Enrico Franceschini, la Repubblica 19/2/2014, 19 febbraio 2014
TU CHIAMALE, SE VUOI, EMOTICON
Sorrisino. Che tristezza. Ti amo. Ti faccio l’occhiolino. Ti faccio una linguaccia. Ti mando un bacio. Incrocio le dita. Va tutto bene. Mi fai ridere. Tutto questo e molto altro ancora si può dire, oltre che con le parole, con gli “emoticon”: le faccine. La prima, simboleggiata dai due punti, trattino e parentesi, fu inventata una trentina d’anni or sono da un programmatore di computer della Carnegie Mellon University per illustrare un aneddoto divertente. Da allora sono cresciute e si sono moltiplicate, conquistando prima gli adolescenti, quindi gli adulti e adesso sono ovunque, si può dire che sono diventate una lingua franca capace di vita propria. Hanno modificato non solo il nostro modo di scrivere ma pure quello di pensare: uno studio scientifico pubblicato sull’ultimo numero di Social Neuroscience rivela che ormai rispondiamo alla metacomunicazione rappresentata da una faccina nello stesso modo che a un volto umano. Mandate la faccina di un sorrisino agli amici per email, messaggino o post e reagiranno come se sorrideste davanti a loro in carne ed ossa. Tu chiamale, se vuoi, emoticon.