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 2014  febbraio 19 Mercoledì calendario

L’INCANTATORE DI CINGHIALI E ALTRI VIP SCOUT


Il primo boy scout a Palazzo Chigi, Matteo Renzi, è l’ultimo erede di una lunga tradizione di lupetti di successo. Sul prossimo presidente del Consiglio esiste una vasta aneddotica e la micidiale fotografia in divisa resa pubblica dal settimanale Chi. L’immagine più preziosa l’ha regalata il candidato sindaco di Pontassieve (Firenze), Samuele Fabbrini: la giovane marmotta Matteo, appena ventenne, a capo di un gruppo perduto nel bosco, riuscì a tenere lontani i cinghiali suonando la chitarra. Ricorda lo stesso Fabbrini che nel repertorio c’era anche una lunga e non proprio accattivante versione de La Locomotiva di Francesco Guccini. Non sorprende che i suini selvatici se ne siano tenuti alla larga.
Renzi non è dovuto nemmeno passare per i palazzi romani, dove gli scout hanno goduto di una sostanziosa rappresentanza. Ex ministri di ogni estrazione e schieramento, come Ignazio La Russa, Giovanna Melandri, Giuseppe Fioroni e Corrado Passera. Prima di loro ebbe una breve esperienza nel governo Dini, come titolare della Pubblica Istruzione, l’ingegnere Giancarlo Lombardi. Imprenditore tessile, vicepresidente di Confindustria e Cavaliere del Lavoro; nella sua biografia Lombardi racconta di aver “fatto tutta la vita scout”: ingresso in Branco, promessa, maestro dei novizi, capo clan. Poi la presidenza dell’Agesci e oggi la direzione della rivista scout Servire. Di lui, si ricorda una sentenza perentoria e non proprio conciliante: “Gli omosessuali non possono far parte di un’organizzazione come i boy scout, per il bene dei nostri figli”.
ERA UNO SCOUT pure il tesoriere Luigi Lusi. La sua carriera in origine non è sbocciata tra i conti corrente della Margherita, ma tra le file dell’Agesci, di cui è stato alla guida nei primi anni ’90. Dice la regola numero 9 della Legge dei giovani esploratori: “Lo Scout è economo”. Dice invece Francesco Rutelli dell’ex tesoriere: “Era un boy scout, è diventato un ladro”. Sostiene infine Lusi, tra le altre cose, di aver dato 70 mila euro anche a Matteo Renzi: qui si chiude il cerchio dei lupetti della politica italiana. Uscendo dai palazzi, la lista è ancora lunga. Chissà se siano state le esperienze “nel branco” ad alimentare l’ipocondria di Carlo Verdone, il gusto del terrore di Dario Argento, il candore di Jovanotti e lo spirito abrasivo di Daniele Luttazzi (oltre ovviamente ai rispettivi talenti). Erano “giovani marmotte” l’inventore della Radio, Guglielmo Marconi e il primo uomo a metter piede sulla luna, l’astronauta Neil Armstrong. Negli Stati Uniti, gli ex presidenti Bill Clinton e George W. Bush. In Inghilterra, il Beatle Paul Mc Cartney e il chitarrista dei Rolling Stones, Keith Richards. Addirittura la regina Elisabetta II, quando era ancora principessa. Lupetti di lotta e di governo. In Italia ci accontentiamo dell’incantatore di cinghiali.