Goffredo De Marchis, la Repubblica 17/2/2014, 17 febbraio 2014
LE GARANZIE DI RENZI AD ALFANO “NON CERCO ALTRE MAGGIORANZE” IL CRONOPROGRAMMA DEL GOVERNO
È il giorno dell’incarico ed è anche il giorno in cui Matteo Renzi tornerà a parlare pubblicamente, appena uscito dallo studio di Giorgio Napolitano. «Voglio mandare subito un segnale agli italiani, superare lo strappo di un altro governo che non nasce nelle urne — confida agli amici —. Voglio far sapere che le nostre proposte rispetteranno una tempistica precisa, avranno il metronomo di scadenze prefissate». Alle 10,30 il segretario del Pd sale al Colle per ricevere il compito di formare un esecutivo. Immediatamente dopo comincerà le consultazioni, la più importante delle quali è con Angelino Alfano, principale sostegno della coalizione. Renzi è sicuro che con il vicepremier i problemi saranno ridotti al minimo. «So che Angelino intende collaborare a un progetto riformista. E con lui ho preso un impegno: non sfruculiare il Nuovo centrodestra lavorando ad altre maggioranze». Dovrebbe essere sufficiente a mettere il confronto in discesa perché la vera preoccupazione dell’Ncd sono gli allargamenti a sinistra (Sel), ma soprattutto a destra (Berlusconi).
A metà pomeriggio Renzi si mette in macchina da Firenze e raggiunge Roma. C’è un piccolo giallo su un faccia a faccia con Alfano in serata. Alla fine decidono di rinviare a oggi, per rispettare il passaggio formale al Quirinale. I tempi del resto non saranno brevissimi, come conferma la renziana Maria Elena Boschi: «Non ci hanno chiesto particolari accelerazioni. Prenderemo qualche giorno». Renzi non crede che qualche ora possa disturbare il suo cammino, che in questo spazio si possano infilare nuove polemiche in grado di far saltare l’intesa. «Lasciamo che tutti si sfoghino — spiega ancora ai fedelissimi —. Poi la partita vera saranno i primi tre mesi e le proposte concrete. Lì dobbiamo fare la rivoluzione davvero». Il segretario considera «bandierine ideologiche» quelle messe a sinistra «dai Civati» e a destra «dai Formigoni». «Con Alfano è tutta un’altra storia. Sta al Nuovo centrodestra decidere se essere partner o competitor in questa sfida per cambiare il Paese. Ho segnali che sceglieranno la prima strada».
La questione chiave resta per il momento la selezione dei ministri, la squadra che è il primo atto del governo. Ma in prospettiva, per durare fino al 2018 o giù di lì, i patti sugli equilibri della maggioranza hanno un peso anche nelle decisioni di oggi. «Osservo molti movimenti in Sel e nei 5stelle. Ricevo dei segnali chiari da quella parte». E a destra? «Idem — racconta Renzi alla fine della giornata parlando con gli amici —. Dalla Lega e da Forza Italia, ma non voglio nemmeno pensare a cambiare l’asse dell’esecutivo». Questo è quello che dice anche ad Alfano nelle tante telefonate di questi giorni. Sono parole rassicuranti per il vicepremier, capaci forse di sbloccare velocemente la delicata fase della formazione dell’esecutivo.
Per Renzi è prioritario far passare il messaggio del perché lo sbarco a Palazzo Chigi sia avvenuto con tale rapidità. «La gente deve comprendere le condizioni in cui siamo partiti, anche se solo dopo i 100 giorni sarà perfettamente chiaro il motivo per cui abbiamo accelerato», dice ai fedelissimi. Non si può però sfuggire al primo giudizio sul Renzi 1: la composizione dell’esecutivo. «Cerco un governo di competenti e di persone che fanno in fretta le leggi. Dei semplificatori di problemi, con il coltello tra i denti. Io mi gioco tutto e devono farlo anche quelli che lavoreranno con me».
All’Hotel Bernini Bristol, in serata, il segretario arriva da solo. Il portavoce della segreteria Lorenzo Guerini è nella sua città Lodi. Il numero 2 renziano Graziano Delrio a Reggio Emilia. Tutti pronti a rientrare a Roma stamattina, per una riunione operativa con il presidente del Consiglio incaricato. Le consultazioni saranno rapide, ma non rapidissime. Si moltiplicheranno a partire da oggi le richieste che si sono già manifestate in queste ore, dopo le dimissioni di Enrico Letta. La minoranza cuperliana del Pd, uscita malconcia dall’ultima settimana, presenterà un documento programmatico a Renzi. Lo ha scritto Stefano Fassina con l’idea di offrire un contributo ma anche di rilanciare l’immagine della sinistra interna. Sul lavoro la proposta è rinegoziare gli obiettivi europei per favorire gli investimenti. Sulle privatizzazioni, bisognerebbe utilizzare gli introiti per finanziare il servizio civile per il lavoro affidandolo al Terzo settore. Infine, c’è un progetto per redistribuire i tempi di lavoro «e non sto parlando delle 35 ore», precisa Fassina. È piuttosto un ragionamento su pensioni flessibili, pensionamento part time, contratti di solidarietà invece della Cig. La minoranza punta a uscire dall’angolo con i progetti anziché con la disputa sulle poltrone.
La legge elettorale sarà un altro tema di discussione. Con Alfano e con quella parte del Pd da sempre nemica dell’Italicum, per cominciare. In molti vogliono ricontrattare il patto Berlusconi-Renzi. E allungare decisamente i tempi se è vero che l’esecutivo ha l’orizzonte spostato al 2018. «Cominciamo dalla riforma costituzionale del Senato — dicono i cuperliani —. Poi passeremo alla riforma elettorale». Per il segretario del Pd sono contraccolpi legittimi, ma da assorbire con facilità: fa tutto parte di «uno sfogatoio generale» che non lo preoccupa o che è convinto di poter contenere. «Sono paletti di partito», secondo Renzi, che saranno spazzati dal passo di carica che assumerà il suo governo, mostrando un’altra velocità della politica. Detto questo, la lista dei ministri ha ancora una forma vaga e resta ballerina la casella dell’Economia, ovvero la più importante, una vera cartina di tornasole della caratura di governo. Partita complicata certo, che si gioca sulla triangolazione tra Palazzo Chigi, Quirinale il grattacielo di Francoforte che ospita la Banca centrale europea e il suo governatore Mario Draghi.