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 2014  febbraio 16 Domenica calendario

PM A DIETA. MENO SOLDI PER INTERCETTARE


Piange il telefono per i magistrati italiani. Che presto dovranno cominciare a essere più attenti e oculati nell’uso delle intercettazioni telefoniche. Strumento utilissimo per combattere mafie e criminali di ogni genere ma costoso per il bilancio dello Stato. Al punto che spesso il loro utilizzo eccessivo da parte dei pubblici ministeri si è tradotto in un conto salato per le tasche dei contribuenti. Secondo quanto risulta a Il Tempo, infatti, negli passati la spesa per ascoltare le telefonate da parte degli inquirenti era lievitata in maniera esponenziale fino a toccare un picco di 300 milioni di euro. Poi le esigenze di cassa e l’avvio della spending rewiev hanno portato il ministero della Giustizia, che gestisce il capitolo con le risorse dedicate, a tagliare i fondi iscritti nel bilancio preventivo 2013 e cioè lo stanziamento iniziale, a circa 189 milioni di euro. Una sforbiciata netta che avrebbe dovuto, nelle impostazioni dei tecnici del ministero, imporre ai Pm che avviano le indagini un freno alla spesa. Non è stato così.
Alla fine dello scorso anno, infatti, nello stesso capitolo sono stati registrati impegni di spesa per 226 milioni di euro. Mentre nel corso dello stesso anno lo stanziamento è lievitato con altre assegnazioni a 228 milioni. Insomma i magistrati lo hanno trovato sistematicamente rimpinguato e utilizzato praticamente tutto. Non solo. Sempre secondo quanto risulta a Il Tempo nel calcolo finale della spesa vanno conteggiati altri 35 milioni di euro di debiti, contratti con le società che forniscono i servizi di intercettazione, che sono rimasti fuori dal bilancio. Un termine tecnico che si può tradurre così: pur non avendo soldi a disposizione, perché le disponibilità erano esaurite, chi conduceva le indagini ha comunque chiesto alle imprese di lavorare.
Un duro colpo per chi al ministero di vi a Arenula deve cercare di far quadrare i conti con i vincoli di austerity e di rigore imposti dalla crisi. Ma i tecnici non disperano perché entro la fine di giugno arriverà in porto la gara unica unica nazionale per le intercettazioni. Un appalto unico e centralizzato, bandito dal ministero guidato dalla Cancellieri, che consentirà di acquisire un monte ore complessivo di intercettazioni da dividere poi tra tutte le Procure italiane. I criteri del bando non sono ancora noti ma la complessità ne ha rallentato la stesura e prorogato la pubblicazione. Ora si è entrati nella fase finale e già entro un paio, massimo tre mesi, le regole dell’appalto dovrebbero essere rese pubbliche per i concorrenti.
Le ipotesi allo studio prevedono una serie di pacchetti di ore da utilizzare da parte di ogni procura. Avrebbero dimensioni differenti a seconda delle localizzazione degli uffici e, una volta esauriti, per aumentarli dovrebbe essere richiesta un’autorizzazione agli uffici ministeriali.
Il vantaggio della centralizzazione sarebbe soprattutto il contenimento dei costi perché si eviterebbe la sproporzione sul territorio tra i listini degli operatori. Le spese per le intercettazioni, infatti, variano fortemente tra le varie regioni. Assicurarsi un prezzo unico per un’ora di intercettazioni, valido su tutto il territorio nazionale, darà come primo effetto quello di poter ottimizzare il budget a disposizione ottenendo a parità di somme il massimo numero di ore dai fornitori. Sulla gara unica nazionale delle intercettazioni il ministero, ma anche il Tesoro, puntano non poco per assicurarsi riduzioni di spesa nell’ambito della spending review e della diminuzione dei costi della macchina dello Stato.
Secondo un calcolo approssimativo che circola negli uffici competenti con l’appalto unico la spesa complessiva per le intercettazioni potrebbe scendere dagli attuali 190 milioni a 140-150 milioni. Con un risparmio di circa 40 milioni rispetto alle dotazioni attuali. Non solo. Il sistema, a regime, consentirebbe anche di aumentare il monitoraggio sui costi e di evitare sforamenti eccessivi a fine anno rispetto alle previsioni. Se una procura utilizzasse tutto il pacchetto a disposizione dovrebbe chiedere l’autorizzazione per eventuali ore aggiuntive. Insomma nel sistema si introdurrebbe una razionalizzazione in grado di generare una gestione più virtuosa dei fondi.
Le speranze in questo senso sono molte. La richiesta di ulteriori tagli al bilancio di via Arenula si scontra con le ristrettezze continue al quale il piano dei conti è stato soggetto negli anni dei tagli lineari dell’ex ministro Giulio Tremonti.
Molti sprechi sono stati eliminati e le risorse, ora, sono appena sufficienti per il normale funzionamento. Difficile tagliare ancora. Anche l’ultima tornata di economie richieste dal Tesoro, quelle per riportare il rapporto deficit/pil dal 3,1% al 3%, non è ancora giunta al termine. Le schede per predisporre l’assestamento di bilancio non sono ancora arrivate. Un segno della difficoltà oggettiva a trovare economie di spesa in un bilancio fortemente messo a dieta nel passato.
Per questo il grosso dei risparmi si aspetta proprio dalle gara per le intercettazioni. Pochi sembrano almeno finora i risparmi quantificati con la riduzione dei contributi ai Comuni per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari. Ogni anno via Arenula versa alle municipalità delle somme per aiutarle nel funzionamento della macchina della giustizia sui territori. Ebbene la riforma della geografia giudiziaria che ha ridotto le sedi dei tribunali, chiusi in alcuni comuni, non ha generato le economie di spese previste perché sono diminuiti i costi di funzionamento ma non sono state toccate le cosiddette partite stipendiali. Gli impiegati anche se trasferiti sono, infatti, rimasti nella pianta organica della Giustizia.

Piange il telefono per i magistrati italiani. Che presto dovranno cominciare a essere più attenti e oculati nell’uso delle intercettazioni telefoniche. Strumento utilissimo per combattere mafie e criminali di ogni genere ma costoso per il bilancio dello Stato. Al punto che spesso il loro utilizzo eccessivo da parte dei pubblici ministeri si è tradotto in un conto salato per le tasche dei contribuenti. Secondo quanto risulta a Il Tempo, infatti, negli passati la spesa per ascoltare le telefonate da parte degli inquirenti era lievitata in maniera esponenziale fino a toccare un picco di 300 milioni di euro. Poi le esigenze di cassa e l’avvio della spending review hanno portato il ministero della Giustizia, che gestisce il capitolo con le risorse dedicate, a tagliare i fondi iscritti nel bilancio preventivo 2013 e cioè lo stanziamento iniziale, a circa 189 milioni di euro. Una sforbiciata netta che avrebbe dovuto, nelle impostazioni dei tecnici del ministero, consigliare ai Pm che avviano le indagini un freno alla spesa. Non è stato così. Alla fine dello scorso anno, infatti, nello stesso capitolo sono stati registrati impegni di spesa per 226 milioni di euro. Mentre nel corso dello stesso anno lo stanziamento è lievitato con altre assegnazioni a 228 milioni. Insomma i magistrati lo hanno trovato sistematicamente rimpinguato e utilizzato praticamente tutto. Non solo. Sempre secondo quanto risulta a Il Tempo nel calcolo finale della spesa vanno conteggiati altri 35 milioni di euro di debiti, contratti con le società che forniscono i servizi di intercettazione, che sono rimasti fuori dal bilancio. Un termine tecnico che si può tradurre così: pur non avendo soldi a disposizione, perché le disponibilità erano esaurite, chi conduceva le indagini ha comunque chiesto alle imprese di lavorare sulla parola, contando sulle risorse finanziare future. Un duro colpo per chi al ministero di vi a Arenula deve cercare di far quadrare i conti con i vincoli di austerity e di rigore imposti dalla crisi. Ma i tecnici non disperano perché entro la fine di giugno arriverà in porto la gara unica unica nazionale per le intercettazioni. Un appalto unico e centralizzato, bandito dal ministero guidato dalla Cancellieri, che consentirà di acquisire un monte ore complessivo di intercettazioni da dividere poi tra tutte le Procure italiane. I criteri del bando non sono ancora noti. La complessità ne ha rallentato la stesura e prorogato la pubblicazione. Ora si è entrati nella fase finale e già entro un paio, massimo tre mesi, le regole dell’appalto dovrebbero essere rese pubbliche per i concorrenti.
Le ipotesi allo studio prevedono una serie di pacchetti di ore da utilizzare da parte di ogni procura. Avrebbero dimensioni differenti a seconda delle localizzazione degli uffici e, una volta esauriti, per aumentarli dovrebbe essere richiesta un’autorizzazione agli uffici ministeriali.
Il vantaggio della centralizzazione sarebbe soprattutto il contenimento dei costi perché si eviterebbe la sproporzione sul territorio tra i listini degli operatori. Le spese per le intercettazioni, infatti, variano fortemente tra le varie regioni. Assicurarsi un prezzo unico per un’ora di intercettazioni, valido su tutto il territorio nazionale, darà come primo effetto quello di poter ottimizzare il budget a disposizione ottenendo a parità di somme il massimo numero di ore dai fornitori. Sulla gara unica nazionale delle intercettazioni il ministero della Giustizia, ma anche il Tesoro, puntano non poco per assicurarsi riduzioni di spesa nell’ambito della diminuzione generale dei costi della macchina dello Stato. Secondo un calcolo approssimativo, che circola negli uffici del dicastero, con l’appalto unico la spesa complessiva per le intercettazioni potrebbe scendere dagli attuali 190 milioni a 140-150 milioni. Con un risparmio di circa 40 milioni rispetto alle dotazioni previste oggi. Non solo. Il sistema, a regime, consentirebbe di aumentare il monitoraggio sui costi e di evitare sforamenti eccessivi a fine anno rispetto alle previsioni. Se una procura utilizzasse tutto il pacchetto a disposizione dovrebbe chiedere l’autorizzazione per eventuali ore aggiuntive. Insomma nel sistema si introdurrebbe una razionalizzazione in grado di generare una gestione più virtuosa dei fondi.
Le speranze in questo senso sono molte. La richiesta di ulteriori tagli al bilancio di via Arenula si scontra con le ristrettezze continue al quale il piano dei conti è stato soggetto negli anni dei tagli lineari dell’ex ministro Giulio Tremonti.
Molti sprechi sono stati eliminati e le risorse, ora, sono appena sufficienti per il normale funzionamento. Difficile tagliare ancora. Anche l’ultima tornata di economie richieste dal Tesoro, quelle per riportare il rapporto deficit/pil dal 3,1% al 3%, non è ancora giunta al termine. Le schede per predisporre l’assestamento di bilancio non sono ancora arrivate. Un segno della difficoltà oggettiva a trovare economie di spesa in un bilancio fortemente messo a dieta nel passato. Per questo il grosso dei risparmi si aspetta proprio dalle gara per le intercettazioni. Pochi sembrano, almeno finora, i risparmi quantificati con la riduzione dei contributi ai Comuni per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari. Ogni anno via Arenula versa alle municipalità delle somme per aiutarle nel funzionamento della macchina della giustizia sui territori. Ebbene la riforma della geografia giudiziaria che ha ridotto le sedi dei tribunali, chiusi in alcuni Comuni, non ha generato le economie di spese previste perché i costi di funzionamento sono diminuiti di poco visto che non sono state toccate le cosiddette partite stipendiali. Gli impiegati anche se trasferiti sono, infatti, rimasti nella pianta organica della Giustizia. Dunque il grosso della spesa non è stato sfiorato.