Luigi Garlando, La Gazzetta dello Sport 18/2/2014, 18 febbraio 2014
INZAGHI, IL MILAN CHE VINCE
Quando Pippo Inzaghi decide di piantarsi nella memoria qualcosa di grande, non bada a spese. Se deve vincere una Champions, lo fa segnando due gol in finale ad Atene, al Liverpool; se deve sollevare il primo trofeo da allenatore, lo fa segnando 3 gol ai favoriti dell’Anderlecht, chiudendo in 9 i supplementari. A Viareggio probabilmente è nata una storia importante.
Lettura perfetta del match, gestione gelida dell’emergenza, motivazioni feroci trasmesse alla squadra: la sensazione nitida del primo passo di un tecnico predestinato.
Inzaghi, quanto dista Viareggio da Atene?
«Non tanto come sembra. Per i miei ragazzi il torneo di Viareggio valeva una Champions. E i miei gol di Champions oggi sono questi ragazzi. La mia gioia è vederli felici e soprattutto vederli crescere. La soddisfazione più grande non è stata la coppa, ma aver trovato una squadra adulta. Hanno dimostrato tutti voglia e disponibilità impressionanti. Da uomini. Non capita spesso che una curva segua la squadra Primavera. Se quella del Milan lo ha fatto è perché sono stati conquistati dalla voglia di questi ragazzi».
Visto come si agita a bordo campo, un po’ di voglia l’avrà trasmessa anche lei...
«L’arbitro Orsato mi ha detto: “Sei peggio di quando giocavi. Hai cancellato coi piedi la linea tecnica. Meno male che la partita è finita...” ».
Maglie bianche come ad Atene.
«Ho lasciato scegliere i ragazzi. Ma ho sperato con tutto il cuore che Pacifico, il capitano, scegliesse quelle bianche, quelle delle mie finali... Dopo la partita, ho fatto partire il coro della canzone di curva preferita da Ancelotti. Quella che intonò Carlo dopo il trionfo di Atene».
Cosa ha detto ai ragazzi prima della partita?
«Alla riunione tecnica ho mostrato il filmato dell’Anderlecht che festeggiava l’anno scorso, poi i nostri gol a Viareggio e la scritta: “Noi siamo il Milan, andiamo a riprenderci la coppa”. Musica dei Queen».
Ha dormito?
«Dopo aver preparato la partita con il mio staff fino a notte. Abbiamo rivisto la finale dello scorso anno e la semifinale Anderlecht-Palermo. Mi sono svegliato alle 7, come quando giocavo. Stesso mal di pancia. Poi avvicinandomi alla partita divento sempre più lucido».
È vero che ha sognato il gol di Fabbro?
«Diciamo che ho avuto sensazioni forti e ne ho tenuto conto al momento di fare i cambi».
Quando il ragazzo vi ha lasciato in 9 per la maglia tolta? Voleva mangiarselo?
«Ma no, poverino... Mi ha chiesto scusa. Ha fatto comunque un gol bello e importantissimo. Aveva giocato poco e poi io so bene come può incendiarti la testa un gol».
Quando ha visto la maglia numero 9 fare gol?
«Sono stato contento per Petagna. Si è meritato quella gioia per il suo atteggiamento. Arrivava dalla prima squadra. Non lo ha mai fatto pesare. Non ha mai smesso di lottare e di correre, anche in difesa. Un esempio per tutti».
Ora il Triplete? Youth League campionato...
«Calma, calma... Martedì ci aspetta già il Chelsea che ha fatto 18 punti e 18 gol».
Chelsea vuol dire Mourinho: un modello?
«Non dimentico che mi telefonò per farmi coraggio quando ero infortunato. Non me l’aspettavo. Ma il mio primo modello resta Ancelotti. Sapeva farsi amare dai giocatori».
I suoi ragazzi la adorano.
«Però se non studiano o sbagliano comportamenti, tremano i muri. Mi interessa formare degli uomini, prima di tutto».
Pioggia di complimenti?
«Ho ricevuto a voce quelli di Galliani, mi sono arrivati quelli del presidente Berlusconi e di Barbara. Nel cellulare avevo 150 messaggi».
Galliani aveva ragione quando la convinse a smettere di giocare.
«Sì, ma l’ho scoperto molto prima del Viareggio. Per le soddisfazioni che mi hanno dato i ragazzi ».
Galliani ha fatto la stessa fatica per convincerla a non andare a Sassuolo?
«Molto meno. Il Milan non voleva e per me il discorso era chiuso. Non ho forzato. Il Milan mi ha dato tutto. Non gli andrei mai contro».
Neppure quest’estate se arrivasse una proposta interessante?
«Ho accettato un piano di lavoro: un anno di Allievi, due di Primavera. Davanti a un progetto importante, se il Milan è d’accordo, lo considero. Altrimenti completo il piano. Anche al Milan sta a cuore la mia crescita professionale».
Stramaccioni, Liverani, Gattuso... La condizionano le difficoltà di tanti baby allenatori? Non le fa paura la Serie A?
«Quando sono convinto di una cosa la faccio, senza badare agli altri. Io non ho paura di nulla. So che prima o poi lascerò i miei ragazzi, ma oggi non voglio immaginare quando».
La curva del Milan, delusa da una stagione da incubo, si è spostata in blocco a Viareggio per assistere al trionfo di Inzaghi. Non pensa che, indirettamente, Seedorf potrebbe sentire la pressione della sua ascesa?
«Non scherziamo... Io ho vinto solo il Viareggio. Clarence è stato un compagno, è un amico. Un minuto dopo la chiamata di Galliani è arrivata quella di Seedorf e di Tassotti. Abbiamo un rapporto splendido. Clarence è un grande, ha solo bisogno di tempo».
Mercoledì andrà a San Siro ad ascoltare l’amata musichetta di Champions?
«Sì, e farò un giro di campo con i miei ragazzi mostrando ai nostri tifosi il trofeo vinto a Viareggio. Un orgoglio per tutti».
Davvero pensa che il Milan sia più forte dell’Atletico Madrid?
«Non ho detto questo. Ho detto che l’Atletico è un osso duro, ma che il Milan, con la sua storia e con la sua qualità, può superarlo».
Le piace il 4-3-3?
«Molto, ma a Viareggio, per varie ragioni, ci siamo proposti anche con il trequartista».
Le piace la panchina rialzata di Seedorf?
«Non provateci... Io comunque sto in piedi e, come dice Orsato, cancello le linee».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LUIGI GARLANDO
Quando Pippo Inzaghi decide di piantarsi nella memoria qualcosa di grande, non bada a spese. Se deve vincere una Champions, lo fa segnando due gol in finale ad Atene, al Liverpool; se deve sollevare il primo trofeo da allenatore, lo fa segnando 3 gol ai favoriti dell’Anderlecht, chiudendo in 9 i supplementari. A Viareggio probabilmente è nata una storia importante.
Lettura perfetta del match, gestione gelida dell’emergenza, motivazioni feroci trasmesse alla squadra: la sensazione nitida del primo passo di un tecnico predestinato.
Inzaghi, quanto dista Viareggio da Atene?
«Non tanto come sembra. Per i miei ragazzi il torneo di Viareggio valeva una Champions. E i miei gol di Champions oggi sono questi ragazzi. La mia gioia è vederli felici e soprattutto vederli crescere. La soddisfazione più grande non è stata la coppa, ma aver trovato una squadra adulta. Hanno dimostrato tutti voglia e disponibilità impressionanti. Da uomini. Non capita spesso che una curva segua la squadra Primavera. Se quella del Milan lo ha fatto è perché sono stati conquistati dalla voglia di questi ragazzi».
Visto come si agita a bordo campo, un po’ di voglia l’avrà trasmessa anche lei...
«L’arbitro Orsato mi ha detto: “Sei peggio di quando giocavi. Hai cancellato coi piedi la linea tecnica. Meno male che la partita è finita...” ».
Maglie bianche come ad Atene.
«Ho lasciato scegliere i ragazzi. Ma ho sperato con tutto il cuore che Pacifico, il capitano, scegliesse quelle bianche, quelle delle mie finali... Dopo la partita, ho fatto partire il coro della canzone di curva preferita da Ancelotti. Quella che intonò Carlo dopo il trionfo di Atene».
Cosa ha detto ai ragazzi prima della partita?
«Alla riunione tecnica ho mostrato il filmato dell’Anderlecht che festeggiava l’anno scorso, poi i nostri gol a Viareggio e la scritta: “Noi siamo il Milan, andiamo a riprenderci la coppa”. Musica dei Queen».
Ha dormito?
«Dopo aver preparato la partita con il mio staff fino a notte. Abbiamo rivisto la finale dello scorso anno e la semifinale Anderlecht-Palermo. Mi sono svegliato alle 7, come quando giocavo. Stesso mal di pancia. Poi avvicinandomi alla partita divento sempre più lucido».
È vero che ha sognato il gol di Fabbro?
«Diciamo che ho avuto sensazioni forti e ne ho tenuto conto al momento di fare i cambi».
Quando il ragazzo vi ha lasciato in 9 per la maglia tolta? Voleva mangiarselo?
«Ma no, poverino... Mi ha chiesto scusa. Ha fatto comunque un gol bello e importantissimo. Aveva giocato poco e poi io so bene come può incendiarti la testa un gol».
Quando ha visto la maglia numero 9 fare gol?
«Sono stato contento per Petagna. Si è meritato quella gioia per il suo atteggiamento. Arrivava dalla prima squadra. Non lo ha mai fatto pesare. Non ha mai smesso di lottare e di correre, anche in difesa. Un esempio per tutti».
Ora il Triplete? Youth League campionato...
«Calma, calma... Martedì ci aspetta già il Chelsea che ha fatto 18 punti e 18 gol».
Chelsea vuol dire Mourinho: un modello?
«Non dimentico che mi telefonò per farmi coraggio quando ero infortunato. Non me l’aspettavo. Ma il mio primo modello resta Ancelotti. Sapeva farsi amare dai giocatori».
I suoi ragazzi la adorano.
«Però se non studiano o sbagliano comportamenti, tremano i muri. Mi interessa formare degli uomini, prima di tutto».
Pioggia di complimenti?
«Ho ricevuto a voce quelli di Galliani, mi sono arrivati quelli del presidente Berlusconi e di Barbara. Nel cellulare avevo 150 messaggi».
Galliani aveva ragione quando la convinse a smettere di giocare.
«Sì, ma l’ho scoperto molto prima del Viareggio. Per le soddisfazioni che mi hanno dato i ragazzi ».
Galliani ha fatto la stessa fatica per convincerla a non andare a Sassuolo?
«Molto meno. Il Milan non voleva e per me il discorso era chiuso. Non ho forzato. Il Milan mi ha dato tutto. Non gli andrei mai contro».
Neppure quest’estate se arrivasse una proposta interessante?
«Ho accettato un piano di lavoro: un anno di Allievi, due di Primavera. Davanti a un progetto importante, se il Milan è d’accordo, lo considero. Altrimenti completo il piano. Anche al Milan sta a cuore la mia crescita professionale».
Stramaccioni, Liverani, Gattuso... La condizionano le difficoltà di tanti baby allenatori? Non le fa paura la Serie A?
«Quando sono convinto di una cosa la faccio, senza badare agli altri. Io non ho paura di nulla. So che prima o poi lascerò i miei ragazzi, ma oggi non voglio immaginare quando».
La curva del Milan, delusa da una stagione da incubo, si è spostata in blocco a Viareggio per assistere al trionfo di Inzaghi. Non pensa che, indirettamente, Seedorf potrebbe sentire la pressione della sua ascesa?
«Non scherziamo... Io ho vinto solo il Viareggio. Clarence è stato un compagno, è un amico. Un minuto dopo la chiamata di Galliani è arrivata quella di Seedorf e di Tassotti. Abbiamo un rapporto splendido. Clarence è un grande, ha solo bisogno di tempo».
Mercoledì andrà a San Siro ad ascoltare l’amata musichetta di Champions?
«Sì, e farò un giro di campo con i miei ragazzi mostrando ai nostri tifosi il trofeo vinto a Viareggio. Un orgoglio per tutti».
Davvero pensa che il Milan sia più forte dell’Atletico Madrid?
«Non ho detto questo. Ho detto che l’Atletico è un osso duro, ma che il Milan, con la sua storia e con la sua qualità, può superarlo».
Le piace il 4-3-3?
«Molto, ma a Viareggio, per varie ragioni, ci siamo proposti anche con il trequartista».
Le piace la panchina rialzata di Seedorf?
«Non provateci... Io comunque sto in piedi e, come dice Orsato, cancello le linee».