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 2014  febbraio 18 Martedì calendario

IL PROF DI ECONOMIA, PRESIDENTE PER CASO: SÌ, SONO UN PO’ NOIOSO


Niente è come sembra, tranne Francesco Pigliaru. «E bravo il nostro candidato per caso». In un camerino dell’atelier che per un mese è stato un improvvisato comitato elettorale, due dirigenti del Pd locale ridono e intanto brindano con bicchieri di carta a una vittoria inattesa e allo scampato pericolo. «Certo, non è proprio uno che entusiasma...». Quando si accorgono di essere a tiro di giornalista gettano lo spumante nel cestino e si allontanano passando dal cortile sul retro.
Il nuovo governatore della Sardegna non è certo un passante ma neppure un trascinatore di folle. «Bisogna accettare i propri limiti. All’improvviso mi sono trovato a fare comizi davanti a cinquemila persone, che non è proprio come fare lezione in aula magna con duecento studenti. Ho avuto difficoltà, ma rispetto all’inizio spero di essere migliorato». La folla intorno a lui lo mette a disagio. Anche oggi che potrebbe lasciarsi andare a frasi ad effetto, il docente di economia, prorettore dell’università di Cagliari, rivendica la sua austera serietà come un’arma decisiva per la vittoria a sorpresa. «Forse sono risultato un po’ noioso. Ma non ho accettato di fare promesse impossibili, erano in tanti a consigliarmelo. Anzi, ho insistito nel definire una follia la proposta di fare diventare la nostra isola una enorme zona franca. So che l’idea piace ai sardi. Ma non si può. Non c’è copertura finanziaria». Pìgliaru è antipersonaggio naturale, uno che dal palco di una piazza di Cagliari è riuscito anche ad ammettere di non essere troppo interessato al calcio, e non è che in Sardegna ci sia proprio l’imbarazzo della scelta di squadre ad alto livello. La sua candidatura è stata decisa la notte dell’Epifania, in corsa dopo la rinuncia di Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie affondata da un avviso di garanzia e dalle faide interne. Non c’era tempo per cambiare la sua indole riservata. «È andata bene. La verità è che i tempi sono cambiati. La gente non crede più al libro dei sogni. Ugo Cappellacci questo non l’ha capito. Ha voluto fare il Berlusconi di provincia, promettendo mari e monti dopo cinque anni di nulla. E ha perso».
Appena un mese fa Silvio Berlusconi aveva reso omaggio al suo governatore. «Certo che Ugo è diventato proprio bravo», aveva detto ai suoi dopo essere sceso dal palco della Fiera di Cagliari. Nel febbraio di cinque anni fa lo conosceva appena, come politico. Era il suo commercialista sardo, ma quattro fine settimana consecutivi trascorsi sull’isola gli erano bastati per trasformarlo nel nuovo presidente della Regione e sconfiggere Renato Soru che al tempo sembrava un astro nascente della politica anche nazionale. Altri tempi, con indici di popolarità alle stelle. Questa volta il fondatore di Forza Italia ha fatto una doppia visita. Ma il nuovo miracolo isolano non c’è stato, anzi. Cappellacci ha tentato di trasformarsi in quello che non è mai stato. Un animale da palco, un venditore accattivante. Accanto al modello originale, e nonostante i suoi complimenti, il disagio nei nuovi panni era evidente.
Il timido Pìgliaru sarebbe anche renziano da tempi non sospetti. Ma invece esibisce qualche pudore nell’attribuire meriti taumaturgici al nuovo segretario del Pd, che in effetti durante la sua unica visita sull’isola aveva caldamente invitato gli astanti a non considerare la votazione sarda come un test nazionale. Interrogato al riguardo, anche Renato Soru preferisce piuttosto infierire sul nemico di sempre. «Cinque anni fa aveva vinto Berlusconi, oggi ha perso Cappellacci». In queste elezioni dello scontento, segnate dalla disillusione dei sardi che hanno disertato in massa le urne, nulla è andato secondo previsione o pronostico. Il voto disgiunto che molti pensavano avrebbe punito il candidato del centrosinistra ha colpito solo l’ormai ex governatore, andato sotto del 6 per cento rispetto al risultato della sua lista, e affondato dal fuoco amico dall’ex presidente della Regione Mauro Pili, deputato eletto con Forza Italia. Adesso non restano che dichiarazioni di opposizione «senza tregua e sconti». Cappellacci è il primo a sapere che la sua finestra elettorale si è chiusa ieri.
I primi a scrutare l’imperturbabile volto del professor Pìgliaru, il candidato che non doveva esserci, sono i suoi principali alleati. Il nuovo governatore è un oggetto misterioso per il Pd dell’isola. Non ha la tessera, non ha padrini. La sua scelta ha risposto all’esigenza primaria di trovare in fretta e furia un candidato presentabile che salvasse la ditta. Nel 2006 fu assessore nella giunta di Soru, ma se ne andò presto dopo che il governatore prese per sé alcune sue deleghe. «Ero un tecnico. Senza lavoro cosa restavo a fare?». Allora la loro lite venne definita come «virile». In quest’ultimo mese di estenuanti trattative interne hanno fatto fronte comune nel chiedere liste pulite. Sono stati respinti con perdite. Pìgliaru sa cosa lo attende. La composizione della giunta e la gestione degli appetiti metteranno a dura prova la sua flemma. Lo sguardo si fa duro. L’ira dei miti può essere tremenda e forse anche quella dei noiosi. «Non accetto compromessi. Hanno scelto me. Se non mi conoscono, impareranno a farlo». I due dirigenti del brindisi si affacciano nella saletta e lo osservano incuriositi. All’improvviso non ridono più.
Marco Imarisio