Andrea Laffranchi, Corriere della Sera 19/2/2014, 19 febbraio 2014
CASO GRILLO E DEBUTTO DA BRIVIDO A SANREMO VA IN SCENA LA PROTESTA
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI SANREMO — Debutto col brivido. Non per il sipario inceppato. Fazio supera l’incidente con una battuta: «Come inizio non c’è male». Non per la presenza di Beppe Grillo in sala che non si sa cosa combinerà. «Io sono qui per fare il mio lavoro: costruire lavorando con tante persone. Ma mi rendo conto che costruire è più difficile che distruggere», aveva detto il conduttore poco prima dal balconcino del Tg1.
Sono due dimostranti che minacciano di buttarsi dalla galleria il fuori programma della prima serata del Festival, edizione numero 64. Interrompono Fazio sul monologo introduttivo. Gridano, chiedono che il conduttore legga una loro lettera. «È un déjà vu», prova a stemperare lui con una battuta. Flash back. 1995: Pippo Baudo si lancia a fermare Pino Pagano, disoccupato che minaccia il suicidio. La tensione sale. Fazio prende la situazione in mano, «con aplomb» gli riconoscerà la Carrà, promette di dare spazio alle rivendicazioni a patto che i due tornino dietro la balaustra. Loro accettano e lui esaudirà il loro desiderio più avanti. Sono lavoratori del Consorzio di bacino delle provincie di Napoli e Caserta. Scrivono di non vedere lo stipendio da 16 mesi assieme ad altri 800 colleghi, di averne persi tre che si sono suicidati. «Restituiteci la nostra dignità», è il loro appello.
Il monologo di Fazio aveva come tema la bellezza, idea guida di questo Sanremo. Lo spunto è la frana che ha interrotto nelle settimane scorse la ferrovia ad Andora. «Davanti a questo si capisce quale è l’opera che cambierebbe la nostra vita: aggiustare l’Italia, ricucirla dove è rotta, ripararla. A fronte di questo il Ponte sullo Stretto è una cosa piccola. La bellezza non è un lusso ma qualcosa di quotidiano». Fazio porta il dramma dei due manifestanti nel monologo. «Loro reclamano il diritto al lavoro, non c’è nulla di più importante. Ma non dobbiamo fermarci. Siamo tutti chiamati a fare bene per non aggiungere altra rabbia e disperazione. La bellezza che abbiamo dentro deve uscire. Dobbiamo ricucire il Paese, averne più cura».
La bellezza, filo conduttore della serata. C’è quella della musica. Fabrizio De André ieri avrebbe compiuto 74 anni. Fazio scende in platea, prende la mano a Dori Ghezzi, la vedova, e lascia il palco a Ligabue che, con Mauro Pagani al bouzuki, interpreta «Crêuza de mä», canzone in dialetto genovese del grande Faber. Alla fine ci è cascato pure Ligabue, che tornerà sabato per la finale. Con il ritiro dalle scene di Guccini, rimane soltanto Francesco De Gregori a non aver mai messo piede al Festival.
È un Sanremo che oscilla fra la canzonetta festivaliera e il Club Tenco. Le due strade parallele della nostra musica si sono toccate ieri sera con Liga e i cantanti in gara e lo faranno ancora venerdì con la serata in cui ogni artista proporrà la propria rivisitazione di un classico d’autore. La bellezza è ovviamente anche quella di Laetitia Casta, di nuovo al Festival dopo l’esperienza, sempre con Fazio, nel 1999.
Lui si presenta in dolcevita nero «da esistenzialista francese». Lei con un vestito bomboniera che non le rende giustizia. Prova a conquistarla con «Ne Me Quitte Pas» e «Le foglie morte». Lei sorride ma non se lo fila, gli risponde (con quel sorriso le stecche sono perdonate) con «Meraviglioso» di Modugno. All’improvviso lei sparisce, lascia il posto alla Littizzetto che strapazza Fabio e lo seppellisce con un: «È inequivocabile... quella non te la dà». Laetitia torna in scena ed è festa su «Ma ‘ndo Hawaii», omaggio al Polvere di stelle con Alberto Sordi e Monica Vitti. Da duetto a trio, con Paolo Jannacci che presta a Fabio l’impermeabile del padre Enzo e li accompagna al piano per una trascinante «Silvano». «È un omaggio al varietà, un vero “numero”, un modo subliminale per ricordare i 60 anni della televisione insieme», aveva annunciato il conduttore.
Gara messa in un angolo. Dopo un’ora e mezza si sono esibiti soltanto Arisa, Frankie Hi Nrg e Antonella Ruggiero. Fuori una canzone delle due presentate. Anche per Gualazzi e Bloody Beetroots, Cristiano De André, Perturbazione e Giusy Ferreri. Gli altri sette si esibiranno questa sera.
Canzoni non indimenticabili. E allora emergono gli ospiti. Raffaella Carrà scatenatissima e travolgente (e imitata dalla Littizzetto) fra dance e appelli per la liberazione dei marò. Fazio finisce addirittura in lacrime quando Yusuf Cat Stevens canta «Father and Son» e strappa l’ovazione del pubblico.
Luciana Littizzetto fa Luciana Littizzetto. Nessuna trovata, ma si ride. Si presenta in stile Bluebell con piume e ballerine. Legge una letterina a Sanremo (come l’anno scorso), tira in ballo Letta, Renzi e papa Francesco, gioca a fare le rime con i cognomi dei cantanti. Ma quando si arriva a Gualazzi e Baglioni, Fabio la ferma. Compito facile, questo.