Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 19 Mercoledì calendario

LA TRANS CHE RISCRIVE I GENERI «COSÌ FACEBOOK È PIÙ GIUSTO»


Ci sono voluti nove mesi più una vita intera a far nascere Brie Harrison, informatica a Facebook, un velo di rossetto sulle labbra e i lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, giovedì Brie è stata il volto (e una delle menti) delle nuove «opzioni per il genere» del sito. Il social network fondato da Mark Zuckerberg ha infatti aggiunto ai profili dei suoi utenti più di 50 modi per definirsi, oltre ai tradizionali «uomo» e «donna», e tre pronomi con cui si può venire indicati: «lei», «lui», «loro» (quest’ultimo per chi rifiuta di riconoscersi come maschio o femmina). Ognuno dei 159 milioni di utenti americani — e per adesso soltanto loro — potrà scegliere quello che lo descrive meglio. Brie ha cambiato l’indicazione sulla sua pagina da «donna» a «donna trans».
Nata uomo, fino a marzo si chiamava Gabriel e, come mostrano le foto con la bella moglie Yuki, metteva in mostra un taglio a spazzola e un’ombra di baffi sul viso: «Sebbene abbia iniziato la mia transizione negli ultimi nove mesi, mi ci è voluta una vita per arrivarci», ha scritto sull’Huffington Post Gay Voices , presentando il nuovo progetto. «Ho iniziato il mio cambiamento quando sono arrivata a Facebook e mi sono ripromessa che non avrei mai più nascosto chi sono. Ad essere sincera ero terrorizzata. E invece in questa azienda ho ricevuto così tanto sostegno che è al contempo toccante ed entusiasmante. Ma soprattutto mi è stata data l’opportunità di fare qualcosa per gli altri e di aiutare a evitare che persone come me soffrano in silenzio per la maggior parte della loro esistenza».
Le nuove definizioni per il genere (da «fluido», a transgender, a intersex — cioè chi ha le caratteristiche biologiche di entrambi i sessi) ne sono il risultato più grande. Criticate da chi ritiene che i generi siano soltanto due, maschio o femmina, sono state elaborate con la consulenza di associazioni gay, lesbiche e trans e salutate con favore dal movimento transgender (solo negli Usa, si stima siano circa 700 mila le persone che non si identificano nel loro sesso biologico). «Per un sacco di gente non significheranno niente, ma per i pochi che ne sono toccati personalmente, vogliono dire tutto», ha spiegato Brie Harrison giovedì. «Io sono una di quelle persone che hanno vissuto la propria vita senza poter rientrare nella definizione binaria di “tradizionalmente maschio” o “tradizionalmente femmina”», ha aggiunto. All’inizio anche per lei è stato difficile capire: «Sapevo di essere diversa fin dalla più tenera età», ha ammesso, «ma non c’era nessuno con cui mi potessi confidare o che mi aiutasse a capire me stessa». Neppure i suoi genitori, nonostante l’amore e le cure che le dimostravano: «Non era una cosa di cui sarebbero mai stati pronti a parlare». Brie aveva paura: «Ho sempre temuto che non sarebbero più potuti essere fieri di me se avessero saputo chi ero veramente», ha scritto sull’Huffington Post . Disorientata, ha abbandonato la scuola quando era ancora alle superiori e ha iniziato una lunga schiera di lavoretti nei fast food. Oggi su Facebook c’è chi le ha confessato di aver fatto la fila in qualche pizzeria a buon mercato solo per poterle parlare, perché all’epoca aveva una cotta per «lui».
Brie, però, non è rimasta a lungo dietro a una cassa. Appassionata di computer fin da quando, ai tempi della scuola, le regalarono un Commodore Amiga, ha imparato a programmare da autodidatta. Poi nel ’99 ha accettato il consiglio di alcuni amici e ha cercato un impiego in un’azienda informatica di San Francisco: «Con mia grande sorpresa, mi hanno assunta. Ho giurato di non sprecare quell’opportunità e ho speso fino all’ultimo spicciolo per comprare libri di informatica e assicurami di poter fare il lavoro per cui mi avevano presa». Le è riuscito talmente bene che è passata da Google a Netflix a Facebook, dove oggi ha un ruolo riservato di solito agli ingegneri informatici. Poi, come nel lavoro, anche nella vita si è fatta da sola: «Mentre andavo avanti nella carriera, ho iniziato a capire chi ero come persona». Oggi finalmente sul suo profilo Facebook, visibile unicamente agli «amici», c’è quella nuova casella: «Donna trans». Solo l’età, da vera signora, è nascosta.