Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 18/2/2014, 18 febbraio 2014
LA MAUGERI ERA ABITUATA A PAGARE I POLITICI PER I FAVORI
L’aggettivo rimbomba nella piccola, affollata aula al settimo piano del palazzo di giustizia: è «inquietante» il comportamento di Formigoni, dice il pm Pedio sottolineando e quasi scandendo la parola prima di chiedere al giudice il rinvio a giudizio dell’ex presidente della Regione Lombardia e di altre 11 persone nella vicenda delle mazzette Maugeri-San Raffaele.
L’attuale presidente della commissione agricoltura del Senato, uno dei leader del Ncd di Angelino Alfano, rischia di essere processato come promotore di una associazione per delinquere finalizzata alla corruzione che gli avrebbe permesso di ottenere benefit per oltre 8 milioni di euro dal faccendiere Pierangelo Daccó (anche lui a processo, condannato in appello a 9 anni per il crac San Raffaele) a fronte di provvedimenti regionali che avrebbero garantito, tra il tra il 1997 e il 2011, finanziamenti alle strutture sanitarie private Fondazione Maugeri di Pavia (200 milioni) e San Raffaele di Milano (400) «anche in assenza delle condizioni di legge».
Parlano per ore i pubblici ministeri Laura Pedio e Antonio Pastore nell’udienza preliminare in corso a Milano. «La Fondazione Maugeri era avezza a pagare i politici per ottenere favori e vantaggi» aggiunge Pedio. Così come lo era il San Raffaele di Don Luigi Verzè e Mario Cal, che se non fossero deceduti (il secondo si è suicidato) si troverebbero anche loro tra gli imputati. La Procura delinea «tre flussi finanziari»: il primo di oltre 80 milioni che negli anni escono dalle Fondazioni Maugeri (72 circa) e San Raffaele (9) di cui una settantina entrano nei conti di Daccò (61,5 dalla Maugeri) e dell’altro mediatore Antonio Simone; un secondo di 8 milioni che esce da Daccò-Simone e finisce a Formigoni sotto forma dell’uso esclusivo di tre yacht (calcolato in 4,6 milioni) e lo «sconto» (1,5 milioni) rispetto al prezzo di mercato per l’acquisto di una villa in Sardegna «con l’interposizione di Alberto Perego, persona di fiducia e convivente di Formigoni nell’associazione religiosa dei Memores Domini», imputato anche lui. Poi ci sono le cinque vacanze ai Caraibi, in Brasile, Argentina e Patagonia (638.000 franchi svizzeri e 86.000 dollari) di cui ha beneficiato tra il 2006 e il 2011 e i 600.000 euro «per finanziare la campagna di Formigoni» nelle regionali 2010 e i 570.000 per promuovere la sua immagine anche al Meeting di Cl a Rimini. Ma ciò che è davvero «inquietante» per i pm è il denaro che in contanti sarebbe passato per le mani di Roberto Formigoni. Come quello che nel suo ufficio di Presidente consegnava personalmente a un funzionario di banca «per importi variabili, compresi tra i 5.000 e i 20.000 euro», che poi servivano a eseguire bonifici a favore di un’amica.
«Non esiste una versione alternativa» alle tesi dell’accusa, rimarca Pedio perché Formigoni non si è mai presentato «nelle sedi istituzionali» per essere interrogato preferendo dire la sua solo in quelle «non istituzionali». Il riferimento è ai media. «Da qualche anno chiedono il mio rinvio a giudizio, ma non sono mai riusciti a dimostrare la mia colpevolezza», ribatte Formigoni (assente all’udienza) in una dichiarazione. «Nulla di illegittimo e irregolare ho mai commesso» in «18 anni di presidenza, durante i quali per undici volte sono stato rinviato a giudizio e per altrettante i pm sono usciti sconfitti, perché la mia innocenza è sempre stata riconosciuta». I suoi difensori, gli avvocato Mario Brusa e Luigi Stortoni, parleranno il 28 ottobre, quando il gup Paolo Guidi deciderà se per i 12 imputati è necessario il processo.
Prima delle richieste dei pm erano stati sentiti in un incidente probatorio, che serve a cristallizzare le prove, l’ex patron della clinica di Pavia, Umberto Maugeri, e Gianfranco Mozzali, braccio destro dell’allora direttore Costantino Passerino, ai quali la Procura ha assicurato il consenso al patteggiamento della pena. Accordo non raggiunto con Passerino, che avrebbe voluto chiudere a 2 anni e 8 mesi di carcere prima di parlare, pena ritenuta troppo esigua dai magistrati. «Mi hanno detto che dovevo meritarlo in sede di incidente probatorio», ha protestato Passerino annunciando che non si sottoporrà più alle domande.
Giuseppe Guastella
gguastella@corriere.it