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 2014  febbraio 19 Mercoledì calendario

MURGIA: “NELLA MIA SCONFITTA LIVORE E BUGIE DALLE DONNE”


Due giorni dopo le elezioni sarde a cui ha partecipato per la prima volta guidando una coalizione indipendentista (10,3% dei voti, terza dopo Pd e Forza Italia), Michela Murgia torna scrittrice. Oggi ricomincia a lavorare al romanzo bloccato sette mesi fa, quando decise di candidarsi.
Aveva detto chissenefrega dei romanzi...
«Non ho vinto, torno al mio mestiere. Dovrebbero farlo tutti».
E la politica?
«Continua. Il progetto prescinde dal mio mestiere, nulla andrà perso. È un inizio, non una fine».
Sente il peso del flop?
«Per l’aritmetica sì, per la politica no. In cinque anni il centrosinistra ha smarrito 65 mila voti, Cappellacci 165 mila. Noi sette mesi fa non esistevamo, siamo partiti in 300 e arrivati in 76 mila. Allora, chi ha perso?».
Però siete fuori dal Consiglio.
«È una delusione. Merito di una legge liberticida e incostituzionale che premia partitini con un decimo dei nostri voti purché si intruppino con Pd e Forza Italia. Nel sistema. La democrazia se la passa male».
Ha mai sperato di vincere?
«Siamo stati gli unici ad avere il coraggio di chiudere la campagna elettorale in piazza. Quella storica delle vittorie della sinistra. Davanti a tremila giovani tutto sembra possibile».
E i voti grillini?
«Ne abbiamo presi pochi. Il nostro non è elettorato di protesta, ma di opinione. Abbiamo cercato di portare la pancia verso la testa».
Rimpianti?
«Una parte degli elettori voleva sentirsi dire: tutti a casa. Ma io non sono l’Accabadora della politica sarda».
Tra cinque anni si ricandiderà?
«No. Se il nome da ricandidare fosse ancora il mio, sarebbe il nostro fallimento. La politica è piena di padri che hanno soffocato i figli in culla, non aggiungerò il mio nome alla lista».
Che cos’è l’indipendentismo per lei?
«E’ la funziona piena della responsabilità politica di sé».
Psicologica o istituzionale?
«Entrambe, l’una fonda l’altra. Il Pd sardo ha chiamato Renzi chiedendo cosa fare di Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie, che era bassa nei sondaggi. Questa è dipendenza».
Con un uomo al posto della Barracciu, il Pd l’avrebbe fatto lo stesso?
«Forse, ma non con quella logica disumana, da branco contro la preda ferita. Fuori lei perché indagata, dentro quattro indagati in lista. E tre eletti».
Anche lei ha subito la stessa logica?
«Non mi ci sono mai infilata».
Solo quattro elette su 60. Non è una politica per donne?
«Per una donna alle elezioni vale il paragone con Ginger e Fred. Ballavano entrambi, ma lei all’indietro e su tacchi alti. Eppure tutti si ricordavano di lui».
Che cosa l’ha colpita di più?
«Livore e menzogne. Le donne del Pd hanno idolatrato Daniela Santanchè, sempre antropologicamente vilipesa, solo perché mi attaccava in tv. La logica è: il nemico del mio nemico è il mio amico».
Che cosa vuol dire, per lei?
«Perdere di vista l’orizzonte di lotta».
Costa Concordia, poetessa, scrittrice radical chic celebrata fuori dalla Sardegna: quale l’ha più infastidita?
«Tutte. Sono figlia di popolo, ho alle spalle una vita da precaria, vivo in una delle vie più povere di Cabras. Essere tradotta in 21 lingue significa essere una notizia nel mondo. Dovremmo esserne fieri, noi vittime del concetto di periferia. Ma la legittimazione continentale è schizofrenica».
C’entra il maschilismo?
«Mi hanno tacciato di incompetenza. L’avrebbero detto anche se fossi stata professoressa come Pigliaru».
Pigliaru aveva già fatto l’assessore.
«Soru non aveva amministrato nemmeno un condominio, ma nessuno l’aveva attaccato per questo».
Amministrava una grande impresa con migliaia di persone.
«Un’impresa è un’organizzazione monarchica e gerarchica che persegue interessi particolari. E perché chi l’amministra deve essere giudicato automaticamente competente per la politica, per governare comunità di uguali nell’interesse generale, anche delle generazioni future? Non funziona».
Ha telefonato a Pigliaru?
«Gli ho fatto gli auguri in tv, ma non salgo sul carro del vincitore. Lo stimo come persona ma non condivido le sue idee: è liberista in un modo in cui non lo sono più neanche a Chicago».
Sarà un buon governatore?
«Non l’ho mai equiparato a Cappellacci. Ma è stato scelto da un partito che ha difeso scelte conservatrici e dipendentiste, dalle basi militari alle centrali a carbone».
Non potrà essere indipendente?
«Da domenica sera è prigioniero politico del Pd».