g. v., la Repubblica 19/2/2014, 19 febbraio 2014
LE CANZONI SONO GIOIELLINI MA LA TV IMPRIGIONA IL LORO ENORME POTERE
[Aldo Nove]
Aldo Nove, al secolo Antonio Centanin, scrittore e poeta classe 1967 (il mese prossimo pubblica per Einaudi “Tutta la luce del mondo”), non ha mai smesso di essere sedotto dalla musica pop. Per questo il team di Fazio l’ha voluto nella giuria di qualità. «È la prima volta che voto una canzone, finora solo festival di musica e poesia», esordisce «Ma seguo la musica da quando ero bambino, e la studio. Ho scritto libri su De André, Bigazzi e Mia Martini, mi considero in qualche modo uno storico della canzone».
Anche della canzone sanremese?
«Certamente, ci sono cresciuto, i primi ricordi sono in bianco e nero. Vivevamo in un quartiere popo-lare, si godeva l’evento in modo genuino, poi crescendo ho continuato a seguirlo in modo affettuoso».
Mai un periodo di rigetto, durante la sbornia rock?
«Non radicale. Forse ci avrei dato un taglio se Alice non avesse vinto l’edizione dell’81 con “Per Elisa”. Il merito fu anche di Battiato, l’artista che mi fece passare indenne attraverso la fase di rifiuto».
Non è un caso se lei è nella giuria di qualità del Festival di Fazio: più attenzione ai testi, alla musica, alla scelta degli artisti.
«Stabilire dei criteri qualitativi è sempre difficile. La canzonetta è una cosa complessa, un piccolo oggetto fatto di musica e poesia, imparentato con la tradizione popolare. Da lì viene “Nel blu dipinto di blu” di Modugno: pochi minuti, fragilissima, eppure un classico».
In genere sono le melodie a sedurla oppure i testi?
«Difficile rispondere, perché alla fine è un processo misterioso, la canzone perfetta ha un’alchimia delicata. Non è poesia, perché la poesia si regge da sola, invece sappiamo che anche un testo disarticolato e a una musica giusta possono creare una combinazione pazzesca. Io sono onnivoro, ascolto di tutto, da Stockhausen ai canti maori a Toto Cutugno. Mi costringo a essere curioso. Ci sono artisti che non amo, quelli troppo furbescamente commerciali. A quel punto, però, m’intriga il fenomeno ».
Ha mai provato invidia per un cantante pop che sa comunicare perfettamente in tre minuti al contrario di uno scrittore?
«Ritengo che i due processi non siano molto dissimili, c’è la poesia che butti giù di getto e quella che ti viene in quindici anni. Provo casomai un’invidia bonaria quando rifletto sul potere di comunicazione universale di una canzone, bellissimo ed effimero».
Qual è lo stato della canzone italiana a giudicare dalla musica che gira intorno?
«Che lo strapotere di certe meccaniche televisive ha favorito la crescita di una scena “indie” sana e vitale. Il pop nasce libero, è un processo anarchico, non può essere imprigionato in un format».
Fazio si aspetterà che la giuria di qualità bilanci i risultati del televoto popolare che rischia sempre di premiare l’apparenza più che la qualità.
«Prometto d’impegnarmi affinché sia così».
(g. v.)