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 2014  febbraio 19 Mercoledì calendario

SESSO, L’ESERCITO DELLE FRONTALIERE


Messe alle strette da una legislazione restrittiva, che mira a punire severamente i clienti, sempre più prostitute francesi attraversano la frontiera svizzera e mettono in vendita il loro corpo a Ginevra. Ma il referendum che obbligherà Berna a limitare il flusso di lavoratori dall’estero potrebbe rendere più tortuoso il loro percorso.
La città elvetica è una sorta di capitale del sesso a pagamento: essa conta un migliaio di prostitute, 130 bordelli e 40 agenzie di escort. La casa chiusa più grande si chiama Venusia e ospita 70 donne, che si danno il turno per tenere aperto sette giorni su sette, 24 ore su 24. Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le domande di lavoro provenienti dal territorio francese. Bastano pochi numeri per rendersi conto di come vanno le cose: quattro anni fa le ragazze francesi erano una su cinque, mentre adesso sono il 70%. Un fenomeno che però, col passare del tempo, è destinato a stabilizzarsi, perché non ci sarà posto per tutte. Non solo. All’orizzonte si profila un clima diverso anche in Svizzera, dove il recente referendum sull’immigrazione ha impegnato i politici a varare norme per limitare l’afflusso di lavoratori stranieri. Comprese, ovviamente, le prostitute.
Come spiega Thierry Schaffauser, dirigente del Sindacato francese del lavoro sessuale, anche se la legge che penalizza i clienti non è ancora stata approvata in via definitiva, la sua diffusione su stampa e tv ha avuto un impatto notevole. Le condizioni di lavoro diventano proibitive e, in quanto prostitute, non è possibile associarsi o affittare un appartamento. Si può lavorare soltanto se si è proprietarie dei locali. In molte si riducono a intrattenere gli uomini nei giardini pubblici o nei furgoni. E dall’organismo gemello elvetico precisano che si è rinunciato a mantenere le quote massime di prostitute straniere fissate in un primo momento: la povertà e la disoccupazione al di là della frontiera hanno raggiunto livelli impressionanti e le giovani donne sono disposte a tutto pur di guadagnarsi da vivere.
Dall’altra parte della barricata si trova il Nid, movimento favorevole alla stretta sulla prostituzione in Francia. Il suo segretario generale, Grégoire Théry, afferma che l’obiettivo della nuova legge è attaccare frontalmente l’attrattiva di questa pratica. In un primo tempo è probabile che si verifichi uno spostamento del fenomeno verso le vicine nazioni della Spagna, del Belgio e della Svizzera, mentre a termine ci si attende un effetto domino sui queste nazioni. Le persone che vorranno farla finita con la prostituzione saranno accompagnate e sostenute in Francia, mentre ciò non avverrà in terra elvetica: le donne che se ne andranno all’estero saranno costrette ad abbracciare questo progetto di vita.
Eppure loro, le dirette interessate, la pensano in un altro modo. Una giovane studentessa francese spiega di aver vissuto momenti terribili esercitando all’aperto a Parigi e di essere perfino stata minacciata con un coltello e poi salvata da un cliente. Ella preferisce la Svizzera, dove non è necessario entrare da clandestini e dove non si rischia la vita. La legge dovrebbe tutelare le ragazze schiavizzate e non quelle che decidono liberamente di prostituirsi. La conclusione è netta: nel mio caso si tratta di una scelta e perciò non sono né una persona sporca né un oggetto sessuale. Le nuove norme francesi non ci riconoscono neppure lo status di esseri umani.