Gi.Fr., il Messaggero 19/2/2014, 19 febbraio 2014
NEL SOLO 2013 HANNO CHIUSO PER SEMPRE 372.000 AZIENDE
I NUMERI
ROMA Sono stati sei anni tremendi per le oltre 4 milioni di piccole imprese dell’artigianato, del commercio, dei servizi e del turismo che compongono l’ossatura del nostro sistema industriale. Anni in cui moltissime imprese hanno dovuto chiudere definitivamente i cancelli sotto i colpi della crisi economica più dura che si ricordi a partire dai tempi della rivoluzione industriale. Chi ce l’aveva fatta a superare il 2008 e il 2009 pensava di averla scampata. Ma per molti non è andata così. Ormai si viaggia ad un ritmo di mille imprese che chiudono al giorno. Nel solo 2013 hanno abbandonato per sempre il campo, inghiottite dalla crisi, quasi 372 mila aziende.
D’altronde la lettura dei dati macroeconomici di questi ultimi cinque anni è da brivido: abbiamo perso il 9% del Pil, la ricchezza pro-capite si è ridotta dell’11,1%, il valore aggiunto dell’industria è sceso del 19,5%, il potere d’acquisto è diminuito del 9,4% e così la spesa delle famiglie è stata tagliata del 7,9%.
Il conto nel mercato del lavoro è stato salatissimo. L’occupazione si è ridotta di oltre 1 milione di unità, la disoccupazione è raddoppiata, passando dal 6,4 al 12,7% (1,2 milioni di disoccupati in più), con i giovani vittime predilette: la disoccupazione under 25 ha ormai superato il 40%.
È una crisi mondiale, certo. Ma il sistema Italia sicuramente non ha aiutato. Mentre in altri Paesi (vedi Stati Uniti, da dove peraltro la crisi è partita) hanno arginato i danni con immissione di liquidità e agevolazioni alle imprese, da noi si è fatto contrario. Le banche hanno chiuso i rubinetti del credito. La pressione fiscale è arrivata a livelli record: quella “apparente” ha raggiunto il 44,3% del Pil, mentre la pressione fiscale “legale” (su ogni euro di Pil dichiarato) si aggira intorno al 54%; l’incidenza della tassazione sui profitti raggiunge il 66%, 20 punti in più rispetto alla media Ue. Secondo un sondaggio di Rete Imprese, 8 imprese su 10 sono convinte che la riforma della tassazione locale si trasformerà in un ulteriore aggravio di costi per le imprese, d’altronde solo per la nuova tassa rifiuti (TARI) si prevedono aumenti medi del 280%. Ma non sono solo le tasse a soffocare le imprese. A stringere ancor di più il cappio al collo del piccoli imprenditori è la burocrazia: 34 giornate lavorative per i soli adempimenti fiscali, 13 in più rispetto alla media dei paesi Ue, e un costo di oltre 30 miliardi l’anno (2 punti di Pil), ovvero circa settemila euro l’anno per azienda.
Gi.Fr.