Maria Volpe, Corriere della Sera 19/2/2014, 19 febbraio 2014
Altro che Beppe Grillo. L’ex comico è seduto lì tranquillo in platea. Tutt’attorno il delirio, nell’apertura della prima serata del Festival
Altro che Beppe Grillo. L’ex comico è seduto lì tranquillo in platea. Tutt’attorno il delirio, nell’apertura della prima serata del Festival. Imprevisto numero uno: la scenografia — carica di significati, e legata concettualmente all’apertura del Festival dedicato alla «Grande bellezza» — non si alza. Lì bloccata. Nero. Fazio entra e con grande lucidità rompe l’imbarazzo di un inizio certo non previsto. Il tempo di riprendersi e via con il secondo imprevisto: urla di due disoccupati, letteralmente appesi in alto alla galleria. Minacciano di buttarsi giù, di uccidersi. Chiedono venga letta la loro lettera alle istituzioni. «Sono lavoratori di Pompei, Napoli e Caserta — ha spiegato Fabio Fazio quando, dopo alcuni momenti di grande concitazione, è tornata la calma — che hanno problemi di lavoro e reclamano il diritto alla loro dignità. Non c’è niente di più importante di questo». Vedere quella scena e ripensare a Cavallo Pazzo è stato tutt’uno. Ma scavando nella memoria, la storia del Festival di Sanremo è piena di questi imprevisti, specie legati al mondo del lavoro. Molti dei quali per gestiti da Baudo. Nel 1984, Pippo fece salire sul palco dell’Ariston i lavoratori dell’Italsider che si erano schierati davanti al teatro per protestare contro i licenziamenti previsti. È del 1995 invece l’aspirante suicida che minaccia di gettarsi dalla galleria del Teatro Ariston. L’uomo — Pino Pagano — vuole assolutamente parlare con Pippo, che accetta: Baudo — con grande senso dello spettacolo — si fa largo tra la folla e forze dell’ordine, lo abbraccia, lo rassicura. L’aspirante suicida chiede persino un bacio. Il dramma si fa commedia fra gli applausi. Un anno dopo Pagano dichiara: «Mi hanno pagato 25 milioni per la messa in scena». Il dubbio resta. È del ’92 invece la memorabile scena di Cavallo Pazzo, al secolo Mario Appignani: sale sul palco, interrompe con un approccio quasi fisico Baudo che sta presentando. L’uomo grida: «Questo Festival è truccato e lo vince Fausto Leali» (che poi arrivò nono). Né aspiranti suicidi, né cavalli pazzi, gli orchestrali che nel 2010, durante il Festival condotto da Antonella Clerici, protestarono in maniera piuttosto accesa. È la serata finale del 20 febbraio: c’è la proclamazione dei tre finalisti (Valerio Scanu; Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore Luca Canonici; Marco Mengoni). Il pubblico in sala grida slogan contro il meccanismo di selezione del vincitore, e gli orchestrali, che avevano anche svolto il ruolo di giuria, all’annuncio della non ammissione alla finalissima delle canzoni interpretate da Malika Ayane, Simone Cristicchi e Noemi, gridano, accartocciano gli spartiti e li buttano in aria per dimostrare il proprio disaccordo e la propria rabbia. Tramite il maestro Marco Sabiu chiedono di rendere pubblico il proprio voto, circostanza non contemplata però dal regolamento. Ci metterà un po’ di tempo e tanta pazienza, la Clerici a riportare la calma. Se pensiamo a dissensi manifesti, impossibile non ricordare le vivaci proteste nel 2012 di spettatori dell’Ariston contro l’esibizione di Adriano Celentano, e lo scorso anno contro le gag di Maurizio Crozza. Ma alla fine lo spettacolo continua. Sempre. Maria Volpe