Marinella Venegoni, La Stampa 19/2/2014, 19 febbraio 2014
DAL MODERNARIATO DI ARISA ALL’ELETTRONICO GUALAZZI LE PAGELLE
7 ½ - ARISA
LENTAMENTE
Lo strano incontro tra Arisa e l’autrice Cristina Donà si risolve in un rarefatto reperto di modernariato Anni ‘50, e qui Arisa interpreta benissimo lo spirito che contamina le epoche.
CONTROVENTO (PROMOSSA)
Più banalotta, ma più moderna e appiccicosa, abbraccia l’elettronica: però sempre nella prudenza dell’interprete che, abbandonati definitivamente certi simpatici atteggiamenti freak, sembra ormai mirare al mainstream più consolidato.
8 - FRANKIE HI-NRG
UN UOMO È VIVO
Il prototipo del rap italiano è ora un uomo, e cambia passo. Niente più proclami, ma sentimenti anche dolorosi, rielaborati con forza vitale nella casa ormai vuota dei genitori scomparsi, nella lucida «Un uomo è vivo» dove spunta pure un accenno di canto.
PEDALA (PROMOSSA)
Divertenti e acute le metafore tessute in reggae e con trombe messicane sulla bicicletta, i cui complessi meccanismi singoli o sinergici diventano fermata e movimento, come nella società. C’è un notevole lavoro chirurgico nel testo, sotto lo slogan così attuale: «L’hai voluta tu la bicicletta...» (e dunque pedala).
9 - ANTONELLA RUGGIERO
QUANDO BALLIAMO
Eterea e sempre un po’ irraggiungibile, da quella ferrea protagonista che è, la Ruggiero mostra una vocalità rinnovata che conquista anche i non adepti. Con atmosfere un po’ lente per le orecchie giovanili, venate di lieve malinconia, dipinge una idea tenera di consolidato amore agé che piacerebbe al Papa
DA LONTANO (promossa)
Il secondo pezzo è più un esercizio di stile, ma non si può rimanere indifferenti di fronte a tanta grazia, evidente frutto di studio e rigore immutati nei decenni.
7 - RAPHAEL GUALAZZI E BLOODY BEETROOTS
TANTO CI SEI
Inossidabile a un anno dal suo Sanremo importante ma poco compreso, Gualazzi arruffa le idee in un imprevisto confronto elettronico con il DJ da Bassano del Grappa buffamente mascherato come i Daft Punk, che entra felicemente a sconvolgere il suo mondo creativo. Diverte, e sorprende sempre, ma a colpi di citazioni. Gospel spruzzato di elettronica, il primo brano è Anni ‘60
LIBERI O NO (PROMOSSA)
Si balla finalmente in questo Festival un po’ mesto con ardore da discoteca felice degli Anni ‘80. Il vero Gualazzi, però, resta da scoprire (forse lo deve fare pure lui)
8 - CRISTIANO DE ANDRÉ
INVISIBILI
Cristiano non è un uomo facile, le inquietudini sono il suo pane quotidiano. Il convincimento con cui recita due «Invisibili» vite in bilico crea un incantesimo che tiene dietro a un testo dolcemente impegnativo; la magia si rompe solo per evocare la voce e la poetica paterna in un ritornello cantato in ligure, improvviso come un brivido.
Il CIELO è VUOTO
Talking song sempre in territorio maudit, con l’irruzione rabbiosa di un canto mai facile e prevedibile, al massimo con un briciolo di retorica. Ma la performance complessiva è certo la più apprezzabile e scompone dall’interno la prevedibilità di un Festival.
7 - PERTURBAZIONE
L’UNICA - L’ITALIA VISTA DAL BAR
Una ventata d’aria fresca e contemporanea in due brani pop che raccontano vite credibili di ragazzi di provincia. Alle prese con divertite avventure amorose, sghangherate o peccaminose; oppure chiusi nel cielo del bar, l’ultimo rifugio per irrequieti in un Paese di «Poeti, santi ed avventori», come cantano loro. Forse l’unica performance verace che ci racconta qualcosa di questi anni in cui viviamo, con ironia allegra, senza cercare rifugio in un altrove astratto, come fa chiunque altro al Sanremone.
5 ½ - GIUSI FERRERI
L’AMORE POSSIEDE IL BENE - TI PORTO A CENA CON ME
Periodo difficile per l’ex reginetta di X-Factor, che ha sofferto problemi alla voce in questi giorni, tanto da non aver provato sul palco lunedì. E tuttavia la vocalità roca, un po’ sguaiata e monocorde che le aveva fatto avere successo, prima di un lungo silenzio, si è ora trasformata, almeno in partenza dei due pezzi, con una modalità più raccolta e convincente, meno grezza, che deve però prima di tutti convincere lei. Due ballads, una romantica e furbescamente tradizionale, l’altra elettronica, con una ritmica a dir poco isterica.