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 2014  febbraio 19 Mercoledì calendario

IL COMIZIO SUL TAPPETO ROSSO POI TRA IL PUBBLICO CON IL FIGLIO


DA UNO DEI NOSTRI INVIATI SANREMO — Meglio l’Ariston del Quirinale. Il Grande Contestatore lo aveva annunciato e sceglie il tappeto rosso di Sanremo 2014 come palcoscenico. Beppe Grillo è l’ospite a costo zero che nessuno voleva. Arriva e fa quello che ci si aspetta da lui: il Festival del Comizio fuori dal teatro Ariston. La Rai è il suo primo obbiettivo, ma poi pian piano arriva a Berlusconi e De Benedetti, a Verdini e Renzi.
«Cos’è il servizio pubblico? È questo? La Rai ha 13 mila dipendenti, costa 1 miliardo e 700 milioni, ma dà 1 miliardo e 400 in appalti esterni. La Rai è la maggiore responsabile del disastro politico ed economico di questo Paese. Dobbiamo riprenderci il servizio pubblico senza partiti e senza pubblicità».
Se la prende con il direttore generale della tv pubblica: «Gubitosi ha portato le perdite dell’azienda da 200 a 400 milioni, ha fatto un buco doppio di quando è entrato. E ora dove andrà all’Eni, all’Enel, magari con 4,5 milioni di buonuscita? È questa la Rai che volete?».
Accusa il direttore di Rai1 Giancarlo Leone che aveva annunciato che per la prima volta la raccolta pubblicitaria aveva superato i costi del Festival («è una menzogna, perché si è azzerata la raccolta negli altri programmi»). Aggiunge: «Tutto questo avviene con i soldi vostri, pagati con il canone. Allora andate a casa ed appendetevi per i piedi perché questo è un Paese al contrario. O vi rovesciate o non capirete niente».
Alla fine Grillo-Godot è arrivato per davvero, la sua barba da guru, l’occhio pallato delle migliori occasioni, quando il suo comizio tende al tribunalizio spinto il suo volto si trasforma in maschera di commedia dell’arte. Tra un’invettiva e l’altra invoca qualcosa da bere: «Il mio regno per un bicchier d’acqua!».
Con Fazio è acido come quando lo definisce «stuoino del pdmenoelle»: «È una persona perbene, semplice, non dice parolacce, però non è un giornalista, è un programmista-regista che viene pagato 5,5 milioni di euro più 600 mila per Sanremo e poi si prende i suoi registi, i suoi autori». Dice che il Festival di Sanremo è il vuoto per antonomasia, anche se il politico dal passato comico approfitta proprio di questo palcoscenico per ottenere il massimo della visibilità.
Arriva a Renzi: «È il vuoto assoluto, un cartone animato, anzi un cartone inanimato nelle mani di De Benedetti. Berlusconi e De Benedetti si stanno dividendo il Paese. De Benedetti è uno che prende sovvenzioni e poi molla i debiti. Berlusconi è uno mandato via a calci nel sedere dal Senato ed è arrivato scortato al Quirinale dai corazzieri». Ancora: «Questo è un Paese dove la legge elettorale la fanno in tre: un pregiudicato, un mezzo pregiudicato e Verdini».
Sembra Steve Jobs. L’inglese stay hungry , diventa «siate curiosi». Siate curiosi perché lui non parla per sé: «Non sono né candidato né candidabile» ma lancia la volata al presidente della Vigilanza Roberto Fico: «Ha rinunciato allo stipendio da 24 mila euro che gli spettava, all’auto blu, ai 4 mila euro di diaria. Aveva a bilancio 30 mila euro e ha speso solo 138 euro e forse ci ha fatto pure la cresta».
Questo era il fuori. Il dentro è alla fila 19, posti 20 e 21 (uno è per suo figlio), fino alle dieci di sera quando decide che è il momento di andarsene. Durante la prima interruzione pubblicitaria c’era stato anche uno scambio di battute con Fazio. «Appena siamo in onda arrivo!», la minaccia scherzosa del leader M5S. «Ti ci metti pure tu? Ma ormai ti hanno superato». Ancora: «Parlami in diretta». E il conduttore: «Ora fatemi fare il Festival, altrimenti faccio Ballarò».
L’arrivo di Grillo era stata una caccia a guardie e ladri per le vie di Sanremo, tutti in ostaggio per circa un’ora, tutti a capire cosa sarebbe successo, da dove sarebbe arrivato, truppe cammellate di giornalisti all’assalto: al primo accenno di passo svelto di un collega tutti partono come centometristi alle Olimpiadi. Grillo viene spinto in una nuvola di tv fin sotto l’Ariston, fa il suo show a uso telecamere e all’entrata assicura: «Che cosa vuole che faccia? Non sono un disperato. Non sono mica Cavallo Pazzo». In effetti i Cavalli Pazzi erano due ed erano già dentro.