Sergio Luzzato, Domenica, Il Sole 24 Ore 16/2/2014, 16 febbraio 2014
(RI)SCRIVERE IL CALCIO
Scrivere di calcio è molto più difficile di quanto non sembri. Lo ha recentemente sostenuto un grande romanziere spagnolo, Enrique Vila-Matas, che di calcio ama scrivere lui stesso. Lo conferma un grande critico italiano, Massimo Raffaeli, nel volume La poetica del catenaccio, e altri scritti di calcio (edizioni Italic, Ancona). «Fra i troppi libri pubblicati in Italia, quelli sul cibo e sul calcio si segnalano per una loro fastidiosa ridondanza», ammonisce saggiamente Raffaeli. Ma nulla ha di fastidioso né di ridondante questa sua raccolta, che anzi andrebbe gustata pure da quanti di calcio se ne infischiano. Tanto la passione calcistica – che c’è, ed è divorante, ossessiva: imperdonabile, verrebbe da dire, sulla base di qualunque criterio razionale o morale – vale da occasione, in Raffaeli, per scrivere di letteratura. E anche per scrivere di storia. Non solo, dunque, per esercitare l’acume del critico sulle maggiori poesie e prose italiane di soggetto calcistico, da Saba e Soldati ad Acitelli e Perrone, passando per Arpino e Brera. Anche per guardare con profondità di campo a quello che il calcio ha significato nell’Italia moderna e a quello che significa – ma in un modo ben diverso – nell’Italia contemporanea. Sono tutte da leggere, in particolare, le pagine di Raffaeli su Pier Paolo Pasolini. Sul tifoso da stadio nonché calciatore dilettante che nel 1970 teorizzava la propria passione in termini antropologici («il calcio è l’ultima sacra rappresentazione del nostro tempo»): che faceva del calcio un atto estremo
di resistenza popolare e umanistica, «quasi una laica eucaristia che venga spartita tirando due calci a un pallone», contro i guasti della mercificazione dilagante. E non poteva sospettare, Pasolini, «che proprio il calcio sarebbe divenuto la conferma tangibile della sua nera profezia». «Non più un gioco e nemmeno uno sport, ma un format planetario, la merce per antonomasia da rivendere ai devoti di una religione infera e peraltro totalmente secolarizzata».