Roberto Giardina, ItaliaOggi 19/2/2014, 19 febbraio 2014
ITALIANI ALL’ESTERO SEMPRE PUNITI
Alla ricerca di entrate, il nostro governo vorrebbe imporre una trattenuta del 20% su tutte le somme trasferite via banca dall’estero in Italia. Dovrebbe essere definita «taglia». Verrà restituita se si dimostrerà che non si tratta di reddito. Mica facile, prevedo. Se faccio un regalo di compleanno a mia figlia o a mio figlio, temo che non basti. Anche un dono in euro si trasforma per loro in reddito. E se contribuisco agli studi di mia nipote? Chissà, comunque la restituzione non avverrà prima di un decennio. Ora come farà a pagare l’Imu della mia casa di Roma, o il condominio, o una spesa improvvisa?
Anni fa mi avvertirono che si era rotto il bagno del mio appartamento e rischiavo di provocare gravi danni al palazzo. Dovetti inviare al più presto 5 mila euro per effettuare i lavori di urgenza, ricattato da un idraulico che comprese la mia situazione. Oggi dovrei inviarne 6.300, e poi attendere il rimborso. O forse no. La stangata è illegale, ma questo è un particolare che non ha mai interessato i nostri politici. Non vorrei parlare di me: ci sono migliaia di Gastarbeiter italiani, di lavoratori ospiti come i tedeschi chiamano gentilmente gli immigrati, che continuano a effettuare rimesse al paese per i più svariati motivi, sono soldi loro su cui hanno già pagato le tesse in Germania. Perché vessarli?
Sono sicuro che le entrate del governo si ridurranno a pochi spiccioli. Per sfuggire alla tassa iniqua si porteranno i soldi di persona, e si chiederà a qualche amico di anticipare le somme necessarie.
Lunedì ero a Roma, e volevo attraversare a piedi la piazza del Parlamento, non per protestare contro questa misura. Desideravo andare dall’altra parte in una libreria che ha sempre qualche titolo che mi interessa. Un carabiniere mi ha sbarrato la strada. Di solito si può, perché oggi no? Non sono tenuto a risponderle, comunque lo ignoro, ma un ordine è un ordine, mi ha risposto. Avevo sentito questa frase per l’ultima volta nella Berlino del 1973, ein Befehl ist ein Befehl. Il poliziotto della Ddr fu brusco, il carabiniere romano, tengo a sottolinearlo, molto gentile. Questa è l’unica differenza.
Aprendo il giornale, ho letto che un mio vicino si era reso colpevole di un delitto nella notte di sabato. Due fratelli si erano fermati a pochi metri dalla fontana del Gianicolo, per fare pipì contro una residenza di suore lasciando le portiere aperte e la radio a tutto volume tra le due e le tre. Da una roulotte parcheggiata contro il muro, un indiano che vi abita da circa un anno, ha chiesto di poter dormire. I due non gli hanno dato retta. L’uomo in preda all’ira «a sangue freddo» (scrive il mio collega, ma dove ha fatto gli esami di giornalismo?), si è precipitato fuori ed ha pugnalato a morte il «ragazzo» di 33 anni.
Il cronista trova normale il comportamento notturno dell’italiano in pieno centro che, ovviamente, non meritava di perdere la vita. L’indiano, l’avevo notato a Natale, e non poteva soggiornare in quel luogo, trovatogli dalla Comunità di Sant’Egidio. Suppongo sempre che i due fratelli fossero usciti da un locale che si trova a pochi metri: anni fa era un baretto che vendeva cappuccini, si è trasformato in un ristorante con musica che impedisce di dormire fino alle cinque del mattino al quartiere tutti i weekend dell’anno, e tutti i giorni d’estate. Se si chiama la polizia, al telefono ti rispondono: «Vuoi abitare al centro?» Probabilmente il mio vicino indiano non chiudeva occhio da qualche notte. Non è un’assoluzione, solo una spiegazione.
Forse faccio confusione mettendo insieme tre notizie in apparenza lontane tra loro. Ma io trovo che siano legate da un filo, dall’arroganza cialtrona di chi da noi detiene il potere. Il cittadino è chiamato a pagare senza poter pretendere nulla, una spiegazione civile, una notte di quiete. Mi consolerò andando a passeggiare a Berlino sotto casa di Frau Angela, o andando a pranzo al Reichstag, con altre centinaia di inoffensivi turisti.