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 2014  febbraio 19 Mercoledì calendario

PERISCOPIO


Ministri decenti cercansi disperatamente, telefonare a Matteo, ore pasti. Jena. La Stampa.

«La verità è che mille parlamentari non avevano alcuna intenzione di andare a casa» sintetizza Oscar Farinetti, patron di Eataly, uno che non entrerà nel nuovo governo («troppi impegni in azienda») ma che si sente tutti i giorni con Renzi. Corsera.

Qualcuno mi ha chiesto se starei bene al governo: io ho risposto che sto già male così. Pippo Civati, minoranza Pd. Agenzie.

Che succede se Renzi ce la fa e governare fino al 2018?, si chiedevano i berlusconiani. Semplice, nel 2018 il Cavaliere avrebbe ottantadue anni, età veneranda, eppure poco pratica ai fini della politica attiva. Ma da ieri è vietato dirlo, malgrado si ritrovino, nelle dichiarazioni pubbliche, tracce e conseguenze di questo pensiero funesto. Salvatore Merlo. Il Foglio.

Sei mesi fa, l’11 agosto 2013 pubblicai su Libero un articolo dal titolo: «Matteo Renzi vincerà perché assomiglia al Cav». In esso dicevo: «Sapete perché Renzi, alla lunga, potrebbe vincere? Perché assomiglia tremendamente a Silvio Berlusconi. Nell’aspetto, nel carattere, nel modo di atteggiarsi. E soprattutto nella costruzione del proprio personaggio, per farne la macchina adatta alla conquista del traguardo che si è dato. Se non fossimo davvero certi della fedeltà coniugale della signora Renzi madre, saremmo indotti a pensare che nella primavera del 1974 il Cavaliere sia passato per Rignano sull’Arno e abbia avuto un’intensa love story con la signora. Dopo di che, l’11 gennaio 1975, nacque un bimbo chiamato Matteo. Giampaolo Pansa. Libero.

Per Marinetti, fondatore del Futurismo, un’automobile ruggente sull’asfalto era più bella della Nike di Samotracia imbalsamata al Louvre. Per Renzi, un tweet che sfreccia nella rete è sicuramente più bello di un barboso articolo conservato negli archivi dell’Unità. Per tutti e due, in ogni caso, valore sommo è la velocità. Correre e ancora correre, insomma. Già, ma per andare dove? Da vecchio fan (oggi un po’ dubbioso) del sindaco di Firenze, spero che lo spieghi presto e meglio agli italiani (magari solo con qualche tweet). Michele Magno. Il Foglio.

Renzi non è anti-berlusconiano; semmai post-berlusconiano. Sua frase-chiave: «Io lo voglio mandare a casa, non in galera». Aldo Cazzullo. Corriere della Sera.

A Firenze ogni 500 anni nasce un grande uomo. Matteo è uno di questi. È la nostra pedina per tornare a credere in qualcosa. Matteo può far sì che gli italiani aprano le finestre per vedere che il cielo non è grigio, è blu. Può ringiovanire l’Italia, chi ce l’ha un premier così giovane? Mi ci riconosco un po’ in questo ragazzo che potrebbe essere mio figlio e a cui penso si addica il mio motto: «L’eccesso è il mio successo». Roberto Cavalli, stilista. la Repubblica.

I bambini in Italia sono pochi e durano pochissimo, fino a sei anni. L’adolescenza ormai va dai sei ai sessant’anni. Poi comincia una terra di nessuno, un’ampia fascia di confine tra l’adolescenza e la vecchiaia. Dunque le pizzerie sono piene di adolescenti, il Parlamento è pieno di adolescenti. Dunque, Renzi è uno statista o un brufolo? Il suo successo viene dalla sua immagine di figlio. Non ci sono padri sulla scena politica italiana. La faccia da padre apparteneva a Togliatti, a De Gasperi, a Berlinguer. Berlusconi, ovviamente, non è padre, al massimo, zio impertinente. Franco Arminio. Il Fatto quotidiano.

Per la cultura economica di Renzi le imprese rivestono sicuramente un ruolo centrale: in un discorso è arrivato a dire che fa più sinistra «un imprenditore che assume» che tanti comizi dei sindacati. Dario Di Vico. Corriere della Sera.

Nella defenestrazione di Letta si è celebrato il trionfo dell’eufemismo. Infatti la defenestrazione di Enrico Letta da Palazzo Chigi con successiva intronizzazione di Matteo Renzi, è stata chiamata sportivamente «staffetta». Ma la staffetta è un solidale passaggio di testimone per convincere tutti insieme verso un traguardo comune. Qui invece nasconde la ferocia cruenta di una estromissione. Pierluigi Battista. Corsera.

John Elkann è uno che si permette di dire che i ragazzi stanno a casa perchè non hanno voglia di lavorare, perché il lavoro c’è, è un imbecille. Lo tengano a casa a riposare o vada a sciare. Diego Dalla Valle. Ansa.

Non è vero che Renzi ha le palle! Siamo noi della sinistra Pd che non le abbiamo. Vignetta di Staino. il venerdì.

Io sono amico di Matteo Renzi dal secolo scorso. David Ermini deputato Pd. La Stampa.

«Noi non vogliamo perdere né far perdere tempo», ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini, rifiutando di partecipare alla consultazioni con Napolitano per la formazione del governo Renzi. Qn.

Di Letta non do nemmeno un giudizio perché quello che andrebbe fatto è abolire tutte le sue leggi che sono un ostacolo alla produzione. Franco Biraghi, presidente di Confindustria di Cuneo. La Stampa.

Escludo per oggi e per sempre che il nostro partito possa appartenere a una compagine di governo insieme a qualunque variante antropologica di berlusconimo: sia i berlusconiani doc che i diversamente berlusconiani. Nichi Vendola, Sel. la Stampa.

La rottura degli schemi precedenti, la fine dell’antiberlusconismo pregiudiziale, l’incontro del Nazareno con Berlusconi, e il patto sulle riforme che richiedono un lungo percorso parlamentare, sono stati, per Renzi, i presupposti per proporsi al partito come candidato premier, e non solo come segretario. Marcello Sorgi. La Stampa.

L’Italia è sempre stata una nazione indecisa fra conservatori e reazionari, dove l’idea stessa di progressismo offende il senso comune. Se ne accorgerà Renzi quando e soprattutto deciderà (se deciderà) di chiedere l’approvazione di leggi sui diritti civili, dallo ius soli alle coppie di fatto. Roba che è già in vigore nel resto dell’Occidente da dieci, venti, trent’anni. La vittoria dei conservatori in Italia è la regola, quella dei progressisti un’eccezione, in genere fortuita e di breve respiro. Senza il fardello di un capo quasi ottuagenario e con un sacco di problemi giudiziari e con la guida affidata a un figlio, a una figlia, a un nipote e meglio ancora a un estraneo al mondo berlusconiano, oggi la destra vincerebbe a mani basse. Curzio Maltese. La Repubblica.

Di fronte a un pericolo non mi tiro mai indietro: mi faccio da parte. Roberto Gervaso. il Messaggero.