’edificio, le finestre erano state tutte oscurate e una porta blindata sempre chiusa conduceva nei sotterranei. L’accesso al blocco 11 era sorvegliato da una Ss, e chi bussava o suonava il campanello, la Ss addetta, da una piccola finestrella, cacciava o faceva entrare soltanto se la motivazione aveva caratteri di estrema necessità. Oltrepassata la porta blindata si accedeva al bunker con una serie di celle dove venivano rinchiusi i detenuti in attesa di "processo". I motivi della loro reclusione sono i più vari: aver rubato una patata, indossare biancheria supplementare per ripararsi dal freddo, aver fumato una sigaretta durante le ore di lavoro e cose simili. Le decisioni sulla loro condanna spettava al direttore del Lager ed al capo dell’ufficio politico del Campo (Gestapo) e responsabile del blocco 11. Se l’infrazione era stata giudicata non gravemente punibile, l’internato per punizione veniva mandato alla "Compagnia penale", altresì se veniva giudicato colpevole per ambedue i capi citati sopra, si eseguiva la condanna a morte mediante fucilazione. Tale esecuzione avveniva nel cortile tra il blocco 11 e 10 in prossimità del "Muro della morte". Due tre per volta si sparava alla nuca. Non bisogna dimenticare di citare il blocco 10. Nei primi anni tra il 1940 e il 1942 era stato adibito ad alloggio e per un breve periodo di tempo nel 1941 aveva ospitato i detenuti della "Compagnia penale", poi dal marzo all’agosto 1942 aveva fatto parte dei dieci edifici del settore femminile per essere infine destinato dal dicembre dello steso anno agli esperimenti medici e come il blocco 11 le sue finestre erano oscurate per impedire ogni sguardo su ciò che succedeva all’interno.
Per concludere bisogna citare anche l’episodio che coinvolse il capitano Ss Karl Fritzsch. Primo direttore del Campo fino al giugno 1942, si deve a lui la prima sperimentazione omicida di massa con lo Zyklon B. Non si hanno date precise e nemmeno il luogo della prima esecuzione. Approfittando dell’assenza di Hoss che si era recato segretamente a Berlino per discutere con Himmler e poi con Eichmann sul programma di annientamento dei prigionieri (in realtà Himmler, per ordine di Hitler, scelse Auschwitz per dare il via alla "Soluzione finale"), fino ad allora si eseguivano uccisioni mediante lo scarico dei motori diesel dei camion, Karl usò l’Acido Prussico in cristalli (Pietruzze imbevute di Acido Cianidrico) per uccidere un numero imprecisato di prigionieri russi. Il 3 settembre 1941, in presenza di Hoss, venne eseguito nei sotterranei del blocco 11, la seconda e più strutturata gassazione di massa nella quale morirono circa 600 prigionieri bellici sovietici e 250 prigionieri provenienti dall’infermeria del Campo. La pratica dello sterminio di massa che sarà decisa con la riunione a Berlino-Wansee (in questa riunione, per essere esatti, non fu il luogo della decisione dello sterminio di massa degli Ebrei, ma quella della sua organizzazione concreta) si deve a questi primi omicidi l’avvio allo sterminio sistematico.

L’Ospedale e l’Infermeria del Campo - Krakenbau (KB) - Haftlingskrakenbau (HKB) o River
Dopo l’appello del mattino gli internati che avevano bisogno di assistenza medica, si presentavano davanti all’infermeria del Lager. Qui lunghe file di moribondi aspettavano di entrare nel blocco aspettando una decisione sulla loro sorte. La prima seppur limitata assistenza l’avevano dai medici internati, il materiale era quasi inesistente per fasciare piaghe, ferite o malesseri di vario genere. Dopo una breve visita preliminare, l’internato chiedeva il ricovero all’ospedale, un medico Ss di servizio decideva sul destino del paziente che gli era stato presentato. A questo punto l’internato poteva essere ricoverato, rimandato nel blocco perché ritenuto sano, oppure veniva selezionato per la Camera a gas se il medico riteneva che il paziente non si sarebbe ripreso in breve tempo per il lavoro. Con l’arrivo al Lager di sempre più trasporti di nuovi arrivi, permetteva ai responsabili del Lager di sopprimere senza difficoltà gli inabili al lavoro. Gli edifici adibiti ad ospedale non si differenziavano dagli altri blocchi del Campo. I malati erano sistemati sui pancacci di legno a tre piani che rendevano difficile l’accesso del medico e di conseguenza la discesa del malato. La maggioranza dei ricoverati, oltre a molti altri disturbi, soffrivano di dissenteria, pertanto i pagliericci erano pieni di feci e di pus. Gli ammalati al momento del ricovero, dovevano consegnare tutta la biancheria, giacevano nudi, per di più in due tre per ogni pagliericcio con coperte sporche e piene di pidocchi. In tutti i reparti regnava un fetore indescrivibile e i lamenti degli agonizzanti si mischiavano alle richieste d’acqua e di aiuto. Purtroppo per i medici internati il compito di assistenza si rivelava quasi nullo, la mancanza di medicinali o di sostanze per guarire anche una semplice ferita risultavano disastrose. Per questo gli internati, ricorrevano al ricovero ospedaliero solo in casi estremi, perché il più delle volte il ricovero era l’anticamera della morte. Periodicamente, i medici Ss procedevano selezionando i malati ormai inguaribili o chi era infetto da malattie che avrebbero richiesto un tempo troppo lungo di guarigione. I malati selezionati venivano uccisi con iniezioni di fenolo al cuore da parte dell’inserviente medico Ss Josef Klehr nel blocco 10. Abitualmente una malattia infettiva si trasforma in epidemia soltanto in determinate condizioni, tra quelle più frequenti, gli ambienti dove vivono masse di persone igienicamente non controllate ed in uno spazio insalubre. Lo spostamento di persone da un luogo all’altro e da un blocco all’altro, favorivano il diffondersi di malattie importate da altri. Quindi le condizioni materiali del Lager si prestavano ad essere un terreno ideale per il diffondersi delle infezioni e malattie: scarsità di latrine in proporzione alla popolazione internata, canalizzazione degli scarichi, acqua inquinata ed insufficiente, pozzi infetti e così via. In questa situazione, dissenteria, tubercolosi e scabbia venivano accettate come appartenenti alla quotidiana vita del Lager. La prevenzione più logica a queste drammatiche situazioni, che si protrassero fino alla liberazione, consisterebbe in una disinfezione di massa di persone, indumenti, alloggi eccetera, ciò avrebbe comportato l’interruzione delle normali attività del Campo ed il controllo di migliaia di persone. Fin da subito la lotta alle epidemie, fu dalle Ss messa sempre in secondo piano. Esisteva fin da principio e resa obbligatoria dall’inizio della guerra (1939), il periodo di quarantena atto a limitare i contagi che i nuovi arrivati potevano portare, il sistema di disinfestazione attuato all’ingresso al Campo, con la rasatura e la doccia, venivano praticate con molta superficialità. Ricordiamo sempre, in questi contesti che, per i nazisti gli internati rinchiusi erano, oltre che nemici dello Stato, la “feccia” dell’umanità, parassiti del corpo sociale "ariano", contaminatori di "razze" pure. Sta di fatto che, la morte di migliaia di esseri umani della specie di sotto-uomini, non era altro che una conferma della ideologia razziale nazista, sullo sviluppo naturale e necessario di una "pulizia razziale". Ammalarsi significava morire e in queste condizioni non era facile risultarne indenni da qualche contagio. Le uniche prevenzioni attuate dalle Ss fu l’isolamento in blocchi degli ammalati creando così un Lager dentro un altro Lager in una sorta di lazzaretto dimenticato da tutti.
I progetti di ampliamento del Campo, proposti da Himmler, proseguirono a fasi alterne fino a tutto il 1944. L’8 settembre del 1941 si diede il via ai lavori di costruzione del lager di Birkenau, che diventerà ben presto, il più grande Centro di sterminio nazista.

Auschwitz II Brzezinka (in tedesco Birkenau)
Dal progetto iniziale, approvato da Hoss, prevedeva un Campo diviso in due dalla strada interna principale e da un raccordo ferroviario parallelo con alla sinistra un Lager di quarantena e alla destra due altri Lager. Tutto circondato da filo spinato e torrette di guardia. Secondo questi primi piani i tre Lager di Birkenau dovevano contenere complessivamente 174 blocchi in muratura. Come si capirà più avanti, il complesso concentrazionario di Birkenau era composto da molti altri Lager suddivisi in sezioni e in periodi diversi alloggiarono determinate persone di nazionalità diversa. Per l’occasione si fece ricorso alla forza lavoro dei 10.000 prigionieri di guerra russi provenienti anche da altri Lager. La procedura era sempre la stessa: si cominciava col demolire le abitazioni, dalle quali si ricavavano il materiale da costruzione per il futuro Campo, si preparava il terreno e si dava inizio alla canalizzazione. Per realizzare questi lavori, i prigionieri percorrevano ogni giorno 3 chilometri dal Campo principale (Auschwitz I) a Birkenau e viceversa. La direzione del Lager fu affidata alla Ss Karl Bischoff che, fin da subito, trascurò di preparare adeguatamente il territorio mosso dall’urgenza di finire i lavori dato l’eccessivo sovraffollamento del Campo base. I costi per questi primi lavori di ampliamento e di costruzione furono molto alti in termini di perdite di vite umane. Il primo marzo del 1942 vennero trasferiti a Birkenau, ancora in costruzione, i 945 prigionieri di guerra russi sopravvissuti. I lavori di ampliamento correvano velocemente. Il 21 marzo dello stesso anno, cioè 20 giorni dopo il trasferimento dei russi, apriva il Campo femminile con l’arrivo delle prime 1.998 internate Ebree polacche e tedesche provenienti dalle carceri polacche e raggiunsero nel corso di un solo mese le 6.000 unità. All’interno del Campo si trovavano due case di contadini, adiacenti una all’altra, di colore bianco e rosso adibite a Camere a gas. Questo sta a significare che Birkenau si prestava fin da subito a diventare un complesso enorme di sotto campi diviso in settori. Se si guarda una mappa di Auschwitz II si noterà che il complesso era diviso in settori ben specifici. Per rendere più facile ed immediata la complessità di Birkenau, il Campo era diviso in tre parti: BI BII e BIII e ogni parte aveva al suo interno una serie di settori così definiti:
BIa Campo femminile, il 10 agosto 1942 vengono internate donne di diverse nazionalità con i propri figli e con l’arrivo di sempre nuovi convogli nel luglio del 1943 occuparono anche il settore BIb, precedentemente occupato da uomini, Il settore BIa e BIb furono liquidati nel novembre del 1944, le abili al lavoro furono trasferite nel settore BIIb, le rimanenti con i loro bambini nel settore BIIe;
BIb Campo maschile, da marzo 1842 vennero internati uomini di diverse nazionalità e religione, da luglio 1943 furono trasferiti nel settore BIId per lasciare spazio all’ampliamento dell’adiacente settore femminile BIa ;
BIIa Campo di quarantena: dall’agosto 1943 al novembre 1944 i nuovi arrivati di sesso maschile venivano qui internati per qualche settimana prima di essere trasferiti in un settore lavorativo, la quarantena oltre a isolare i nuovi arrivati, portatori di epidemie, serviva anche per inizializzarli alla dura vita del Lager, mediamente si trovavano dai 4.000 ai 6.000 internati;
BIIb Campo per famiglie Ebree del Ghetto di Theresienstadt: il 9 settembre arrivarono 5.006 persone tra uomini, donne e bambini dal ghetto di Theresienstadt e dal 18 al 20 dicembre se ne aggiunsero, sempre provenienti dalla stessa località, altri 4.964. Il Campo fu liquidato tra il 10 e il 12 luglio 1944 mandando tutti alle Camere a gas. Successivamente il Campo venne occupato da donne polacche provenienti dai rastrellamenti seguiti all’insurrezione di Varsavia, inoltre nel novembre 1944 venne occupato dalle poche scampate alla liquidazione del settore BIa;
BIIc Campo di transito: In questo settore dal maggio al novembre 1944, trovarono temporanea collocazione le donne Ebree provenienti dall’Ungheria in previsione di essere inviate al lavoro presso altri settori di Auschwitz o altri Lager. Le donne rinchiuse nel settore non vennero registrate sui registri ufficiali del Campo per essere poi mandate al lavoro oppure, in molti casi, alla morte senza lasciare traccia. A partire dall’ottobre 1944 questo settore venne occupato anche dalle poche donne scampate alla liquidazione del settore BIII (Mexico);
BIId Campo maschile: era il Campo maschile principale , aperto dal novembre 1943 alla liberazione;
BIIe Campo per famiglie zingare: nella sezione BIIe di Auschwitz II Birkenau, recintato con filo spinato e separato dalle altre sezioni, era stato allestito un Campo (febbraio-marzo 1943) per accogliere le famiglie di zingari (considerati come asociali) provenienti da vari luoghi europei, in gran parte tedeschi e boemi, rastrellati dopo esplicito ordine del Reichsfuhrer delle Ss Heinrich Himmler (Fonte: Documento 17.02 Institut fur Zeitgschiche, Munchen - Ufficio di sicurezza del ReichVA2 nr. 59/43g datato Berlino, 29 gennaio 1943). Il Campo a loro destinato comprendeva trentadue (32) baracche in legno, due (2) blocchi destinati alle cucine e quattro (4) edifici in muratura adibiti a bagni e latrine. Il complesso non si differenziava dal resto delle fatiscenti strutture del Campo.
Ritornando a ritroso nel tempo, se non altro per analizzare l’escalation razziale contro il popolo zingaro, dai censimenti condotti in Germania ne risultavano residenti oltre trentaquattromila (34.000/40.000). Il loro arresto e la relativa deportazione ed internamento altro non era che la conseguente catalogazione propria dei censimenti di allora. In essi la composizione zingara era così classificata:
- Z = Zingari (Zigeuner);
- ZM+ = Zingari metticci (Mischiling) con predominante zingara;
- ZM = Zingari metticci con sangue tedesco e zingaro in eguale proporzione;
- ZM- = Zingari metticci con predominante tedesca;
- NZ = Senza sangue zingaro (Nicht Zigeuner). Come per gli Ebrei, anche gli Zingari furono sottoposti a restrizioni esponenziali di carattere “speciale”. La classificazione era redatta in relazione alla loro discendenza e parentela fino al terzo grado.
Al loro ingresso al Campo, furono registrati, senza subire alcuna selezione, con un numero di serie preceduto dalla lettera Z (zeta). Non subirono, inoltre, il taglio dei capelli, conservarono gli abiti propri e gli strumenti musicali tradizionali. Una situazione che sembrava riportata alle altre realtà limitrofe del tutto anomala all’interno del complesso di sterminio e per i bambini fu allestito un luogo con rudimentali giochi. In breve però le continue deportazioni di nuovi arrivati, polacchi, russi, ungheresi, olandesi, norvegesi, lituani e un piccolo gruppo di francesi, aumentarono negativamente l’assetto vivibile della sezione. Nella promiscuità del sovraffollamento aumentarono anche le più disparate malattie infettive e l’alimentazione, inidonea in tutto il Campo, cominciò a mietere le prime vittime. Molti bambini e ragazzi subirono, da Mengele “il Dottor morte”, una serie di esperimenti che inevitabilmente portarono alla loro morte. Dai programmi delle autorità naziste, la loro detenzione sarebbe durata fino alla fine della guerra per poi decidere il loro trasferimento in altro luogo.
Malgrado la situazione estrema, al Campo, nei ricordi di qualche sopravvissuto (Piero Terracina) si udiva la musica suonata con gioia dagli zingari della sezione BIIe.
Nel luglio del 1943 Himmler, accompagnato dal comandante del Lager Rudolf Hoss, fece visita al Campo degli zingari. Dalla testimonianza di Hoss riportiamo alcuni passaggi: «Gli feci percorrere in lungo e in largo tutto il perimetro del Campo degli zingari ed egli esaminò attentamente ogni cosa, le baracche sovraffollate, i malati colpiti da epidemie, i bambini affetti da Noma. I loro corpi erano consunti, e nella pelle delle guance grossi buchi permettevano addirittura di guardare da parte a parte, vivi ancora imputridivano lentamente. Himmler dopo aver visto tutto questo e essersi reso conto della realtà, conclude Hoss, diede l’ordine di annientarli». Nel Campo ci furono anche delle nascite e il primo bambino venne alla luce l’11 marzo 1943. In totale ci furono 378 nascituri ed i bambini in età inferiore ai 14 anni erano 9.432 (dai registri del Lager). Sistematicamente alla fine di maggio del 1944 si diede inizio ai preparativi per lo smantellamento graduale del settore zingaro. Una parte di zingari tedeschi fu trasferito al Campo base di Auschwitz I, da dove il 2 agosto fu deportato in altri Lager all’interno del Reich.
La sera del 1° agosto ’44 ebbe inizio, da parte delle Ss, il totale annientamento dei circa 2.900 zingari rimasti a Birkenau. Un forte trambusto, le urla dei disperati, consci della loro imminente fine, non passo inosservata o meglio inascoltata dagli altri internati. La Camera a gas del Crematorio V mise completamente fine al Campo degli zingari.
Terracina, nelle sue testimonianze, racconta così la scena apparsa la mattina dopo: «All’improvviso silenzio, un silenzio totale, non c’era più nessuno, silenzio, solo qualche porta che era stata lasciata aperta sbatteva con il vento e poi silenzio».
Poco dopo, Il 10 ottobre dello stesso anno, arrivarono ancora a Birkenau circa 800 bambini zingari provenienti dal Lager di Buchenwald, forse una buona parte di loro faceva parte del gruppo trasferito ad Auschwitz (assieme ai genitori) e partito il 2 agosto per i Lager nel Reich. Ebbero solo il tempo di percorrere la strada che li separava dalla Judenrampe al Forno crematorio V.
Dal 1943 all’agosto 1944 la sezione BIIe accolse più di 21.000 persone tra uomini, donne e bambini. Dagli archivi del Campo risultano registrati 20.983 zingari tra qui 10.094 uomini e 10.888 tra donne e bambini. Circa 2.000 non registrati, furono spediti alla Camere a gas perché affetti da tifo petecchiale o altre malattie. Nel complesso risultano circa 23.000 presenze ad Auschwitz II Birkenau 21.000 circa delle quali qui trovarono la morte.
BIIf Campo ospedale: Aveva le stesse caratteristiche dell’ospedale di Auschwitz I . A partire dal luglio 1943 fino al gennaio 1945 fu l’ospedale per i prigionieri maschi, spesso chiamato «anticamera del crematorio» a causa dell’elevatissimo numero di ammalati che morivano per le selezioni periodiche e le inesistenti cure sanitarie.
BIIg Campo Canada - deposito: operativo dal dicembre 1943, era destinato allo stoccaggio e al successivo invio in Germania dei beni di proprietà dei deportati. Nel gennaio 1945, durante l’abbandono del Campo, le Ss cercarono di nascondere le tracce dei loro crimini bruciando le baracche del Canada. Nella sezione dedicata all’arrivo ad Auschwitz II Birkenau, si parlerà più dettagliatamente.
Campo di transito o Mexico: la costruzione del settore iniziò alla fine del 1943 e proseguì fino all’aprile 1944 anche se non venne mai completata. Almeno 10.000 internate Ebree vennero rinchiuse nel Campo incompleto dal giugno 1944 al novembre dello stesso anno spesso senza neppure un ricovero, in terribili condizioni.
Come si può notare, nel Campo si istituirono e liquidarono in periodi diversi settori adibiti a vari scopi. Ricordiamo inoltre, che Rudolf Hoss fu sostituito l’11 novembre dal tenente colonnello Arthur Liebehnschel, e si deve a lui la divisione del Campo in tre unità:
Auschwitz I (Stammlager - Campo principale), Auschwitz II (Vernichtuntlager - Campo di sterminio), Auschwitz III e sotto campi (Aussenlager).

Auschwitz II Birkenau - L’Arrivo al Campo
Dalle documentazioni del Museo di Auschwitz, arriva il 30 marzo 1942 un convoglio di soli Ebrei, in tutto 1.112, provenienti dal Campo di Compiègne in Francia i quali non vennero sottoposti ad alcuna selezione. Le selezioni dei nuovi arrivati cominciarono soltanto a partire dal 4 luglio 1942 con un trasporto di Ebrei dalla Slovacchia. Per esigenze amministrative, la direzione voleva dare la sensazione ai nuovi arrivati di un nuovo insediamento di lavoro. Un medico Ss dopo averli schierati, separando gli uomini dalle donne, provvede alla selezione. Inizialmente i bagagli rimanevano all’interno dei vagoni e una squadra di internati addetta li scaricava. Inabili, ammalati, venivano aiutati a scendere. Qui si trovavano anche i primi morti durante il trasporto. La tecnica non era ancora perfezionata, ma si capì subito l’importanza del ruolo dei medici in camice bianco. Chiede l’età e la professione, chiede di far vedere le mani e se si è sani. Falegnami, fabbri, medici ed operai a sinistra (abili al lavoro e quindi inseriti nel Lager), avvocati, scrittori, vecchi, inabili a destra (non abili al lavoro e sottoposti al trattamento speciale). Primo Levi li definì "i Sommersi".
Nella primavera del 1944 (15 maggio), un nuovo troncone ferroviario portava i convogli direttamente all’interno del Lager di Birkenau facilitando così il lavoro di scarico dei vagoni merci, che ormai avevano raggiunto i quattro arrivi giornalieri. La nuova banchina, composta da tre marciapiedi venne nominata “Bahnrampe” ed entrava direttamente nel Campo lungo il viale centrale che separava i settori BI e BII. In precedenza, come specificato in un altro paragrafo, i convogli venivano scaricati all’esterno del Campo presso un’apposita banchina vicino allo scalo merci della stazione di Oswiecim a circa un chilometro e mezzo dall’ingresso principale di Auschwitz II Birkenau nominata "Judenrampe" (la Rampa dei Giudei).
Le disposizioni date dai nazisti al momento della deportazione , imponevano il trasporto di un bagaglio a mano non superiore ai cinquanta chilogrammi, che spesso, vista l’esiguità del volume, le persone deportate in un nuovo insediamento di vita e di lavoro, così credevano, spesso contenevano oggetti di uso personale, oro e gioielli ben nascosti (potevano servire come primo sostentamento alla nuova vita), strumenti da lavoro, casalinghi e pentole, lenzuola eccetera. I bagagli venivano subito requisiti all’arrivo e depositati nel Canada, magazzino adibito a tale scopo. Il Canada I, alle dipendenze di Auschwitz I, si trovava a metà strada fra Birkenau e il Campo base, oltre la stazione ferroviaria, alla quale era collegato con un binario. Si componeva di cinque baracche per lo stoccaggio degli effetti e una in muratura dove si eseguivano le spedizioni per il Reich. In un altro fabbricato venivano riposte le medicine e lo Zyklon B ed adiacente c’era una Camera a gas per la disinfestazione degli abiti. L’insieme degli edifici che costituivano il Canada I venne smantellato dopo la guerra e oggi non ne rimane traccia.
Il Canada II, dislocato all’interno del Lager di Birkenau, era composto di tre file di dieci baracche separate fra loro da due viali. Nonostante le regolari spedizione nel Reich, il complesso non era sufficiente. Nei beni confiscati, si faceva molta attenzione nel ricercare oggetti preziosi perfino nelle stelle di David scucite per trovare gioielli nascosti. Nel 1944, durante la grande deportazione di Ebrei dall’Ungheria (per l’occasione Rudolf Hoss tornò ad Auschwitz dal maggio al luglio del 1944 per organizzare e dirigere l’eliminazione degli oltre 400.000 Ebrei ungheresi), il Canada II venne interamente traslocato in una zona che comprendeva trenta baracche e in questo periodo inglobava più di 900 internati addetti allo smistamento e a tutto il complesso del Canada. In genere il carico ed il trasporto avveniva mentre era in corso la selezione dei nuovi arrivati che avevano l’obbligo di lasciare il bagaglio nella banchina ferroviaria, dicendo loro, che sarebbero stati riconsegnati a breve.
Come dicevamo, tutti i convogli di deportati che arrivavano ad Awschwitz venivano espropriati dei propri bagagli. In questi si trovava di tutto - nascosti e non - oggetti di valore di ogni gemere. Finché il bagaglio non fosse stato suddiviso e registrato, chiunque, tanto fra gli internati, quanto fra le Ss, potevano impossessarsi di quello che volevano senza alcun controllo o quasi. L’internato che si era "organizzato ", aveva bisogno di corrompere l’uomo delle Ss per essere sicuro che nessuno lo controllasse, per contro se la Ss voleva impossessarsi di qualche bene del Canada, aveva bisogno che qualcuno lo facesse per suo conto, dato che lui non avrebbe potuto aggirarsi tra le montagne di oggetti e scegliersi quello che desiderava senza essere notato, per questo motivo dipendevano l’uno dall’altro. Un internato che lavorava in un kommando che aveva contatti con il Canada, se ci sapeva fare poteva organizzarsi coinvolgendo tutti i conniventi. L’ internato che faceva parte della massa grigia informe e che non poteva mai sottrarsi al controllo dei suoi superiori, tutte le vie al Canada per lui erano sbarrate. Mentre costui rovistava disperatamente fra i rifiuti in cerca di qualcosa da mangiare, i "pezzi grossi" del Lager, che stavano alla fonte di ogni bene, potevano disdegnare il vitto del Lager. Gli oggetti di valore causarono nel Lager enormi difficoltà, a cui non si poté metter fine. Attraverso questi oggetti di valore, agli internati si aprivano possibilità inaspettate, per esempio la possibilità di fuggire dal Lager. Si poteva ottenere di tutto barattando soldi, orologi, anelli e oro con gli appartenenti alle Ss, e con i lavoratori civili: comprarsi posti di lavoro migliori, avere la benevolenza dei kapòs e dei capi blocco. Al Canada lavoravano prevalentemente ragazze di bell’aspetto, le quali potevano indossare biancheria pulita ogni giorno, abiti nuovi e scarpe, dormivano con lenzuola di lino e indossavano camice da notte in seta, il massimo del lusso nel Lager di Auschwitz. A parte la libertà di spostamento, avevano tutto quello che una donna può desiderare, profumi, mangiare in abbondanza e hanno anche l’amore, vista la vicinanza di uomini delle Ss e degli internati. Queste ragazze si notavano subito per il loro normale aspetto fisico (alcune testimonianze contrastano con queste affermazioni, non era genericamente goduto da tutte le appartenenti).

Auschwitz II Birkenau -Gli Alloggi dei deportati
A Birkenau invece i deportati dormivano in baracche di legno - tipo ricoveri per cavalli - senza fondamenta, direttamente sulla terra acquitrinosa, niente illuminazione, i blocchi non erano muniti di luce, e regnava movimento e rumore come in un alveare, in cui si sentono voci in lingue diverse, ai più sconosciute, in cui mancava ogni energia e ogni tonalità emotiva. Qui e là si vede il bagliore di qualche piccola candela che brucia. Benché questa illuminazione non consenta di avere una visione ampia, si può percepire che la baracca è di grandi dimensioni ed è suddivisa da impalcature in modo tale che i letti sono disposti uno sull’altro in tre piani, ciascuno distante un metro da quello superiore. Le baracche assomigliano a un’enorme scuderia lunga 24 metri e larga 10. Al dì sopra del terzo piano del pancaccio c’è direttamente il tetto senza nessuna protezione isolante contro il freddo d’inverno e il caldo dell’estate e il pavimento non è ricoperto da tavole di legno. Il blocco è stato costruito con l’intento di produrre il massimo spazio possibile per dormire. Nelle baracche si dovevano far stare da 800 a 1.000 persone, poiché erano talmente sovraffollate che in una cuccetta dovevano prender posto 7 o anche 8 persone.

Auschwitz II Birkenau - Le Camere a Gas e i Forni crematori
Le Camere a gas e i forni crematori erano ubicati ad Auschwitz I, nel ex bunker delle munizioni dell’Esercito tedesco situato fuori dal recinto spinato del Campo. In seguito il più grande locale del Crematorio che fungeva da obitorio fu convertito a Camera a gas provvisoria. Qui negli anni 1941/42 furono uccisi i prigionieri bellici sovietici ed alcuni Ebrei provenienti dai ghetti organizzati dai nazisti. Si calcola che nel giro di 24 ore venivano cremati 350 cadaveri. Il Forno a causa dell’abbondante fumo nero che emetteva e l’odore di carne bruciata per molti chilometri attorno al campo, fu poco usato. Ad Auschwitz II la prima Camera a gas fu allestita nella casetta rossa composta da due piccole camere con annesso spogliatoio, e alcune fosse dove venivano sepolti ed in seguito arsi all’aperto i cadaveri. Di fronte si trova la casetta bianca con ampia Camera a gas, spogliatoio. Tra marzo e giugno del 1943 vennero costruiti i quattro grandi Crematori con annesse Camere a gas. Molte aziende tedesche lottarono con tutte le loro forze per assicurarsi le gare d’appalto governative per costruire gli inceneritori più automatizzati ed efficaci. Il contratto migliore se lo aggiudicò la ditta «Topf und Sohne di Erfurt» che fimi per perfezionare, in un’unica unità, una Camera a gas sotterranea compieta di montacarichi elettrici per sollevare i cadaveri da cremare.
Il Crematorio I disponeva di cinque Forni sotterranei e Camera a gas, il Crematorio II aveva le stesse caratteristiche, il Crematorio III aveva la Camera a gas in superficie e due Forni e il Crematorio IV aveva le stesse caratteristiche del Crematorio III. Tutti i quattro gli impianti di sterminio sistematico di massa furono attivi fino alla fine del 1944.
Gli addetti alla cremazione dei cadaveri erano introdotti in un comando speciale di lavoro, chiamato "Sonderkommando". Le persone giovani e robuste venivano scelte per questo compito già sulla rampa al loro arrivo, e venivano avviati al loro lavoro senza aver conosciuto il Lager al suo interno.
Al termine di ogni gassificazione, i membri del sondèrkommando aprivano le porte della Camera a gas, tagliavano i capelli alle donne, toglievano le otturazioni in oro, gli orecchini e gli anelli e, poi trasportavano i cadaveri nei Forni crematori o nei roghi all’aperto, in certi periodi la mortalità era così elevata, che i Forni non riuscivano a bruciarli. In ogni Forno erano introdotti 4/5 cadaveri per volta e venivano ridotti in cenere in meno di mezzora. Le ceneri che inizialmente venivano gettate in fosse, in seguito furono condotte su autocarri e rovesciate sulla Vistola che scorre nelle vicinanze del Lager. Il fetore dei corpi bruciati si sentiva per chilometri tutt’intorno. Il Sonnderkommando era completamente isolato dal resto del Campo, viveva unicamente negli edifici del comando stesso, non potava allontanarsi da questa zona, ed erano circondati da una doppia siepe di filo spinato, riceveva gli approvvigionamenti con un sistema speciale, aveva medici propri che lavoravano sul posto e dipendevano direttamente dalla Gestapo del Campo. Fini per comprendere più di 900 membri divisi in tre squadre che lavoravano otto ore ciascuna senza sosta. Occorre notare che questi uomini ricevevano un alimentazione migliore, non erano deperiti, ma ogni tre mesi il Sonoerkommando era eliminato e rimpiazzato da nuovi internati.
Va ricordato che il Crematorio III fu distrutto il 7 ottobre del ’44 dal sonderkommando in rivolta.

Auschwitz II Birkenau - La Resistenza e le Evasioni
Parlare di atti di resistenza in un Campo di concentramento come lo è stato Auschwitz non è un compito facile, diciamo subito che in questo inferno, la morte di uno era la salvezza, anche seppur temporanea di un altro, malgrado ciò ci sono stati comportamenti di solidarietà e di conforto aiutando i più "deboli" a superare molte difficoltà psicologiche. Una parola di conforto detta da un amico poteva alimentare le ultime speranze ed energie di chi ormai era prossimo alla morte. Donare un pezzo di pane voleva dire dare un parte del proprio corpo, perché la maggioranza dei detenuti erano nelle loro stesse condizioni. Spesso erano i prigionieri dello stesso convoglio che cercavano di sostenersi reciprocamente, ma anche i gruppi familiari e di amici avevano una certa importanza. I più deboli venivano inseriti nel mezzo della colonna, sostituiti con lavori meno pesanti e con razioni alimentari più abbondanti. Ai nuovi arrivati da un trasporto, gli internati addetti allo scarico bagagli (dipendevano dal Canada), potevano dare, a loro rischio e pericolo, consigli sul comportamento da tenere e non meno importante, dichiarare al momento della selezione di aver svolto in precedenza un lavoro manuale di operaio che sarebbe stato utile per evitare di finire direttamente alle Camere a gas. Alcuni diffondevano notizie dal fronte, vere o per sentito dire, davano ai molti disperati ancora un po di forza per resistere. Anche i prigionieri che avevano incarichi amministrativi potevano cercare di imbrogliare le carte per favorire i deboli e gli ammalati, destinandoli per esempio a mansioni meno pesanti e da svolgere al coperto. Poiché all’inizio la maggioranza degli internati era di nazionalità polacca, si deve ad un nucleo segreto del Partito Socialista Polacco le prime azioni di soccorso e assistenza ai detenuti.
Quando cominciò a funzionare anche il Campo di Birkenau, si formarono gruppi di resistenza, a volte comandati da ufficiali dell’esercito, con il compito di salvare i ricoverati all’ospedale contro le periodiche selezioni o dare sostegno ai detenuti della Compagnia penale. In genere queste cellule clandestine militari erano formate da cinque e più internati e dipendevano dal Comando delle forze armate di resistenza riunite. In quasi tutti i kommando di lavoro esistevano organizzazioni di resistenza, la più significativa fece saltare il Forno crematorio di Birkenau. Ma l’azione più incisiva riguardò la raccolta di documentazioni sui crimini commessi. Dal Campo, infatti, furono fatti uscire: copia di registri del carcere che aveva sede nel blocco 11, con la descrizione della loro sorte; copia dei registri dell’obitorio e i registri originali contenenti gli elenchi dei detenuti uccisi con iniezioni di fenolo o per fucilazione; gli elenchi di oltre 6.000 polacche uccise nel Campo; le planimetrie dei Forni crematori e delle Camere a gas rubate nel 1944; le analisi antropometriche e degli studi del dottor Mengele sui gemelli e sulle donne; tre fotografie scattate dagli uomini del sonderkommando del Crematorio V, mostrano il massacro degli Ebrei in atto; gli elenchi dei convogli di Ebrei deportati al Campo e registrati con i numeri di serie A e B, trascritti dai detenuti impiegati all’ufficio accettazione del Lager. Queste attività molto preziose elencavano anche i nomi delle Ss dedite allo sterminio.
Anche le evasioni costituirono una forma di resistenza, alcune individuali dettate dalla disperazione della vita nel Lager. Più spesso gli internati, evadevano per diffondere all’esterno documenti e informazioni su Auschwitz o per unirsi ai partigiani che combattevano contro i nazisti, ben consapevoli del valore politico del loro gesto. L’evasione di un detenuto comportava crudeli ripercussioni sui detenuti della stessa baracca o dello stesso kommando di lavoro, colpendo anche i responsabili capi baracca ed i kapò, e a tutto il Lager con appelli che potevano durare un’intera giornata. Si calcolano più di 800 evasioni e tra queste poche andarono a buon fine.

Auschwitz II Birkenau - La rivolta del Sonderkommando
Il più importante episodio di ribellione attiva alla potenza nazista nei Campi di sterminio è l’insurrezione del Sonderkommando di Auschwitz II Birkenau, nell’ottobre del 1944: episodio tragico e sinistro, i cui precisi particolari mai saranno noti poiché tutti i protagonisti furono sterminati. Sotto il nome reticente di Sonderkommando (squadra speciale) si celava un’istituzione mostruosa: il complesso dei prigionieri addetti alle Camere a gas e ai Forni crematori. Era costituito da 900-1.000 giovani robusti, di varie nazionalità, a cui era stata proposta l’alternativa di servire gli impianti di morte, o di morire. Il loro orrendo lavoro era ricompensato con un trattamento di eccezione (viveri in abbondanza, tabacco, alcool, buoni vestiti e scarpe), ma tutti sapevano, e loro stessi sapevano, che entro due tre mesi sarebbero stati a loro volta massacrati, e sostituiti con uomini nuovi.
Quando la deportazione degli Ebrei ungheresi volse al termine si sparse nel Campo la notizia che le stragi sistematiche sarebbero state sospese. Gli uomini del Sonderkommando compresero che questo significava la loro fine immediata: certamente i tedeschi non avrebbero lasciato vivi testimoni come loro. La rivolta, che avrebbe dovuto essere concordata coi partigiani polacchi delle foreste circostanti, divampò invece prematuramente, sotto la spinta della necessità, quando i tedeschi allontanarono con un pretesto ed uccisero i primi 160 uomini del kommando. Gli altri attaccarono allora il presidio Ss con disperata audacia, armati di un solo fucile mitragliatore, di poche pistole e di rudimentali bombe a mano fabbricate con bottiglie di vetro; uno dei quattro Forni crematori venne incendiato ed esplose. Un tratto della recinzione di filo spinato, percorso da corrente ad alta tensione, fu abbattuto; soltanto poche decine di insorti poterono uscire vivi dal Campo, trovarono rifugio in una fattoria polacca, furono denunziati, nuovamente catturati ed uccisi. In questa lotta disperata alle porte dei Forni crematori solo una decina di Ss persero la vita; tuttavia l’insurrezione, subito nota in tutti i Campi del distretto di Auschwitz, costituì un avvenimento di enorme importanza. Aveva manifestato una lacuna, una fenditura nell’organizzazione del Campo di concentramento; aveva dimostrato che i tedeschi non erano invincibili. Per i tedeschi stessi essa dovette suonare come un segnale di allarme, poiché pochi giorni dopo il comando del Campo provvide a smantellare e far saltare le officine della morte di Auschwitz, che da sole avevano ingoiato più vite umane, più di tutti gli altri Campi di concentramento riuniti insieme; forse nell’assurda speranza di distruggere ogni testimonianza del maggior delitto che mai sia stato commesso nell’intera, e pur così sanguinosa, storia del genere umano.

Auschwitz II Birkenau - L’Odissea degli italiani ad Auschwitz
Il primo trasporto di Italiani nel Lager di Auschwitz (1028) risale al 27 Ottobre del 1943. Il trasporto era prevalentemente composto da Ebrei arrestati durante la retata di Roma del 16 Ottobre del 1943. Dopo questo primo trasporto, ne seguirono altri con deportazioni da tutte le regioni d’Italia, dal Campo di transito di Fossoli di Carpi e dalla Risiera di San Sabba. Nel periodo 1943/44 furono deportati nel Lager di Auschwitz circa 7.000 persone, in prevalenza Ebrei e in minoranza non Ebrei arrestati per motivi di carattere politico. Da questi trasporti non furono risparmiati neppure i bambini. Le prime 1028 persone arrivate ad Auschwitz, subirono, come ogni altro trasporto, la selezione per separare gli abili al lavoro dai non abili: 149 uomini e 47 donne superarono la selezione e furono registrati ed introdotti nel Lager, mentre le restanti 827 persone vennero portate alle Camere a gas ove si spense il loro tragico destino. Nel Gennaio 1945 riuscirono a sopravvivere allo sterminio solo un numero esiguo di Italiani. Gli abili, cioè, quelli che erano ancora in grado di camminare, si unirono ai deportati delle altre nazionalità dove intrapresero le lunghe marce mortali di trasferimento in altri Lager più sicuri all’interno del Reich. I malati e gli infermi che rimasero ad Auschwitz dopo l ’evacuazione del Campo furono liberati dall’Esercito Sovietico il 27 Gennaio 1945. Circa 150 internati Italiani furono in seguito ricoverati nell’ospedale della Croce Rossa Polacca, aperto subito dopo la liberazione all’interno del Lager. Nonostante le cure mediche prestate dai medici, entro luglio perirono altre 17 persone. Fra i ricoverati nell’ospedale della Croce Rossa c’era anche Primo Levi.
Degli oltre 7.000 cittadini Italiani deportati nel Campo di sterminio di Auschwitz, sopravvissero e tornarono in patria meno di un centinaio di persone.

Auschwitz II Birkenau - Gli esperimenti pseudo-scientifici
L’opportunità di avere migliaia di esseri umani a disposizione per effettuare esperimenti sui loro corpi, assolutamente impossibile in un altro contesto socio-politico, suscitò non poche fantasie su alcuni pseudo-scienziati nazisti, che approfittarono di questa umica occasione che la storia gli offriva. In realtà tutti gli esperimenti effettuati da questi medici non ebbero miglioramenti a livello scientifico, e le loro azioni produssero solo sofferenze indescrivibili senza nessun beneficio. Il primo problema che si posero questi medici tedeschi, fu l’esigenza di eliminare le razze inferiori o, per lo meno di impedire la loro proliferazione a danno dei cittadini di stirpe «ariana». Si fece strada nella mente di questi personaggi, l’idea della sterilizzazione di massa da eseguirsi mediante l’uso di raggi x. Questo metodo si rivelò, dopo due anni di esperimenti, del tutto inefficace e dispendioso. Questa sezione razziale trovò la sua espressione più elevata nel Dottor Josef Menghele l’angelo della morte di Auschwitz. Costui era convinto di poter identificare le trasmissioni genetiche abnormi e mise insieme 250 copie di gemelli, che trattò come qualsiasi ricercatore potrebbe trattare rane e topi. Menghele, era un fanatico professore della perfezione umana. Auschwitz, era il suo mondo ideale, la realizzazione dei suoi sogni, qui poteva vivere le sue fantasie razziali, giustificando la dissezione di centinaia di bambini, iniettava direttamente negli occhi sostanze colorate per manipolarne il colore e, sfogando la sua collera esplosiva sparando, praticando iniezioni di fenolo al cuore o, mandando le sue vittime nelle Camere a gas durante le selezioni che eseguiva nella rampa di Birkenau.
Gli altri medici che fecero ad Auschwitz esperimenti scientifici sono:
Dottor ENTRESS : praticava iniezioni di fenolo al cuore;
Dottor HANS W.KONIG : amputava i malati di Flemmone;
Dottor CARL CLEBERG : faceva esperimenti sulla sterilizzazione (voleva rendere sterili le donne mediante iniezioni);
Dottor ORST SCHUMANN : sperimentò le sterilizzazioni mediante raggi x sui genitali delle vittime;
Dottor EMIL KASCHUB : prelevava il pus dai flemmoni per studiarli;
Dottor HELLMUTH VETTER : provava sugli internati le nuove medicine prodotte dalla Bayer-werke;
Quasi tutti i medici che erano in servizio presso il lager di Auschwitz eseguivano le selezioni nella rampa di Birkenau.

Auschwitz II Birkenau - Le Marce di evacuazione e la Liberazione
Le vittorie riportate per lunghi anni dai nazisti, resero le Ss insolenti a tal punto da farli sentire liberi da ogni responsabilità per i numerosi atti di genocidio commessi. Quando però, dopo una serie di vittorie e conquiste, iniziarono le sconfitte. I nazisti si misero a cancellare in tutta fretta ogni traccia delle loro attività criminali, distruggendo documenti riguardanti le deportazioni, fra cui numerosi registri e schedari dei deportati, furono fatti saltare in aria i Forni crematori e le Camere a gas. I deportati rimasti in vita in grado di poter camminare, furono costretti, sotto la morsa del gelo invernale, all’evacuazione del Lager che divenne nota come la Marcia della Morte.
Chi erano riusciti a sopravvivere nell’inferno di Auschwitz, morirono in questa occasione per assideramento, per fame o fucilati perché non erano più in grado di camminare. I malati, che non in grado di intraprendere la marcia, rimasero nel Lager aspettando la liberazione. La marcia mortale attraverso i Lager all’interno del Reich iniziarono ai primi di gennaio del 1945. Gli internati furono trascinati a passo di corsa per le campagne d’Europa dai tedeschi incalzati dagli alleati, privi di ogni forma di controllo con la Germania nazista sul punto di diventare un paese sconfitto. Le marce della morte consentono di valutare le crudeltà e le motivazioni dei realizzatori, e quindi, la misura della loro dedizione all’eccidio, in condizioni di quasi assoluta arbitrarietà, condizioni in cui, chi non fosse stato votato alla missione di uccidere e torturare i deportati, si sarebbe per forza astenuto. In conclusione si delinea l’idea che le Ss di guardia alle lunghe colonne di deportati in cammino verso il nulla, fossero motivati nel portare a termine questa ulteriore crudeltà dal proprio radicale antisemitismo e che fosse giusto massacrare i deportati sfiniti privi di ogni forza, anche quando, ormai il terzo Reich era giunto al suo crollo totale.
Il 27 Gennaio 1945, l’avanzata delle truppe Russe mise fine alla storia del laser di Auschwitz.
Il 18 Gennaio 1945, nella notte dell’evacuazione, le cucine del Campo avevamo ancora funzionato per distribuire l’ultima razione di zuppa. In mattinata un addetto delle Ss fece il giro delle baracche, nominò in ognuna un capo baracca, scegliendo fra i non Ebrei rimasti, e dispose che venisse fatta immediatamente una lista dei malati distinti in Ebrei e non Ebrei. Qua e là nella notte si sentivano le esplosioni dell’armata Russa che avanzava. Il 19 Gennaio 1945, le Ss abbandonarono il Lager sabotando l’impianto elettrico, chiudendo la fornitura dell’acqua e lasciando il Lager in uno stato di desolazione. Fra i malati che riuscivano ancora a muoversi - si videro corpi scheletrici trascinarsi per ogni dove - si misero a rovistare in tutte le baracche vuote in cerca di alimenti e di legna, saccheggiarono le cucine, il magazzino del vestiario, i magazzini dei generi alimentari, portando via quel poco che era rimasto, i più fortunati che avevano avuto la forza di accendersi un fuoco, cucinavano le poche patate trovate, e scioglievano la neve in recipienti di fortuna per placare la sete. In queste condizioni gli internati rimasti in vita aspettarono fino il 27 Gennaio l’arrivo della 60° armata del fronte russo, che ufficialmente liberò il Lager di Auschwitz dall’egemonia nazista. Solo alcuni dei prigionieri, in condizioni di salute disastrose, riuscirono a sopravvivere e ad essere liberati. Gli venne portato un immediato soccorso medico da parte dei sanitari sovietici e dai volontari della Croce Rossa Polacca. Molti purtroppo morirono anche nei mesi successivi la liberazione del Lager.

Auschwitz III (nel centro abitato di Dwory a Monowice - in tedesco Monowitz), con tutta una serie di Campi minori organizzati prevalentemente presso gli stabilimenti industriali e la manodopera a basso costo costituita dai deportati condannati a morte, servì innanzitutto alle Ss ma anche ai grandi consorzi industriali che cominciarono nella primavera del 1941 a costruire fabbriche in prossimità del Campo. Tra i colossi industriali citiamo la I.G Farben, la Hermann Goering Werke, la Siemens-Schuckertwerke, la Kruppe e altre industrie minori.
Dal 1941, molte industrie private cominciarono ad interessarsi della manodopera del Campo, tra queste la più significativa fu la I.G Farben. La decisione di installare gli impianti della I.G Farben in località Dwory, era dovuta alla vicinanza con le miniere di carbone ed alla non lontananza con Auschwitz (il 7 aprile 1941 a Dwory iniziano i lavori di costruzione della fabbrica Buna. Per il momento i prigionieri sono condotti a piedi dal Campo di Auschwitz). L’area non sarebbe stata oggetto di bombardamenti per la sua scarsa importanza militare. I dirigenti della fabbrica, in accordo con la Wvha e con Auschwitz si accordarono per la fornitura di manodopera che variava, a seconda del periodo, dagli iniziali 1.000 agli 8.000/12.000 fino ad arrivare ai 30.000. Le Ss per ogni internato specializzato riceveva 4 Reichsmark, 3 per i lavoratori generici al giorno. Le difficoltà di trasporto, ad alcuni mesi dall’accordo, spinsero i dirigenti della I.G Farben a costruire un Lager nei pressi della fabbrica sull’area evacuata per tali insediamenti nella zona di Monowice.
Auschwitz III Buna fino al novembre del 1943, in seguito Auschwitz III Monowitz, fu costruito nell’autunno del 1942 presso gli stabilimenti industriali a 7 km dal Campo madre di Auschwitz I. L’insediamento industriale si prefissava la produzione su vasta scala dalla gomma alla benzina sintetica, di coloranti e di altri sottoprodotti del carbone, occupando un area rettangolare di 35 chilometri quadrati. Uno degli ingressi di questa zona industriale, cintata da alti reticolati di filo spinato, si trovava a poche centinaia di metri dal nuovo Lager, adiacente a questo si trovava un Campo di concentramento per prigionieri di guerra inglesi, e per finire un po più lontano c’era un Campo per lavoratori civili di diverse nazionalità. Il Campo di Monowitz o meglio Auschwitz III era dunque un tipico Arbeitslager ed al suono di una banda, ogni mattina, si potevano vedere gli internati sfilare in ordine militare, quasi di corsa, per recarsi al lavoro in fabbrica. I blocchi o baracche di Auschwitz III erano verniciati, puliti e regnava l’ordine. In ogni blocco era prevista una capienza massima di 150/170 persone, se ne trovavano 250. In queste condizioni di sovraffollamento, malgrado l’ordine apparente, le notti dei deportati erano tormentate da pulci e da ogni tipo di parassita. Il vitto, nonostante il duro lavoro e l’interesse della fabbrica a ottenere il massimo da ogni operaio-schiavo, era insufficiente, e i deportati, come in tutti gli altri Lager, patirono la fame ed era il primario problema per la sopravvivenza. I dirigenti della fabbrica non si preoccupavano di questo, visto che, in base agli accordi presi con le Ss, potevano sostituire gli inabili quando lo ritenevano necessario. Il lavoro dei detenuti si svolgeva sempre in condizioni di estrema fatica, senza un piano organizzativo e mancavano attrezzature e macchinari adeguati per una produzione industriale. Di fatti prevaleva il principio di rapidità nell’eseguire i lavori, pertanto gli internati eseguivano lavori manualmente con attrezzature rudimentali. In pratica, nell’universo produttivo che ruotava attorno a Monowitz, considerando l’andata e il ritorno dalle baracche al posto di lavoro, gli appelli del mattino e della sera, il lavoro produttivo in fabbrica, le varie punizioni, il riposo per gli internati si riduceva a poche ore notturne di sonno. Anche a Monowitz, periodicamente, ogni quindici giorni, i medici delle Ss eseguivano le selezioni degli inabili per le Camere a gas di Birkenau. La I.G Farben noleggiava inoltre manodopera subappaltandola ad altre imprese minori, incassando così cospicui guadagni. Da parte di alcune imprese appaltatrici venne introdotto in piena autonomia l’abitudine di premiare il lavoro ben fatto con razioni supplementari di alimentari o con buoni acquisto di cibo allo spaccio.
Il famoso libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi, deportato italiano di origine ebraica, descrive le tragiche condizioni di vita degli internati ad Auschwitz III Monowitz. Lo stesso Levi dovette probabilmente la propria salvezza alla laurea in chimica che gli permise di essere assunto in qualità di "specialista" all’interno del complesso evitando così le terribili condizioni (acuite dal freddo inverno polacco) delle normali squadre di lavoro.
Nonostante i grandi sforzi compiuti, che causarono la morte di circa 25.000 deportati impiegati su un totale di 35.000, l’impianto Buna Werke non arrivò mai a significative quote di produzione.
Le rovine dei Campi di Auschwitz sono "Patrimonio dell’Umanità" protetto dall’UNESCO

Sottocampi e succursali di Auschwitz

ALDORF - ALTHAMMER - BABITZ - BRZEZINKA - BISMARCKHUTTE - BIECHHAMMER - BOBREK - BRUN - BUDY I - BUDY II - CHARLOTTEGRUBE - CHELMEK - EINTRACHTHUTTE - FURSTENGRUBE - GLEIWITZ I II III IV - COLLESCHAU - GUNTHERGRUBE - HARMENSE I II - HINDEBURG - HUBERTUSHUTTE - JANINAGRUBE - JAWISCHOWITZ - KOBIOR - LEGISCHA - LAURAHUTTE - LIGHTWERDEN - MONOWITZ BUNA - NEUDACH - NEUSTADT - PLAWY - RADOSTOWITZ - RAISKO - S. KATTOWITZ - SOSNOWITZ I II - SOSNICA - SS HUTTE POROMBKA - 2 SS BAUZUG - TRZEBINIA - TSCHECHOWITZ I II.

I Civili ad Auschwitz

Dopo la capitolazione della Germania e la conseguente chiusura dei complessi concentrazionari sparsi in tutta Europa, molti tedeschi, intervistati dagli alleati in vari contesti, ammisero di non sapere dell’esistenza e la messa a morte di migliaia di esseri umani da parte del regime nazista. Analizzando queste prime dichiarazioni di estraneità dei fatti compiuti ci lascia molto perplessi. Alla stazione di Auschwitz, transitavano molti convogli di soldati in licenza dal fronte, sostavano in stazione civili in attesa e molti altri civili tra lavoratori ed altro. I Forni crematori in piena attività, giorno e notte, distavano a pochi chilometri. Il fumo nero come la pece, si poteva vedere a molti chilometri di distanza e si sentiva anche l’odore acre dei corpi bruciati, il lezzo era semplicemente irrespirabile e oltre alla nuvola di fumo, un’alta fiamma di almeno cinque metri usciva costantemente dai camini. I convogli dei militari in transito potevano vedere e sentire quell’odore di carne bruciata, alcuni si chiedevano, facevano domande alle quali era severamente proibito parlarne. Si doveva tenere segreto lo sterminio, e qui si narra tutte le Ss impiegati in ruoli diversi nel Lager a tenere per anni il silenzio di tali atrocità. Perfino gli impiegati civili della stazione erano al corrente di ciò che avveniva nel Lager, i capistazione, i conducenti delle locomotive con il carico umano stipato su carri merci, il servizio postale eccetera. Senza contare le radio degli alleati e i molti volantini fatti recapitare dal cielo alla popolazione tedesca, denunciavano con nomi e cognomi lo sterminio che si stava consumando nel Lager di Auschwitz. Quindi si sapeva e sapevano anche i molti civili che lavorarono nelle industrie adiacenti ai Campi in stretto contatto con gli internati. Avevano l’ordine di non parlare di quello che avevano visto e in molti casi, quando questi operai civili tornavano a casa in licenza, parlavano con i loro famigliari e ne discutevano con gli amici. Gli internati che lavoravano nelle industrie insediate attorno ad Auschwitz avevano come capisquadra dei civili, agli internati era riservato il lavoro più pesante. Questi civili in molti casi, in relazione alla possibilità o meno, aiutarono gli internati, alcuni invece trattavano i detenuti con severità e non mancavano maltrattamenti di vario genere. Alcuni dirigenti o con mansioni dirigenziali, si opposero al nazionalsocialismo di Hitler anche quando il regime festeggiava da trionfo in trionfo le situazioni di guerra. Questi personaggi aiutarono veramente gli internati, alcuni con accese discussioni con le Ss sul trattamento dei prigionieri. Levi nelle sue testimonianze racconta di civili ostili e di alcuni, tra questi anche italiani, che aiutarono gli internati con qualche razione di cibo. Alcuni macchinisti che portavano i convogli pieni di persone all’interno del Lager , nella cosiddetta rampa dei giudei, dopo lo scarico dei vagoni dovevano lasciare l’area nel più breve tempo possibile, era noto che alcuni fingendo un guasto al locomotore, si fermavano nella banchina per diverso tempo con l’intento di rubare qualche valigia dei poveri deportati in attesa della selezione. Molti civili approfittarono di queste ed altre situazioni.

Processo e condanne

Il Tribunale Supremo di Cracovia il 22 Dicembre 1947 ha condannato i seguenti facenti parte della guarnigione del Campo di Auschwitz I e II:
A morte : Artur Liebehenschel - Arthur Johann Breitwieser - Maximilian Grabner - Hans Aumeier - Karl Ernst MocheI - Marie Mandel - Jotann Paul Kremer - Franz Xawer Kraus - Erich Muhsfeldt - Fritz WiIhIm Buntroch - August Reimond Bogusch - PauI Goetze - PauI Szczurek - Hermann Kirschner - Heinrich Josten - Herbert Paul Ludwig - WiIhelm Gerard Gehring - Kurt Hugo Mi.iller - Hans Schuhmacher - Otto Latsch - Ludwig PIagge - Therese Brandl - J oseph Kollmer;
Ergastolo: Adolf Medefind - Anton Lachner - Detleff Nebbe - Hans Koch - Luise Danz - Karl Seufert ;
A 15 anni di carcere : Alexander Biilow - Franz Romeikat - Eduard Lorenz - Richard Schroeder - Alicje Orlowski - Hildegard Martha L. Uichert - Hans Hoffman - Johannes Weber ;
A 5 anni di carcere: Erich Dingers;
A 3 anni di carcere: Karl Jeshke.

Ubicazione del luogo
Panstwowe Muzeum Auschwitz-Birkenau - ul. Wiezniow Oswiecimia 20, 32-603 Oswiecim Polska
Tel: +48 33 8432022 – Fax: +48 33 843 19 34 - Email: muzeum@auschwitz.org.pl
Internet: http://www.auschwitz.org.pl

Luogo commemorativo
Aperto tutti i giorni della settimana dal 16 dicembre al 28 febbraio dalle ore 8.00 alle 15.00
Dal 1 marzo al 31 marzo e dal 1 novembre al 15 dicembre dalle ore 8.00 alle ore 16.00
Dal 1 aprile al 30 aprile e dal 1 ottobre al 31 ottobre dalle ore 8.00 alle ore 17.00
Dal 1 maggio al 31 maggio e dal 1 settembre al 30 settembre dalle ore 8.00 alle ore 18.00
Dal 1 giugno al 31 agosto dalle ore 8.00 alle ore 19.00
Il 1 gennaio, il giorno di Pasqua e il 25 dicembre il Museo è chiuso.
Ingresso: Gratuito
Giorno della Manifestazione Internazionale: 27 gennaio

Servizi per i visitatori in Auschwitz I:
Nell’edificio d’ingresso sono allestiti: banca con cambio di valute, ufficio postale, ufficio informazioni.
Nell’edificio d’ingresso viene proiettato un film sulla storia del complesso concentrazionario anche in italiano. Altri chioschi con molti testi e video sulla deportazione anche in lingua italiana si trovano fuori dall’edificio presso il parcheggio.

Servizi per i visitatori in Auschwitz II Birkenau:
Nell’edificio d’ingresso sono allestiti: ufficio informazioni e bookshop con libri, dépliants e video, anche in italiano.
Ristorazione per i visitatori in Auschwitz I: self service nell’edificio d’ingresso presso il parcheggio.
Ristorazione per i visitatori in Auschwitz II Birkenau: macchinetta per la distribuzione di bevande calde e fredde.
Accesso facilitato per portatori di handicap.
Servizio guide per i visitatori in Auschwitz: Per i gruppi e le scuole è obbligatoria la guida disponibile anche in lingua italiana.
Guida storica al Campo di Auscjwitz in Pdf (I materiali di proprietà del Museo possono essere utilizzati in forma gratuita esclusivamente per uso non commerciale e strettamente a fini educativi, a condizione che venga indicata la fonte di provenienza attraverso l’indicazione: www.auschwitz.org.pl. È condizione essenziale il loro utilizzo esclusivo in attività e progetti che non ledano la reputazione e il buon nome delle vittime del Campo di concentramento e sterminio di Auschwitz).

News: Ad Auschwitz nel 2012 record visitatori: 1,43 milioni - Da sei anni visitatori non scendono sotto il milione
Oświęcn , 04 gen. 2013 (Ap) - Un numero record di visitatori per il campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, nel 2012. 1,43 milioni di persone hanno visitato il sito. "Si tratta di un record nella storia del museo, lunga 65 anni. Da sei anni, il numero di visitatori supera regolarmente il milione", si legge in un comunicato del museo pubblicato sul suo sito internet. "Durante l’ultimo decennio, Auschwitz è diventato un luogo fondamentale del ricordo della Shoah per l’Europa intera e questo riflette l’importanza della storia dell’Olocausto", spiega ancora il comunicato. "La dimensione educativa di questo luogo - ha spiegato il direttore del museo Piotr Cywinski - ricorda anche le sfide con le quali le nostre società devono ancora confrontarsi". Circa mezzo milione di polacchi hanno visitato il museo l’anno scorso, 150mila britannici, 100mila statunitensi, 85mila italiani e 75mila tedeschi. Da Israele sono arrivati 68mila visitatori, dalla Francia 62mila, dalla Spagna 54mila. Spiccano anche i 46mila arrivati dalla Corea del Sud.

News: Rubata la scritta “Arbeit Macht Frei” ad Auschwitz
Oświęcin, 18 dic. 2009 - E’ stata rubata nella notte , fra le 3.30 e le 5 , la scritta ’Arbeit macht frei’ che campeggia l’ingresso dell’ex lager nazista di Auschwitz , considerato il simbolo del genocidio contro l’umanità. E’ la prima volta che la scritta viene rubata; era stata apposta all’ingresso del Campo di concentramento nel 1940: furono i prigionieri del lager che la dovettero costruire per ordine dei nazisti.
Pawel Sawicki, uno dei funzionari che gestisce il museo di Auschwitz parla di furto pianificato. Proprio ieri il governo tedesco ha stanziato 60 milioni di euro per contribuire al restauro del Campo di concentramento, in modo da preservare la memoria dello sterminio compiuto dai nazisti. La polizia sta ora interrogando le guardie notturne del museo ed esaminando le riprese delle telecamere di sicurezza. Dalle prime trapelazioni si parla di persone che sicuramente sapevano come entrare nel sito del museo, come rimuovere la scritta e quali sono i percorsi delle guardie notturne". Già dalle prime edizioni , molti popolari Tg nazionali hanno ampiamente dato spazio e voce al nefasto gesto di estirpare uno dei simboli della follia nazista . Il Tg4 di Emilio Fede non ha rivolto a questo tragico evento il minimo accenno .

News: Il presidente Lech Kaczynski in una dichiarazione lancia un appello affinchè tutta la popolazione polacca collabori al ritrovamento della scritta metallica sovrastante il cancello di Auschwitz
Oświęcim, 19 dic. 2009 - Intensificati i controlli alle dogane e negli aeroporti e chiesto l’aiuto delle organizzazioni di polizia Interpol ed Europol. E’ salita a 115mila zloty (28.600 euro) la cifra della ricompensa offerta a chiunque fornisca informazioni per ritrovare l’iscrizione e arrestare i colpevoli. Oltre agli 100mila zloty stanziati dalla direzione del museo di Auschwitz, la polizia polacca ne ha aggiunti 5mila e la società di controllo Art Security Group altri 10mila. Il direttore del museo, Piotr Cywinski, ha ammesso che il sistema di sorveglianza non ha funzionato.

News: Ritrovata la scritta di Auschwitz
Oswiecim, 21 dic 2009 - La targa di Auschwitz “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi), rubata nella notte tra giovedì e venerdì, è stata ritrovata e sarà restituita al museo-memoriale dell’ex lager nazista. Con un blitz notturno, la polizia polacca, con l’ausilio degli agenti speciali della Guardia di frontiera, del servizio segreto e dei reparti scelti del ministero della Difesa hanno preso d’assalto un’abitazione privata nel nord del Paese. Là hanno ritrovato la targa, tagliata in tre parti per renderla trasportabile. Hanno sorpreso e arrestato i cinque presunti ladri-profanatori, cinque uomini tra i 20 e i 39 anni , tutti pregiudicati , ma nessuno è stato identificato membro di gruppi neonazisti. Nelle prossime ore le autorità forniranno nuovi dettagli. Probabilmente, fanno capire i portavoce della polizia, non è casuale che i ladri abbiano portato al nord la targa dall’ex lager (che si trova nel sud della Polonia). Forse speravano di raggiungere un porto o un confine e trafugarla all’estero. Rimane da chiarire il movente del crimine e chi siano i mandanti. La polizia polacca, in contatto con l’Interpol e con i servizi segreti tedesco, britannico e israeliano, ha attuato la sua caccia all’uomo lavorando su due piste: neonazisti oppure collezionisti folli e ricchissimi. La targa originale , fa sapere il museo , sarà rimessa al suo posto entro il 27 gennaio 2010 per la commemorazione della liberazione del Campo.

News: Britannico collezionista cimeli nazisti dietro furto Auschwitz
Roma, 03 gen. 2010 (Apcom) - Dietro il furto della celebre iscrizione dell’ex Campo di concentramento di Auschwitz "Arbeit macht frei" (Il lavoro rende liberi) ci sarebbe un simpatizzante nazista britannico. Lo rivela il Sunday Mirror, spiegando che il misterioso committente, che voleva possedere uno dei maggiori simboli del nazismo, è un ricco collezionista di cimeli nazisti. Secondo il Mirror, il furto dell’iscrizione, rubata due settimane fa e poi ritrovata rotta in tre pezzi dalla polizia, era stato commissionato a un gruppo di estrema destra in Svezia. Finora sono stati arrestati cinque polacchi dalla polizia polacca, ma secondo fonti bene informate loro sarebbero una minima parte degli attori che hanno partecipato all’operazione che doveva far arrivare la scritta fino in Gran Bretagna: "Il collezionista la voleva come trofeo - ha confidato una fonte svedese - e ha usato i suoi contatti con i neo-nazisti per diffondere la notizia che era pronto a pagare una enorme quantità di soldi per averla". Secondo il piano l’iscrizione doveva rimanere nascosta in una cantina a Stoccolma, in attesa del collezionista. I suoi soldi sarebbero poi stati utilizzati pe finanziare degli attacchi xenofobi in Svezia.

News: Il mandante del furto di Auschwitz resta sotto tutela per paura di vendette
Stoccolma, 06 gen.2010 - Da mandante di un furto che poteva entrare nella storia a detenuto che si deve nascondere: questa la parabola dell’uomo che commissionò ad alcuni polacchi il furto della targa in metallo "Arbeit Nacht Frei" situata all’ingresso del Campo di sterminio di Auschwitz. L’uomo promise 3000 euro a cinque polacchi perchè commettessero un furto; aveva trovato anche l’acquirente. Ma era rimasto preoccupato del clamore che si era creato sui mass media, a seguito del furto; di conseguenza la preoccupazione era diventata paura e l’uomo, che vive in Svezia, aveva contattato la Polizia svedese, autodenunciandosi e rivelando una serie di indizi che hanno poi consentito di trovare ed arrestare gli autori materiali del furto, recuperando la scritta che era stata tagliata in tre parti. Ma adesso c’è il pericolo di una vendetta da parte di elementi del partito svedese "Sverige Demokraterna", razzista e xenofobo che però viaggia al 6% dei consensi ed è in ascesa. Alcuni personaggi di questo partito potrebbero voler vendicarsi; così come potrebbe esserci una vendetta da parte dei ladri polacchi, una volta che hanno scoperto che avrebbero incassato 3.000 euro mentre il loro mandante una cifra enormemente superiore (circa un milione di euro). Tanto è vero che si sono diffuse voci di un trasferimento del mandante del furto - di cui la Polizia svedese conserva gelosamente segreti immagine e dati anagrafici - in altri Paesi: Francia, Gran Bretagna, addirittura gli USA. Tuttavia, la polizia svedese, data la situazione tutto sommato tranquilla della criminalità nazionale, è piuttosto permeabile a soffiate; e si teme che se nome e foto dell’uomo dovessero trapelare, si scatenerebbe una vera e propria caccia all’uomo.

News: Torna all’ex lager l’insegna rubata
Oświęcim, 21 gen. 2010 - Consegnata oggi dalla Polizia di Cracovia la scritta di ferro “Arbeit macht frei “, lunga cinque metri, al portavoce del Museo del Campo, Jaroslaw Mensfelt. La scritta sarà conservata nel laboratorio all’interno del Campo per essere restaurata e il lavoro, secondo la responsabile , durerà almeno due mesi . Non è escluso , che dopo il restauro non sarà più esposta sopra il cancello e si utilizzerà la copia già usata nel 2006 . Proseguono intanto le indagini: la Procura chiede un mandato di arresto per Anders Hoegstroem, un ex neonazista svedese, sospettato di essere il principale complice dei cinque polacchi arrestati per il furto. Licenziato il comandante delle guardie che la notte del furto non avvertì tempestivamente le autorità di Polizia . nato.

News: Stoccolma, 11 mar. 2010 - Un tribunale di Stoccolma ha approvato l’estradizione verso la Polonia dell’ex leader neonazista Anders Hogstorm, lo svedese che è stato messo sotto inchiesta per il furto dell’insegna ’’Arbeit macht frei’’ dall’ex Campo di concentramento di Auschwitz.

News: Un tribunale polacco ha condannato tre uomini per aver rubato la targa di metallo con la scritta "Arbeit macht frei".
Varsavia, 18 mar. 2010 - Le condanne vanno da 18 mesi a due anni e mezzo di reclusione. Durante gli interrogatori i tre hanno confessato di aver rubato la targa del lager, dopo aver preso contatto con Anders Hogstrom, trentacinquenne svedese ex leader di un gruppo neonazista, che avrebbe commissionato il crimine. Altri due uomini accusati di aver preso parte al furto attendono di essere giudicati.

News: Scritta Auschwitz: svedese estradato (Dovrebbe essere messo agli arresti cautelari a Cracovia)
Vienna 9 Apr . 2010 (Ansa) - Estradato in Polonia il cittadino svedese Anders Hoegstroem, sospettato di essere la mente del furto della scritta ’’Arbeit macht frei’’. La targa era stata rubata circa quattro mesi fa dall’ingresso dell’ex campo di concentramento di Auschwitz. Hoegstroem, 35 anni, dovrebbe essere messo agli arresti cautelari a Cracovia, la cui procura e’ competente per il caso. Per lunedì e’ previsto il primo interrogatorio da parte del procuratore.

News: Polonia: Patteggia la mente del furto di Auschwitz, 32 mesi
Varsavia, 25 nov. 2010 (Agi) - Ha patteggiato una pena a due anni e otto mesi di carcere il neonazista svedese che ha confessato di aver commissionato il furto dell’insegna del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuto a dicembre dell’anno scorso. Lo hanno annunciato i procuratori polacchi di Cracovia. Anders Hoegstroem avrebbe rischiato una condanna fino a 10 anni.

News: Insegna Auschwitz, condannato ex neonazi
Varsavia, 30 dic. 2010 (Ansa) - L’ex leader neonazi svedese Anders Hoegstroem e’ stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione per ’incitamento al furto’ dell’insegna ’Arbeit Macht Frei’ dell’ex campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. Lo ha detto il portavoce di un tribunale di Cracovia in Polonia. Hoegstroem, 34 anni, ha ammesso la propria colpevolezza e ora ’scontera’ la pena in Svezia, in base a un accordo con la giustizia svedese, ha detto il portavoce. L’insegna era stata rubata nel dicembre 2009.

In un museo l’insegna del cancello di Auschwitz
Milano, 13 giu. 2011 (TMNews) - Il museo di Auschwitz ha approvato il progetto, presentato dal Gruppo EveryOne, riguardo alla conservazione dell’insegna che si trovava sul cancello di ingresso del campo di sterminio. L’insegna sarà esposta in una sala accessibile al pubblico e contemporaneamente verrà realizzata una copia fedele da applicarsi sul cancello. L’insegna, che riporta la scritta "Arbeit Macht Frei" (Il lavoro rende liberi), fu rubata nel dicembre del 2009 e venne ritrovata dalle forze dell’ordine tre giorni dopo il furto. I ladri l’avevano spezzata in tre parti per facilitarne il trasporto. I fondatori del Gruppo EveryOne avevano inviato una lettera di appello al museo, dopo aver appreso che, dopo il restauro, la direzione dello stesso intendeva ricollocare l’insegna nella sede originaria. La lettera poneva l’accento sui rischi a cui il prezioso reperto sarebbe stato ancora esposto: furti, atti vandalici, consunzione a causa dell’umidità’ e delle intemperie. EveryOne si era così impegnato ad inviare ai 25 esperti del museo, a Piotr Setkiewicz, direttore del Dipartimento di Ricerca, e a Piotr Cywinski, direttore dell’istituto, un progetto in grafica tridimensionale relativo alla nuova ubicazione. Ieri il Gruppo EveryOne ha ricevuto dalla Polonia la notizia dell’approvazione del progetto. L’insegna-simbolo dei campi di morte nazisti sarà’ collocata in una sala in condizioni di umidità’ stabili e a una temperatura di 17/18 gradi centigradi.

Nwes: Auschwitz, trovati arnesi chirurgia
Varsavia, 26 ago. 2010 - Oltre 150 strumenti chirurgici e ginecologici del lager nazista di Auschwitz sono stati scoperti in una casa della stessa città’ polacca. Lo rende noto il museo di Auschwitz. ’Si tratta di una delle più’ grandi scoperte degli ultimi anni’, ha detto il portavoce del museo, Bartosz Bartyzek. ’Verosimilmente - ha aggiunto - questi strumenti venivano usati dal ginecologo e membro delle SS Carlo Clauberg’. Il medico sperimento’ metodi di sterilizzazione di massa delle donne su centinaia di detenute.


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