Tiziana Barillà, Left 15/2/2014, 15 febbraio 2014
TUTTI VOGLIONO ALEXIS
Modi pacati, passo deciso, voce bassa, sguardo magnetico. Alexis-Tsipras ci viene incontro nella hall di un albergo romano dopo un’intensa mattinata di lavoro. Ha appena tolto le cuffie della traduzione, al termine di una conferenza della Sinistra europea, di cui è vicepresidente. Ci chiede qualche minuto per sciacquarsi la faccia e indossare una giacca, prima dell’intervista. Da qualche tempo non fa che incontrare leader politici in tutta Europa, perché lui è il candidato della sinistra radicale alla presidenza della Commissione Ue: l’uomo che viene dalla Grecia, il leader di Syriza che si candida «per cambiare l’Europa». Picchia duro contro le politiche di austerità della Cancelliera Angela Merkel, mentre al suo rivale nella corsa per Bruxelles, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz, riserva un duro rimprovero: «Ha condiviso e votato tutte le decisioni che ci hanno portato fin qui». Ma lascia le porte aperte per le «alleanze», perché «gli uomini possono cambiare».
È di Sinistra, l’Europa di Tsipras. E per costruirla ha chiara la strada: ridurre la forbice tra Nord e Sud. Mettendo fine all’austerità, senza abbandonare la moneta unica. Tsipras vuole un’Europa più unita, ma la situazione politica nei Paesi della Ue non è omogenea, il francese Hollande sceglie l’austerity e in Germania come in Italia i partiti progressisti sono al governo insieme alla destra. Mentre ancora più a sinistra, in tutto il Continente, crescono “blocchi” contrari all’austerity. In Italia, invece, c’è il caos di Grillo e una sinistra divisa. Qui uno come lui servirebbe davvero, e sono in tanti a tirarlo per la giacca. Ma la giacca di Tsipras è solo una. Per questo, nella costruzione della lista italiana per le Europee di maggio, lanciata da 7 intellettuali, la figura del leader greco sarà determinante per mettere d’accordo il litigioso arcipelago della sinistra radicale. E anche dal Pd arriva qualche consenso: da Pippo Civati a Stefano Fassina passando per Nicola Zingaretti. Insomma il leader greco in Italia viene accolto come una star. Eppure non è una star. Anzi, sorride imbarazzato quando gli spieghiamo il gioco di parole nella copertina dello scorso numero di left: “Il bello della sinistra”. Perché Alexis Tsipras è più a suo agio se non parla di se stesso, ma di politica.
Alexis Tsipras, l’Europa ormai è sinonimo di austerità e liberismo. Bruxelles ha un controllo molto stringente sulle politiche economiche degli Stati e impone tagli al welfare, riduzione della spesa, privatizzazioni, precarietà. Mentre cresce la forbice tra Sud e Nord Europa. Come uscire da questa crisi?
È necessario capire che nessuno può affrontare la crisi da solo. Dobbiamo unirci uno, due, tre, quattro Paesi insieme per rinegoziare radicalmente i patti. Altrimenti non si troverà una soluzione per questa crisi.
Non solo austerità. In Francia c’è delusione per la virata a destra del socialista Hollande, mentre cresce l’estremismo Marine Le Pen; in Spagna si torna indietro anche sul piano dei diritti civili con le riforme di Rajoy; mentre in Germania regna ancora Angela Merkel. Intanto il malcontento tra gli europei cresce. Come evitare che questo spazio venga cavalcato dalle destre antieuropeiste?
La situazione è molto preoccupante. Lo abbiamo visto bene in Grecia dove un’organizzazione criminale e nazista come Alba dorata ha aumentato tantissimo le sue percentuali. Credo che l’Europa si trovi in una situazione analoga a quella degli anni Trenta, solo che allora non c’erano i memorandum e la troika... però anche allora molte decisioni erano prese dal Cancelliere tedesco. Le politiche adottate dopo la crisi del ‘29 hanno portato alla nascita di fenomeni di antipolitica, come accade oggi. Una cosa è certa: se in Europa i neoliberisti insieme ai socialdemocratici continueranno ad applicare queste politiche di austerità, l’estrema destra continuerà a crescere.
Neoliberisti e socialdemocratici insieme. Come in Italia con il governo di larghe intese o in Germania con la Grosse koalition. È possibile un dialogo con il Pse di Schulz? Ci sono margini di alleanza?
Ho molta simpatia per Schulz, ma in tutti questi anni ha avuto incarichi di grande responsabilità, e ha condiviso e votato tutte le decisioni che ci hanno portati fin qui. Non scordo che quando c’erano le elezioni politiche in Grecia, Schulz ha fatto un viaggio per parlare con tutti i partiti, facendosi portatore dello stesso ricatto di Angela Merkel contro noi greci. Schulz in questo momento rappresenta la strada senza uscita della socialdemocrazia europea, quella che segue il modello della destra. Ma gli uomini cambiano, e noi speriamo che lui cambi.
Veniamo all’Italia. La sinistra qui e molto frantumata, e sono tante le forze che la sostengono, da Sel a Rifondazione, passando per gli intellettuali. Si riuscirà a fare una sola lista, e solida? Che idea si è fatto in questi giorni?
Questo viaggio in Italia per me è una sorpresa. Qui la sinistra sociale ha tutte le carte in regola per costruire un nuovo soggetto, innovativo. Certo, c’è una base ferita dalle scelte che hanno fatto i partiti di sinistra negli ultimi anni e dalle loro divisioni. Forse anche per questo che nella loro immaginazione credono che Syriza sia un mito...
Beh, modestia a parte... la sua Syriza è riuscita a fare ciò che in Italia sembra impossibile: l’unità. In Grecia avete coalizzato numorosi partiti in un solo blocco e negli ultimi sondaggi siete il primo partito del paese. Qual è il segreto del vostro successo?
Il percorso di Syriza negli ultimi anni è stato eccezionale. Si è basato su due elementi. Primo: fare un passo indietro sulle divergenze; secondo: fare tanti passi avanti, insieme, uniti. Syriza è stata molto coerente sull’obiettivo: dar vita a una sinistra di governo, senza andare verso la socialdemocrazia.
Qualche "malalingua" sostiene che adesso, sotto il peso del 30 per cento il suo atteggiamento cambierà... (sorride) Quello che deve cambiare è l’Europa. Non voglio indossare i costume che mettono Barroso, Monti, Letta, per fare le stesse cose che hanno fatto loro. Se lo facessi sarei anch’io un prodotto sostituibile come lo sono stati loro. Non bisogna metterla sul piano personale, ma sul livello delle politiche che hanno praticato: la loro politica ha fallito e ci ha portati al disastro. E allora dobbiamo cambiare le persone, la confezione, ma anche il contenuto di questa confezione.
Quindi un’Europa di sinistra è possibile?
Noi, la sinistra radicale, rappresentiamo l’unica soluzione possibile, che vuole cambiare l’Europa e non dissolverla. Prima o poi, anche facendo delle alleanze, riusciremo a centrare il nostro obiettivo strategico. O noi diventeremo il prossimo governo politico dell’Europa o anche i nostri avversari dovranno sposare le nostre posizioni.
Lei ha 39 anni. Sa che in Italia è considerato un “giovanissimo”? Qui vivrebbe ancora con mamma e papà, probabilmente.
Anche in Grecia, probabilmente. Ma c’è da dire che in Grecia viviamo una situazione mai vista prima; il 70 per cento dei giovani è disoccupato, centinaia di migliaia di loro sono già emigrati all’estero. Anche in Italia una grande percentuale dei giovani che lavora ha un contratto precario. Per questo a 35 o 40 anni vivono ancora nella loro “cameretta”. Per me, che appartengo a questa generazione, quella colpita dalla crisi, è molto più facile parlare con loro. E dirò loro: la vostra generazione rovescerà il misero presente che viviamo in Europa. La nuova generazione non deve accettare di vivere peggio di quelle precedenti.
All’incontro del Teatro Valle ha parafrasato Gramsci, invitando la sinistra italiana a praticare l’«ottimismo della ragione e anche quello della volontà». Ma ai tempi di Gramsci era chiaro da che parte stava la sinistra. Cosa vuol dire, invece, essere di sinistra al tempo di Tsipras?
(sorride ancora) Dobbiamo capire che ogni periodo ha le sue circostanze particolari. In questa fase si costruisce una nuova coscienza culturale. La nuova generazione europea si radicalizza, anche se non ha una coscienza o non ha ancora capito di stare a sinistra. Resta il fatto che ciò avviene lo stesso. E noi dobbiamo esserne contenti perché è un’occasione per fare egemonia tra i giovani. Non è indispensabile una loro partecipazione nei partiti di sinistra, basta che si comportino e si attivino come persone di sinistra. Con loro oggi abbiamo il dovere di costruire una nuova identità per una sinistra del XXI secolo.
Grazie.
Grazie a voi.