Cristina Lacava, Io Donna 15/2/2014, 15 febbraio 2014
LUISELLA COSTAMAGNA
Ha una collezione?
Sono impulsiva, non sistematica. Accumulo oggetti, faccio acquisti compulsivi. Ai tempi del liceo raccoglievo cartoline delle mostre d’arte, che conservo tuttora. Di recente ho avuto la fase degli abiti etnici, kimono e caftani che indosso spesso. L’abito lungo cinese con gli spacchi (foto) l’ho messo la sera di Capodanno, il kimono per andare a teatro.
Piccole manie?
Ho un ricco reparto di paramedicinali in un cassetto, faccio scorte di dentifrici, vado matta per gli integratori alimentari. Forse perché da piccola adoravo Superpippo e le sue portentose arachidi.
Come ha speso il primo stipendio?
Da giovanissima, guadagnavo qualcosa come hostess al Palazzetto dello Sport di Torino. Poi ho iniziato a collaborare con una tv locale; realizzavo servizi sulle mostre. I soldi erano pochissimi e mi bastavano appena per le vacanze in Grecia o l’Interrail con gli amici.
Film preferito?
Il mio regista del cuore è Sam Peckinpah: racconta sempre storie di banditi che si riscattano attraverso una scelta dolorosa ma etica. In assoluto, la sua opera migliore è il drammaticissimo Il mucchio selvaggio.
Fa qualche sport?
Da ragazzina gareggiavo nel salto in alto e nei 60 metri di corsa. Giocavo anche a calcio come centravanti. Quando ho smesso, per tanto tempo mi sono ripromessa di iscrivermi in palestra, ma ho sempre rimandato. Ora vado in piscina ma solo perché costretta da una fastidiosa cervicale. Devo essere in forma per presentare il mio nuovo programma: Giovani a rischio, su Sky Crime Investigation ogni giovedì sera.
Ha un guardaroba ricco?
Di più; ormai appendo gli abiti fuori dall’armadio perché non ho più spazio all’interno. Non butto mai niente, conservo tutto e riciclo. Vado a periodi; ho avuto la fase dell’innamoramento per il tubino nero, in India ho comprato due sari identici. Ora sto tirando fuori dal cassetti camicie e giacche di 10 anni fa.
Il sogno da bambina?
Sono cresciuta vedendo le commedie americane, sognavo lustrini e paillettes. Volevo farmi adottare dal cast di Holiday on Ice.
Sa cucinare?
Ho iniziato cinque anni fa. Faccio le lasagne, il pane, le cotolette in carpione, perfino la bagna cauda. Ma sono troppo impaziente; non sarò mai una brava cuoca.
Luogo della memoria?
Torino, la città dove sono cresciuta e dove ho vissuto fino a 25 anni. Quello che sono, i miei valori, sono il frutto della formazione torinese.
Vacanze tutto compreso o alla ventura?
Mi piace viaggiare in libertà; mi sento nomade, nella vita e nel lavoro. Fino a quando è nato Davide, 8 anni fa, prenotavo solo i voli di andata e ritorno. Sono partita per l’Alaska e la Mongolia senza prenotazioni. Sono arrivata fino all’isola di Pasqua durante la gravidanza; la ginecologa me l’aveva proibito ma ho fatto di testa mia e al ritorno ho cambiato medico. Ho già portato mio figlio in Sinai. Ma ora fisso in anticipo gli alberghi.
Da giovanissima, guadagnavo qualcosa come hostess al Palazzetto dello Sport di Torino. Poi ho iniziato a collaborare con una tv locale; realizzavo servizi sulle mostre. I soldi erano pochissimi e mi bastavano appena per le vacanze in Grecia o l’Interrail con gli amici.
Libri del cuore?
Non amo gli e-book, preferisco sfogliare le pagine di carta e sentirne il fruscio, sottolineare le frasi interessanti. Soprattutto nella mia trilogia di riferimento: Il re della pioggia di Saul Bellow, Viaggio al termine della notte di Céline e Cuore di tenebra di Joseph Conrad. Tre viaggi esistenziali, indimenticabili.
Che musica ascolta?
Un po’ di tutto. La mattina in casa ascolto le hit su Mtv; in macchina accendo la radio. Quando lavoro, solo classica. Passo con tranquillità da Johann Sebastian Bach ai Modà di Gioia, a Moon River.
Il ricordo di viaggio?
L’anno dell’isola di Pasqua, mi fermai in Cile. Nella casa di Pablo Neruda c’era una collezione di mascaron de proa, le polene delle navi. Dovevo assolutamente averne una simile. E la comprai.
Non può fare a meno di?
I libri di filosofia dell’università. Il mio prof del liceo mi aveva fatto appassionare alla Critica della ragion pura di Kant. Quando mi sono iscritta a Filosofia l’ho comprata, studiata, sottolineata. Mi ha cambiato la testa.