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 2014  febbraio 15 Sabato calendario

E ORA 1.000 MILIARDI


Un’operazione finanziaria straordinaria da 1.000 miliardi di euro per fare uscire l’Italia dalla palude. Come? Attraverso il lancio di una sorta di offerta pubblica di scambio (ops) da parte del governo, per ristrutturare il debito pubblico in essere, ormai detenuto per il 60% da cittadini, banche, assicurazioni, fondi di investimento italiani o da istituzioni finanziarie estere riconducibili a investitori italiani. Questa la proposta di programma shock che MF-Milano Finanza e un comitato interno all’Italia c’è propongono al presidente del consiglio in pectore, Matteo Renzi, perché dimostri di essere un vero rottamatore, un demolition man per dirla con il Financial Times. Un manifesto per l’Italia elaborato con economisti e professionisti del calibro di Paolo Savona e Andrea Monorchio e condiviso dai principali sottoscrittori di L’Italia c’è che ha fatto del Tagliadebito il suo cavallo di battaglia.
Lo scambio serve a sostituire 1.000 miliardi di titoli del debito pubblico italiano sul mercato con l’attribuzione pro-quota di 650 miliardi di nuovi titoli a lungo termine, indicizzati all’inflazione e al 20% della crescita del pil reale (proposta Savona-Rinaldi), e di 350 miliardi di titoli di partecipazione nel fondo patrimoniale degli Italiani (proposta Monorchio-Salerno). Contestualmente, vengono emessi nuovi titoli di debito infruttiferi per 150 miliardi, a dotazione di tre fondi per lo sviluppo.
L’operazione, che verrebbe avviata solo al raggiungimento della soglia di disponibilità di 1.000 miliardi da parte del mercato, consentirebbe di:
A) abbattere immediatamente il debito pubblico di 200 miliardi (circa il 13% del pil), riportandolo ai 1.800 miliardi del 2009;
B) ridurre stabilmente l’onere per gli interessi di almeno 35 miliardi annui (oltre il 2% del pil) con una pari riduzione della pressione fiscale;
C) far partecipare paritariamente i privati alla gestione del Fondo patrimoniale degli italiani, cui lo Stato e le amministrazioni locali conferiscono asset mobiliari e immobiliari, ivi compresi i cespiti delle concessioni, per complessivi 700 miliardi. Ai diritti di partecipazione per 350 miliardi attribuiti ai privati corrisponde un ritorno minimo garantito pari a quello dei titoli di Stato attribuiti con lo scambio e l’esonero da tassazione delle plusvalenze per 25 anni;
D) creare tre fondi, con la dotazione di 50 miliardi di euro ciascuno, per complessivi 150 miliardi (circa il 10% del pil) volti a:
1) finanziare la ripresa del mercato immobiliare garantendo i nuovi mutui e accollando cinque anni di preammortamento della quota di pagamento degli interessi;
2) coprire le perdite bancarie derivanti dalle sofferenze in essere per i crediti erogati alle imprese (rimanendo in ogni caso esclusa la possibilità di recuparare minusvalenze su operazioni di trading, proprietario o meno, e su partecipazioni azionarie);
3) creare un credito di imposta pari al 100% della ricapitalizzazione effettuata dalle piccole e medie imprese mediante l’apporto diretto dei soci, il conferimento degli utili (che vengono comunque detassati), ovvero il finanziamento di start-up.

Questo è lo scambio politico che va proposto: meno rendite sul debito in cambio della partecipazione alla gestione del patrimonio pubblico e di un forte incentivo alla ripresa economica. Questa è la grande riforma strutturale che occorre avviare in Italia, per cambiare il rapporto tra Stato e mercato, per modificare un modello di crescita fondato sul debito e sulla sottocapitalizzazione delle imprese.