Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano 19/2/2014, 19 febbraio 2014
STOP AI TALK SHOW LA MESSA DI DON FABIO BATTE LA POLITICA
Matteo Renzi è telegenico sì, ma neanche poi tanto. E così la tivù politica italiana si ferma. Per una settimana, in onore e ossequio al rito laico della liturgia sanremese officiata da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. È un momento chiave per la politica, o così sembra. Non abbastanza però da disturbare i tributi deandreiani di Luciano Ligabue, le polemiche surreali su Rufus Wainwright e il sempiterno Festival della Canzone Italiana. I talk show di prima serata si fermano. Tutti o quasi. Ieri non è andato in onda Ballarò, che ha preferito anticipare a domenica: poco più del 12 per cento di share e l’ennesimo scontro con il Movimento 5 Stelle, per la presenza non autorizzata di un inconsapevolmente masochista Roberto Cotti. Al suo posto RaiTre ha trasmesso Il distinto gentiluomo, film minore con Eddie Murphy: perfetto per non erodere spettatori alla prima serata su RaiUno. Stop anche a Linea Gialla di Salvo Sottile, Le invasioni barbariche di Daria Bignardi e Servizio pubblico. Era già accaduto un anno fa e per Santoro fu una novità. Nell’ultima stagione in Rai, Annozero sparò il caso Ruby e - nonostante Roberto Benigni a Sanremo per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia - raggiunse il 14 per cento con 4 milioni di spettatori. Andrà invece avanti come nulla fosse La gabbia di Gianluigi Paragone, che stasera sfiderà non solo Sanremo ma pure gli ottavi di finale di Champions League tra Milan e Anderlecht. L’Italia è un paese che non prende sul serio nulla tranne il faceto, e in questo senso fermare larga parte dell’informazione – per giunta in un momento chiave – per ascoltare L’amore possiede il bene di Giusy Ferreri e Vivendo adesso di Francesco Renga è quasi logico. Fortuna che le eccezioni esistono e c’è chi – Enrico Mentana – prende tutti in contro-tempo sparando (ieri sera) una puntata speciale di Bersaglio Mobile: l’attualità, nonostante tutto e a rischio di farsi male.
L’EFFETTO d’insieme, una volta di più, è quello dei passeggeri del Titanic che continuano a ballare nonostante l’imminente inabissamento. La crisi economica, la formazione del governo, le promesse renziane e gli inutili idioti a destra e manca: la fredda cronaca. La dura realtà. Non troppo appassionante e ancor meno avvincente. Meglio parlare d’altro. Meglio assecondare il disimpegno, inseguendo una casa in collina senza però essere Cesare Pavese e dunque avendo al massimo la possibilità per un monolocale vista tangenziale. Mettersi contro Sanremo, in termini di ascolti, è un suicidio neanche troppo assistito: scelta logica, dunque, evitare lo scontro. È però curioso e forse sintomatico come lo spettacolo (peraltro presunto) del Festival di Sanremo offuschi lo spettacolo (peraltro desolante) della politique politicienne. Preferire i Perturbazione a Maurizio Lupi e Francesco Sarcina a Maria Elena Boschi, in fondo, è quasi involontariamente meritorio. La farsa dichiarata che offusca la tragedia farsesca. C’è pure un fenomeno di evidente semi-transustanziazione: il Crozza satirico che scompare da Ballarò per riapparire a Sanremo, chiara dimostrazione di uno spostamento di ribalta e attenzione. Il palco principale non è più il talk show politico, ma la messa laica di Don Fabio e Madamin Luciana. Non conta più sapere chi sarà il ministro dell’Economia; molto più rilevante scoprire se le canzoni di Giuliano Palma riusciranno a essere più brutte delle precedenti. Comunque vada, si parlerà di niente. Quindi di Sanremo.