Federico Fubini, Affari&Finanza 17/2/2014, 17 febbraio 2014
I BILANCI ENI POSITIVI MA SOLO IN APPARENZA
L’Eni ha scelto la City per presentare risultati in miglioramento. L’utile netto sale da 4,2 a 5,2 miliardi, +24%. E le prospettive, hanno spiegato i vertici della società, sono interessanti: il dividendo è in aumento, gli investimenti sono previsti a 54 miliardi nei prossimi 4 anni e, grazie ai giacimenti africani, la produzione salirà del 3% fino al 2017 e del 4% da lì al 2023. Se però si distoglie lo sguardo dagli annunci per il futuro e si tenta un raffronto con il passato, il quadro è in chiaroscuro. Confrontiamo l’ultimo anno firmato da Vittorio Mincato (2005) con l’ultimo di Scaroni (2013). La differenza: nel 2005 l’utile Eni è di 8,8 miliardi con un prezzo medio del barile a 54 dollari; nel 2013 l’utile scende del 40% con un prezzo del barile doppio. Nel settore esiste una relazione fra prezzo del petrolio e utile: nel bilancio 2012 Eni lo stima in 200 milioni in più di utile per ogni dollaro in più al barile. Nei primi anni 2000 l’Eni aveva ogni anno un utile netto del 20% sopra quello del 2013 benché il barile costasse meno di un terzo di oggi. Certo dal 2005 la produzione è scesa e gran parte dell’utile sembra venire ancora da investimenti realizzati sotto Mincato. Non sorprende che la performance del titolo deluda rispetto alle concorrenti. Shell e Total sono vicine o sopra i picchi del 2008. Chevron e Exxon sui massimi di sempre. Eni invece dal 2008 ha perso persino più di Bp, malgrado il disastro del Golfo del Messico.