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 2014  febbraio 17 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - RENZI INCARICATO


REPUBBLICA.IT
ROMA - Tutta l’energia di cui dispone per fare una riforma al mese, da qui al voto europeo. Tutto l’impegno di cui è capace per provocare quello shock necessario affinché il Paese dimentichi la ’manovra’ che l’ha portato a prendere il posto di Enrico Letta senza passare dall’investitura popolare: le elezioni. Matteo Renzi oggi è il nuovo premier incaricato. E, in quanto tale, detta la sua road map - l’orizzonte è fino al 2018 - anche se la squadra dei ministri tarda a trovare la propria composizione. Per l’agenzia di rating Fitch, tuttavia, la staffetta Letta-Renzi conferma la volatilità politica: e il giudizio sull’Italia rimane negativo.
"Ho ricevuto l’incarico di provare a formare il nuovo governo, ho accettato con riserva per l’importanza e la rilevanza di questa sfida. Immaginiamo un allungamento della prospettiva politica, in questa situazione difficile metterò tutta l’energia e l’impegno di cui sono e siamo capaci. Domani inizieranno le mie consultazioni formali, abbiamo intenzione di lavorare in maniera molto seria sui contenuti". Al termine di un colloquio al Colle durato un’ora e mezza, il segretario del Partito democratico ha accettato con riserva - come da prassi - l’incarico di formare un nuovo governo. Parole rilanciate qualche ora più tardi via Twitter con l’hashtag #lavoltabuona: sul social network Renzi non si ’affacciava’ da giovedì scorso, giorno in cui la direzione democratica ha detto sì all’operazione ’staffetta’. Da allora a oggi, solo silenzio.
Con un tono di voce più misurato del solito e già istituzionale, dalla sala stampa del Quirinale il nuovo presidente del Consiglio designato ha subito annunciato al Paese il programma serrato che intende darsi nei prossimi mesi, i primi del suo governo, quelli che, da tradizione, rappresentano la luna di miele con gli italiani ma che stavolta rischiano di trasformarsi in un frangente che di romantico avrà ben poco se la svolta non dovesse concretizzarsi in fretta: entro febbraio riforma elettorale e costituzionale. Poi, da marzo, lavoro e fisco: "Siamo ben consapevoli dei prossimi passaggi. Bisogna avere una straordinaria attenzione ai contenuti e alle scelte da fare", afferma Renzi.
La piattaforma di governo, spiega poi, "prevede entro il mese di febbraio un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorali e subito dopo a marzo immediatamente il lavoro, ad aprile la riforma della pubblica amministrazione, e a maggio il fisco". Una fitta scaletta che nelle intenzioni dovrà far decollare il ’suo’ Pd e che non a caso coincide, nella tempistica strettissima, con le elezioni europee. Un calendario così cadenzato da scatenare l’ironia della Rete (foto) e della Lega: "A giugno - ha chiosato Matteo Salvini - il premier camminerà sulle acque, a luglio moltiplicherà pani e pesci".
L’orizzonte naturale del nuovo esecutivo - prosegue Renzi - resta quello della "legislatura", per un "impegno serio e significativo". Tradotto: il 2018. Un "orizzonte" che "necessita di qualche giorno di tempo per sciogliere la riserva". Il primo leader straniero a congratularsi con Renzi è stato l’ex premier britannico Tony Blair: "Ha la forza per riuscire", ha detto, sollecitando poi l’Europa a "sostenere pienamente Matteo". Mentre il commissario agli affari economici Olli Rehn, rispondendo a una domanda sul nuovo governo e le voci sul voler mettere in discussione la soglia del 3%, ha detto che "L’Italia è un Paese profondamente europeista e confido che continuerà a rispettare i trattati che comprendono anche quello di stabilità e crescita".
Il segretario del Pd era arrivato al Quirinale dieci minuti prima dell’orario fissato, alla guida di una Giulietta bianca. Accanto a lui il capo ufficio stampa del Pd, Filippo Sensi.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo aveva convocato alle 10.30 di questa mattina per conferirgli l’incarico di dare vita a un nuovo esecutivo. Dopo l’ingresso del premier in pectore, dinanzi alla residenza del presidente della Repubblica era partita una manifestazione di protesta organizzata da Fratelli d’Italia - con Giorgia Meloni in testa - al grido di "elezioni subito".
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Lasciato il Colle, Renzi ha poi raggiunto Montecitorio per incontrare - sempre come da prassi - la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, la quale ha auspicato un ricorso più contenuto ai decreti legge. A seguire è andato al Senato per vedere Pietro Grasso, e poi alla stazione Termini per tornare a Firenze: con lui, i fedelissimi Graziano Delrio (probabile nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio anche se il suo nome ora circola pure per l’Economia) e Lorenzo Guerini (foto).
Nel frattempo dalla Sardegna sono arrivati i risultati delle elezioni regionali che hanno incoronato il candidato del centrosinistra Francesco Pigliaru. Renzi ha telefonato al neoeletto presidente per fargli le proprie congratulazioni: "Ho appena telefonato a Pigliaru, nuovo Presidente della Regione Sardegna. Cominciamo il domani" ha scritto su Twitter.
In mattinata erano arrivati i primi giudizi positivi dal fronte finanziario, dopo che lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi aveva aperto in ribasso a 195 punti a seguito della decisione di Moody’s di alzare l’outlook dell’Italia da negativo a stabile. Doccia fredda qualche ora più tardi, quando l’agenzia di rating Fitch fa sapere che le dimissioni di Letta e la sua sostituzione con Renzi "evidenziano la volatilità della politica italiana". Renzi, infatti, "sarà il quarto primo ministro italiano dal novembre 2011". E dunque, secondo Fitch "l’incertezza sulla durata dei governi e la loro capacità di attuare riforme strutturali" oltre che di portare avanti il consolidamento fiscale "è una delle ragioni" che portano l’outlook sul rating dell’Italia ’BBB+’ in negativo.
Il capo dello Stato aveva concesso due giorni al segretario del Pd - da sabato sera, termine delle consultazioni a stamattina appunto - per permettergli di salire al Colle, se non con la lista dei ministri pronta, almeno con una squadra già tratteggiata a grandi linee, anche se i rumors insistono oggi su un esecutivo ancora in alto mare, sia sul versante degli equilibri di maggioranza sia su quello delle persone a cui affidare i singoli dicasteri.
Domenica era stata una delle fedelissime di Renzi, la responsabile Riforme del partito, Maria Elena Boschi (in pole per diventare ministro) a far capire lo stato delle cose: "Ci servirà qualche giorno", aveva detto anticipando quanto confermato oggi dal leader dem. Mentre il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff di Forza Italia alla Camera, accusa il Colle di aver mandato un ’pizzino’ per rivendicare la scelta di tre ministri.
A margine del totoministri, Fabrizio Barca è caduto in una beffa della trasmissione di Radio 24 ’La Zanzara’ e si è lasciato andare ad affermazioni che faranno discutere. Intervistato da un finto Vendola, l’economista ha detto di "ricevere continue pressioni da Carlo De Benedetti per il ministero dell’Economia. Ma io non ci penso proprio". A questo proposito Barca cita perfino i risultati del sondaggio di Repubblica.it dove lui è primo. Naturalmente la nostra redazione e i nostri lettori non ascoltano i consigli di nessuno, il sondaggio è una delle tante iniziative nate intorno alla crisi di governo.
Barca entra poi nel merito delle trattative per stilare la lista dei ministri e dice al finto Vendola: "Non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo. Non essendoci un’idea, siamo agli slogan... Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perché vedo uno sfarinamento veramente impressionante, Nichi". E conclude: "Sono colpito dall’insistenza, il segno della loro confusione e disperazione".
Il sindaco comincerà le consultazioni domani alla Camera, dopo aver riunito a Firenze, per l’ultima volta, il consiglio comunale. I colloqui potrebbero andare avanti fino a giovedì. E il giuramento al Colle potrebbe essere calendarizzato per il fine settimana. Slitterebbe così la fiducia in parlamento, che in un primo momento era stata ipotizzata tra venerdì e sabato.
Sul fronte delle alleanze continua il confronto con Angelino Alfano e il Nuovo Centrodestra. Un appoggio, quello del ministro dell’Interno uscente, ad oggi fondamentale (soprattutto al Senato) per la nascita dell’esecutivo renziano. Alfano, come già fatto intendere dopo le consultazioni al Quirinale, non considera affatto scontato il sostegno al governo se non si realizzano alcune condizioni. Una è la conferma, oltre che di se stesso, degli attuali ministri Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin. L’altra è un perimetro della maggioranza che non si sposti troppo a sinistra e non preveda, al di là dell’accordo sulle riforme, una significativa apertura a Forza Italia.
Intanto, dentro al Pd il disagio delle minoranze continua a farsi sentire. Gianni Cuperlo chiede al nuovo presidente un confronto sul programma di governo. E se Pippo Civati ancora è in dubbio se accordare o meno la fiducia al governo ’Renzi 1’, a parlare - subito dopo l’affidamento dell’incarico da parte di Napolitano - è stata la deputata Sandra Zampa, che voterà per l’ok al nuovo premier "ma - dice - non ingoieremo più rospi".

REAZIONE DEI MERCATI
MILANO - Il combinato disposto Moody’s-Renzi dà fiato a Piazza Affari e restituisce serenità al mercato sul fronte del debito sovrano italiano. Prima la decisione, venerdì scorso a Borse chiuse, dell’agenzia di rating di alzare l’outlook sull’Italia da negativo a stabile; poi l’incarico del Quirinale del segretario del Pd, Matteo Renzi, di formare il nuovo governo dopo le dimissioni di Enrico Letta. Uno scenario che le maggiori banche d’affari internazionali hanno accolto con soddisfazione perché nonostante le riforme paiano complicate da portare a termine, si allontana lo scenario di nuove elezioni. Inoltre, Renzi avrebbe già garantito all’Unione europea e alle istituzioni internazionali una certa continuità in materia di politica economica. Al punto che il nuovo ministro dell’Economia verrebbe appuntato solo dopo un confronto informale con Bruxelles. A tutto questo si aggiunge il fatto che Moody’s ha, per la prima volta dal 2011, riconosciuto i progressi fatti dall’Italia registrando di fatto la fine del crollo che ha portato in poco più di due anni il rating da Aa2 a Ba2: tradotto, il fondo è stato probabilmente
toccato, ora può iniziare la risalita. Una lenta ripresa certificata anche dalla prima crescita del Pil (+0,1%) registrata nell’ultimo trimestre dello scorso anno. Per l’altra agenzia di rating, Fitch, l’outlook per l’Italia rimane negativo per le incertezze politiche: Renzi "avrà probabilmente le stesse difficoltà del suo predecessore" nel "fare le riforme che rilancerebbero la crescita e la competitività economica dell’Italia".
In questo contesto il listino milanese ha consolidato i massimi toccati venerdì scorso poco sotto quota 20.500 punti, chiudendo a +0,11%, mentre lo spread, la differenza di rendimento tra Btp e Bund tedeschi a 10 anni, scende a 192 punti, ai minimi dai primi giorni del luglio 2011. Sul mercato secondario i tassi cui vengono scambiati i titoli italiani scivolano al 3,61%, livelli che riportano al gennaio 2006. Nel resto del Vecchio continente, Londra ha guadagnato l’1%, Francoforte è rimasta invariata, mentre Parigi ha ceduto lo 0,1%.
Sul fronte macroeconomico, in un giornata scarica di dati europei e con Wall Street chiusa per il Presidents day, si guarda al Pil giapponese che ha registrato a ottobre-dicembre una crescita reale per il quarto trimestre di fila, segnando un rialzo congiunturale dello 0,3% e uno annualizzato dell’1%. Nell’intero 2013, secondo i dati diffusi dal governo nipponico, il Prodotto interno lordo, nel primo anno della ’Abenomics’, ha avuto un progresso dell’1,6%. Abbastanza per spingere la Borsa di Tokyo a chiudere in rialzo dello 0,56%.
Venerdì scorso, invece, Wall Street ha chiuso la miglior settimana dell’anno: dopo le operazioni di compensazione, il Dow Jones è cresciuto dello 0,79%, il Nasdaq è salito dello 0,08% e lo S&P 500 è salito dello 0,48%. Nell’ottava il Dow Jones e lo S&P 500 hanno guadagnato il 2,3%, il Nasdaq è salito del 2,9%.
Sul fronte delle materie prime, il petrolio oscilla intorno ai 100 dollari al barile. In ribasso il Brent a 109,06 dollari. Acquisti anche per l’oro che viene scambiato a 1.330,03 dollari l’oncia. L’euro è in rialzo sopra 1,37 dollari, dopo i positivi dati della settimana scorsa sul Pil dell’Eurozona.
(17 febbraio 2014)

TOTOMINISTRI
ROMA - Matteo Renzi lavora al programma, ma i contatti per la formazione della squadra di governo non si interrompono. Il Palazzo è in fermento, si registrano rivalità sotterranee (a volte nemmeno ben celate) tra chi aspira a diventare ministro. Il premier in pectore vuole un governo con 16-18 titolari di dicastero, la metà saranno donne. E bisogna trovare i giusti equilibri tra il Pd e gli altri partiti della coalizione. Ma in queste ore la priorità del sindaco è la ricerca di un nome per il posto in assoluto più delicato: l’Economia.
Il futuro titolare del Tesoro deve avere un profilo politico (questa sembra la tendenza di Renzi) e godere di credibilità di fronte ai mercati e in Europa. Per questo vengono date in calo le quotazioni dei tecnici Lucrezia Reichlin (comunque ancora in corsa) e Bini Smaghi. Tra i politici si parla di Fabrizio Barca, ma la scelta non è ancora stata fatta. Il Colle segue da vicino la vicenda e non fa mistero di vedere bene l’approdo a Via XX Settembre dell’ex premier Enrico Letta, che però non ne vuole sapere così come Renzi non sembra entusiasta di avere in squadra il suo predecessore.
Da due giorni Prodi smentisce seccamente di essere interessato al Tesoro, ma i sismografi della politica più di un movimento intorno al Professore lo registrano. Così come dalle parti di Mario Monti, che però non appare realmente in corsa. Un nome credibile per una poltrona di vice al Tesoro è quello di Benedetto Della Vedova, capogruppo al Senato di Scelta Civica.
Renzi vuole un amministratore delegato di pregio alla guida dello Sviluppo economico. Dopo la rinuncia dell’ad di Luxottica Andrea Guerra sono in corso contatti con Mauro Moretti, l’uomo delle Ferrovie. E in queste ore viene battuta un’altra pista, quella che porta a Franco Bernabè, ex numero uno di Telecom. Resta in piedi l’ipotesi di vedere Montezemolo a un ministero per la promozione del Made in Italy nel mondo, ma se l’operazione non andasse in porto potrebbe subentrare Carlo Calenda, ex Italia Futura il cui incarico sarebbe il più classico Commercio Estero. C’è poi la casella del ministero degli Esteri: Emma Bonino è apprezzata (anche dal Colle) ma la sua conferma per quanto probabile non è scontata. Potrebbe essere sostituita da un interno alla Farnesina o da Lapo Pistelli, viceministro con Letta e con una fitta rete di relazioni internazionali. Stesso discorso per Enzo Moavero agli Affari Europei: stimatissimo in Italia (anche lui gode di grande fiducia al Colle) e all’estero, la conferma non è data per certa visto che il civil servant che viene da Bruxelles non ha un partito alle spalle. Potrebbero succedergli Sandro Gozi o Federica Mogherini (entrambi Pd, tra i renziani in queste ore la seconda viene data in vantaggio).
C’è poi il nodo Giustizia: scese le quotazioni di Vietti (vicepresidente del Csm) si parla di due ipotesi, una politica che punterebbe su Andrea Orlando (ex responsabile giustizia pd e ministro dell’Ambiente con Letta), l’altra su un tecnico. In questo secondo scenario balla una rosa di nomi: Mario Barbuto (presidente della Corte d’Appello di Torino), Livia Pomodoro (presidente del Tribunale di Milano), Andrea Proto Pisani (avvocato fiorentino) e, novità di ieri, Guido Calvi, avvocato, ex Csm ed ex senatore Ds.
È poi in corso un braccio di ferro con Alfano, che vorrebbe restare agli Interni ma che in queste ore sembra poter cedere a patto di mantenere la vicepresidenza del Consiglio. Il questo caso in pole per il Viminale ci sarebbe Dario Franceschini (Pd), che altrimenti verrebbe dirottato alla Cultura. L’Ncd vuole mantenere anche i ministri Lupi (Infrastrutture) e Lorenzin (Salute), mentre ieri Quagliariello ha formalizzato l’addio al ministero delle Riforme che dovrebbe andare alla renziana Boschi (per lei si parla anche dei Rapporti con il Parlamento).
Tra i popolari Renzi come ministro vorrebbe Andrea Olivero (Famiglia), ma i centristi (compreso lo stesso Olivero) premono per la conferma di Mario Mauro alla Difesa (ha 10 senatori e sarebbe l’unico leader di partito fuori). Nel caso non venisse confermato, alla Difesa potrebbe arrivare Roberta Pinotti o Emanuele Fiano (entrambi Pd). Se un punto fermo è Graziano Delrio nel ruolo chiave di sottosegretario alla Presidenza, a ballare sono i montiani. Si parla di Stefania Giannini (Istruzione) o Irene Tinagli, con la prima che però in caso di governo con più vicepremier andrebbe a Palazzo Chigi. Al lavoro in corsa i pd Guglielmo Epifani e Marianna Madia, mentre all’Agricoltura dovrebbe arrivare il renziano Carbone. Il socialista Nencini potrebbe approdare agli Affari Regionali.

RECORD
Matteo Renzi diventerà il premier più giovane dell’Unione Europea, l’unico a non avere ancora raggiunto la soglia dei 40 anni. Con i suoi 39 anni appena compiuti (l’11 gennaio scorso), sarà il presidente del Consiglio italiano più giovane di sempre. Battendo anche il record di Benito Mussolini che, a 39 anni e 3 mesi, ottenne, il 30 ottobre 1922, l’incarico di formare il Governo (Reuters) Gallery a cura di Federica Seneghini @fedesene
Renzi sarà anche il terzo presidente del consiglio nella storia repubblicana a non sedere in Parlamento. Prima di lui solo altri due premier arrivarono a Palazzo Chigi senza avere un seggio alla Camera o al Senato: Carlo Azeglio Ciampi nel 1993 e Lamberto Dini nel 1995. Ma in entrambi i casi si trattava di «tecnici» chiamati a traghettare il Paese alle elezioni e non leader di partito
Il primato precedente di premier più giovane apparteneva al democristiano Giovanni Goria. Barba da professore e una carriera lampo nella balena bianca, era arrivato a Palazzo Chigi nel 1987, quando aveva 43 anni
Anche Letta aveva bruciato le tappe, insediandosi a 46 anni. Meglio di lui aveva fatto Amintore Fanfani (nella foto), che aveva solo 45 anni quando fu chiamato a guidare il suo primo governo, nel 1954 (Ansa)
Giorgia Meloni detiene invece il primato di ministro più giovane della storia repubblicana. Divenne ministro della Gioventù a 31 anni, nel 2008. Battendo così Enrico Letta, ministro a 32 anni (Imagoeconomica)
Irene Pivetti, esponente della Lega Nord, detiene invece il record di presidente della Camera più giovane di sempre. Fu eletta nel 1994 quando aveva appena 31 anni
Luigi di Maio, del Movimento Cinque Stelle, è invece il vicepresidente della Camera più giovane. E’ stato eletto il 21 marzo scorso a 26 anni (Imagoeconomica)
Carlo Scognamiglio (qui in uno scatto del 18 maggio 1994, mentre stringe la mano a Silvio Berlusconi) fu eletto il 16 aprile 1994 a 49 anni. Detiene il record di presidente del Senato più giovane di sempre
Enzo Lattuca, del Partito Democratico, è diventato lo scorso febbraio il più giovane parlamentare della storia repubblicana. Aveva compiuto 25 anni da pochi giorni, giusto in tempo per poter entrare alla Camera secondo il limite d’età richiesto dalla legge (Twitter)
L’esponente della Lega Nord Massimo Garavaglia è stato eletto al Senato a 40 anni. Detiene il primato di senatore più giovane della storia della Repubblica Italiana

CORRIERE.IT
Dopo un colloquio di oltre un’ora e mezza, Matteo Renzi ha ricevuto dal presidente Napolitano l’incarico per la formazione del nuovo governo. Come annunciato dal segretario generale del Quirinale, Donato Marra, il segretario del Pd «ha accettato con riserva». Convocato per le 10,30, il premier in pectore si era presentato con dieci minuti di anticipo, arrivando alla guida di una Giulietta e con al fianco solo il capo ufficio stampa del suo partito, Filippo Sensi.
LA ROAD MAP DEL GOVERNO - «Per un orizzonte di legislatura come quello che ci proponiamo - ha spiegato Renzi uscendo dall’incontro con Napolitano - serve qualche giorno per sciogliere la riserva». Il presidente incaricato ha poi dettato quella che considera una vera e propria road map per l’esecutivo, prima ancora delle questioni legate ai nomi. In particolare, ha spiegato che da subito bisognerà affrontare il tema delle riforme istituzionali, a partire da quella elettorale. Per poi passare nei mesi successivi a tre macro-temi, uno per mese: a marzo il lavoro; ad aprile la riorganizzazione della pubblica amministrazione; e a maggio il fisco.
LA SQUADRA - Renzi non dovrebbe in ogni caso impiegare molto a comporre la squadra del nuovo governo, a cui sta lavorando da giorni e a cui ha messo mano anche nel fine settimana. La maggior parte delle caselle è già stata riempita, ma resta da risolvere un nodo fondamentale come quello dell’Economia: per il ministero di via XX Settembre sono stati indicati diversi nomi di autorevoli economisti, dalla Reichlin a Bini Smaghi, ma nelle ultime ore si è fatta avanti l’ipotesi che una delle poltrone più delicate venga affidata ad un ministro politico e non tecnico.
I MALUMORI - Una volta completata la squadra resterà lo scoglio della fiducia in Parlamento. Scontata quella alla Camera, potrebbe essere meno scontata quella al Senato. La minoranza del Pd, infatti, potrebbe non volere avallare un governo politico che debba fare i conti - politici - con il Ncd di Angelino Alfano che ancora domenica ha ribadito la necessità che nel programma di governo siano evidenti anche le istanze del centrodestra. Lo dice chiaramente Pippo Civati, avversario di Renzi alle primarie del Pd dello scorso dicembre, in un intervista a Repubblica: «Se ho rotto con Matteo è perche’ non voglio Alfano. Non so se voterò’ la fiducia, anche altri parlamentari la pensano come me». Ma Civati, che domenica ha ribadito pubblicamente le sue perplessità e lanciato l’hashtag #matteostaisereno, esclude che la defezione sua o di altri possa compromettere il progetto renziano: « Se fa l’alleanza con Alfano, nasce il governo di centrodestra in due giorni. E nasce anche senza dieci di noi».
MERCATI OTTIMISTI - Nel frattempo, in attesa dell’imminenza dell’incarico a Renzi da parte del presidente Napolitano, i mercati sembrano reagire con ottimismo, come del resto è avvenuto anche nei giorni che hanno preceduto le dimissioni del premier uscente Enrico Letta. Lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi si attesta a quota 197, dopo essere sceso a 195 punti, contro i 199 punti della chiusura di venerdì scorso, ancora una volta sotto la soglia psicologica dei 200 punti. Il rendimento del decennale arretra al 3,65%. Il differenziale tra i Bonos spagnoli e il Bund tedesco segna 188 punti per un tasso del 3,57%.

CORRIERE.IT
Subito le riforme istituzionali e la nuova legge elettorale. Poi, da marzo, un impegno particolare su tre macro-temi: a marzo il lavoro («la vera emergenza e non solo per quelli della mia generazione»), la riforma della pubblica amministrazione e quella del fisco Matteo Renzi ha impiegato due minuti a presentare le linee guida del suo programma, quelle su cui ha assicurato di voler mettere «tutta la determinazione e l’impegno di cui sono capace». Ma in quei due minuti ha affrontato le questioni principali su cui si giocherà la tenuta dell’esecutivo e il rispetto dell’impegno a ll’«orizzonte di legislatura» ostentato subito dopo avere ricevuto dal presidente Napolitano (che lui chiama «signor presidente») l’incarico per la formazione del nuovo governo. Ovvero, l’obiettivo di restare in carica fino al 2018. «Prima i programmi - ha sottolineato -, i nomi vengono dopo». Poi, mentre era in viaggio in treno per Firenze, ha espresso il suo ottimismo via Twitter, lanciando l’hashtag #lavoltabuona.

LA ROAD MAP - La road map più immediata è però quella della formazione dell’esecutivo a cui seguirà il passaggio in Parlamento per la fiducia. La giornata di Renzi si divide tra Roma e, appunto, Firenze. Nella sua città il sindaco torna per adempiere a tutte le formalità istituzionali conseguenti all’accettazione dell’incarico, ovvero il passaggio di consegne della guida di Palazzo Vecchio con il suo vice Dario Nardella. Ma in serata sarà nuovamente nella Capitale, per dare il via alle trattative con gli alleati. Nella giornata di martedì si svolgeranno invece nella Sala del Cavaliere a Montecitorio le consultazioni formali e ufficiali. E solo dopo Renzi potrà sciogliere la riserva tornando dal Capo dello Stato per comunicargli di essere pronto a prendere possesso di Palazzo Chigi.
IL VOTO DI FIDUCIA - Il voto di fiducia in aula potrebbe dunque essere calendarizzato alla fine della settimana, giovedì o venerdì, anche se lo stesso premier incaricato ha messo le mani avanti spiegando che volendo ragionare su un orizzonte di legislatura alcuni giorni saranno necessari. In questo intervallo, oltre a mettere a punto un programma che possa mettere d’accordo sia il Pd sia i suoi principali alleati, a partire dal Nuovo Centrodestra, Renzi nella sua veste di segretario proverà anche a recuperare l’unità interna, cercando di far superare alla minoranza che fa capo a Pippo Civati quei malumori che potrebbero tradursi in voti negativi in aula.