Fulvio Abbate, Il Fatto Quotidiano 18/2/2014, 18 febbraio 2014
DIPARTIMENTO AUDITEL: ECCO IL VERO APPROFONDIMENTO
D’improvviso, pochi giorni fa, esattamente come nelle epifanie (le rivelazioni magico-poetiche cui ampiamente accenna lo scrittore Joyce) mi sono accorto dell’immensa telegenica presenza dunque del talento di Silvia Motta, volto, viso, occhi e ombretto di “Tv Talk” (Rai 3), la stessa persona che ogni mattina come petali sparge le cifre dell’Auditel ad “Agorà” (sempre Rai3), le offre infatti a un concitato Gerardo Greco, a lui che le passa puntualmente, crudelmente la linea all’acme del serpentone dei titoli di coda, eppure Silvia Motta, imperturbabile, inarrivabile, li pronuncia al centro del mandala della tassonomia televisiva.
Grani dell’ideale rosario delle cifre del fronte dei format, dei tg. Poi, a lavoro finito, Silvia Motta fa ritorno al suo pensatoio di analista, di entomologa del pianeta televisivo, o almeno così c’è da immaginarla, ancora lei, con il suo turbante, il suo foulard, il suo trucco che è puro tocco d’art déco, i suoi occhiali da soprano eppure invisibili sul viso, gli orecchini come gong finale, lei esattamente così. Ora che ci penso, sullo sfondo di nuvole della meteorologia politica ed epocale del chromakey, come titoli di coda di “Via col vento” o, perché no, di “Fedora”.
C’È STATO un tempo in cui facendo caso al compito apparentemente formale, burocratico, doxastico di Silvia Motta ti veniva in mente il separato mondo della televisione “di servizio”, cose tipo il disciolto Dipartimento scuola educazione, poi Videosapere e infine Educational, una sorta di programmazione separata, simile a un foglio di carta uso bollo, modulistica pro-forma delle reti che nessuno guarda, che tutti subiscono, messa lì per obbligo ministeriale, come la pubblicazione di leggi e decreti sulla “Gazzetta ufficiale”. Poi, come in un sortilegio che non è il caso di approfondire perché ci metterebbe di fronte al frontespizio del Libro nero della televisione, tutto è cambiato. Assodato l’orrore, gli analisti come Silvia Motta agli occhi di molti sono diventati doni del cielo dell’approfondimento e della liberazione, proprio come i ranger Usa che con i loro Sherman si facevano strada nelle cittadine del nostro Sud riportando la libertà, non per nulla “Tv Talk”, il pensatoio, l’ufficio studi, l’annona del flusso mediatico di Massimo Bernardini, dove appunto Silvia Motta troneggia come volto davvero mitologico, meglio, mitopoietico, è diventata una necessità, una valvola di sfogo del raziocinio sulla forza bruta e banale dell’oggetto indagato.
Con la sola forza delle cifre, la compitezza venusiana di chi crede che sia cosa buona e giusta, e soprattutto seria, setacciare palmo a palmo la tundra televisiva, e ancora le suggestioni del suo viso da sfidante di Valentina Cortese, fra telefoni bianchi e Perla di Labuan ed esotismo felliniano, nella Mompracem del servizio pubblico e non solo, sempre lì Silvia Motta riesce a consegnare a me spettatore ormai licantropo la sensazione del bisturi che rende giustizia d’ogni abominio mediatico.
@fulvioabbate