Valerio Rosa, l’Unità 18/2/2014, 18 febbraio 2014
SANREMO TRA GRILLO E I PAPABOY
CHE COSA FARÀ BEPPE GRILLO? ASSISTERÀ BUONO BUONO ALLO SPETTACOLO, avendo regolarmente acquistato un biglietto, oppure farà irruzione su quel palco da cui, nel suo passato da comico, lanciava terrificanti intemerate contro cantanti, politici e giornalisti? Il dubbio, va da sé, agita la conferenza stampa di presentazione del Festival di Sanremo, che, puntuale come le tasse, inaugura stasera la sua sessantaquattresima edizione.
Ansie che il direttore di Rai Uno, Giancarlo Leone, si incarica di attenuare: «Se Grillo verrà a vedere il Festival ci farà piacere. Tutto quello che accadrà fuori dal Teatro Ariston non ci riguarda. Essendo lui oltre che leader politico uomo di spettacolo, non abbiamo preso in considerazione l’eventualità di una interruzione da parte sua». E ancora: «Non abbiamo pensato a nessuna misura eccezionale. Lui conosce le regole del gioco».
Anche Fazio ostenta serenità, negando il rischio di un blitz, ma è difficile immaginare che Grillo si scomodi soltanto per ascoltare i gorgheggi di Arisa e i doppi sensi di Luciana Littizzetto. Ad ogni modo, Sanremo è anche questo, o forse soprattutto questo. L’antica denominazione di «Festival della canzone italiana» è oggettivamente esagerata, e dal suicidio di Tenco, poco rispondente alla realtà dei fatti: richiama alla memoria l’epoca (e l’epica) del Santo Monopolio, del bianco e nero della nostra infanzia, di una musica popolare al passo coi tempi, che a Sanremo offriva davvero il meglio di sé. Oggi è l’ultimo residuo della vecchia televisione ecumenica, uno spettacolo che si segue con affetto ma senza illusioni, un’autoreferenziale passerella neomelodica imbolsita in una perenne e ostinata celebrazione dell’ammore. E la modestia della proposta musicale rende necessario trovate, polemiche, alzate d’ingegno che travalichino gli angusti limiti delle, canzonette, degradate a fastidiosi orpelli su cui abbattere, come vuole la moda, la mannaia del televoto.
GLI ESPERIMENTI DI GALVANI
Vengono in mente gli esperimenti di Galvani sui cadaveri delle rane: il Festival ha bisogno, pena lo sbadiglio e il ricorso al telecomando, delle scosse elettriche dei disoccupati che tentano il suicidio, dei cantanti esclusi dalla gara che presentano ricorso, dei furbi e dei mattoidi in cerca di pubblicità. Ben vengano, allora, anche i redivivi Papaboys. Ne avevamo perse le tracce, immaginando che il sorriso tollerante di papa Francesco li avesse inibiti e mortificati, smascherando l’antistoricità delle loro pretese. Macché. Quell’empio progressista di Fazio, di certo ispirato dal Maligno, ha osato invitare al Festival il noto peccatore Rufus Wainwright, omosessuale dichiarato, marito di un uomo, padre adottivo di una bambina e autore, ormai dieci anni fa, di un brano che preconizza l’avvento di un messia gay. Inammissibile, sostengono questi cristianissimi soldati della fede, che la religione e la sua rigida morale vengano offese dalla presenza di una creatura così immonda. Ed eccoli, allora, proprio nell’anniversario del martirio di Giordano Bruno, a inscenare un picchetto davanti alla sede Rai di Viale Mazzini «per chiedere l’intervento o le dimissioni dei vertici Rai, in primis della presidente Tarantola (che si dichiara cattolica, ma permette che si trasmetta dalla tv pubblica blasfemia) e del direttore Gubitosi». Dello stesso tenore le prese di posizione dei Templari di San Bernardo (non stiamo scherzando) e del movimento Militia Christi. Apriti cielo, verrebbe da dire. E pazienza se il Papa abbia dichiarato: “Chi sono io per giudicare un gay?”. E chi siamo noi per giudicare un papaboy?
Dai riscontri dell’audience si vedrà se l’invito a boicottare il Festival avrà avuto un seguito. Viene quasi voglia di occuparsi della gara. La prima a cantare sarà Arisa, seguita da Frankie Hi Nrg, Antonella Ruggiero, Raphael Gualazzi con Bloody Beetroots, Cristiano De André, i Perturbazione, Giusy Ferreri. Ogni artista presenterà due brani: uno verrà subito eliminato, l’altro proseguirà fino a sabato. Una formula che l’anno scorso non è bastata a rimettere la musica al centro della kermesse: per raggiungere un obiettivo del genere, ci vorrebbero belle canzoni, ma è una battaglia persa. Domani toccherà, secondo l’ordine di uscita, a Francesco Renga, Giuliano Palma, Noemi, Renzo Rubino, Ron, Riccardo Sinigallia, Francesco Sarcina. I bookmakers puntano su Renga, Noemi e Arisa. Curiosità per gli ospiti di stasera: Laetitia Casta, Raffaella Carrà, Yusuf Islam - Cat Stevens, Ligabue in un omaggio a Fabrizio De André, che oggi avrebbe compiuto 74 anni e che stasera, speriamo, abbia altro da fare.