Alessandra Nucci, ItaliaOggi 15/2/2014, 15 febbraio 2014
UN’AMBULANZA PER AMMAZZARVI
Una volta sarebbero state materia per umorismo alla Mel Brooks, ma quando le storie sono vere non fanno più ridere. La tessera «Non eutanasizzare», da portare in portafoglio accanto a quella del gruppo sanguigno per il caso di incidente, non è una battuta ma un consiglio sensato per gli accorti di tutte le età.
Il malato incurabile che decide di finirla con dignità e modica spesa in Svizzera e, dopo morto, si scopre che non era affatto malato, non è un’invenzione di umorismo nero ma il caso di un magistrato calabrese del 2012. L’espatrio di ultrasessantenni danarosi e con eredi impazienti non è una scenetta da film di Verdone, ma una statistica reale di anziani del Nord Europa che non vogliono sentirsi egoisti perché riluttanti a farsi sopprimere.
Le tappe della china scivolosa, che ha portato l’essere umano da responsabile della raccolta differenziata a componente della raccolta differenziata, sono iniziate molto lentamente, salvo poi acquistare velocità mano a mano che proseguiva la discesa. Cominciò la Svizzera, che nel lontano 1942 legalizzò il suicidio assistito per «motivi compassionevoli» e oggi è meta di «suicidio turistico» di stranieri che, alle volte, sono anche in buona salute. L’Olanda ha cominciato dopo, ma è arrivata più lontano: nel 1973 depenalizza l’eutanasia, nel 1995 la Corte suprema approva il suicidio assistito per i depressi, nel 1997 arriva il permesso di eutanasia per i neonati disabili, nel 2004 il Protocollo di Groningen prevede l’eutanasia per bambini dai 12 anni in su; oggi esiste l’unità mobile per il pronto intervento, eutanasia porta a porta.
Per non restare da meno, ora il Belgio ha varcato la frontiera dell’eutanasia per i bambini di tutte le età, e già dall’anno scorso un gruppo di medici aveva stabilito l’opportunità che i pazienti da eutanasizzare fossero fatti accomodare e trattati nella sala adiacente a quella dei trapianti, già in posizione per donare gli organi. Tanta efficienza lascia senza parole. Ma le notizie da Svizzera e Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo) riguardano una popolazione che è metà di quella italiana. Vogliamo guardare al resto? In Francia nel 2011 fu bocciata la proposta legislativa in materia di eutanasia e suicidio assistito (anche se la pagina Wikipedia di questo non parla, riporta solo le intenzioni di Hollande). Negli Stati Uniti l’eutanasia è tuttora illegale ovunque e il suicidio assistito è permesso solo in due stati su 50, l’Oregon e Washington. In Canada l’eutanasia è tuttora punita senza eccezioni come omicidio, ai sensi della sezione 222 del codice penale e nel 2010 votò contro l’eutanasia il 79% del parlamento. In Australia nel 1995 lo stato del Northern Territory fu il primo nel mondo ad approvare una legge per il diritto di morire, con il nome di «Diritti dei malati terminali». Però nel giro di nove mesi tale legge fu abrogata dal parlamento federale australiano.
Ma le spinte e le fughe in avanti dei promotori dell’eutanasia, una piccola minoranza ma sempre piena di soldi, possono cambiare questo quadro da un momento all’altro. A loro basta vincere una volta sola; ai difensori della vita, ai medici che credono ancora al giuramento di Ippocrate, occorre vincere, invece, ogni volta da capo.
Ovviamente all’aumento del ricorso all’eutanasia corrisponde una diminuzione del ricorso alle cure palliative, di cui raramente si fa notare che riescono oggi a sedare il 99% delle sofferenze. Né si ricordano le statistiche che dicono che il malato curato e accudito, sia fisicamente che psicologicamente, non chiede mai la morte. Guardate Stephen Hawking, che soffre di Sla, sclerosi amiotrofica laterale, e da più di trent’anni è costretto a usare un computer per modulare la propria voce: nonostante la forte disabilità è diventato un fisico di fama internazionale e, a più di 70 anni, a morire non ci pensa proprio.
PS: Adolf Hitler, nel Mein Kampf, prevedeva l’eutanasia fra i progetti «umanitari» da portare avanti in Germania, assieme all’eugenetica.