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 2014  febbraio 17 Lunedì calendario

TURISMO L’ITALIA SEMPRE PIÙ GIÙ SIAMO GLI ULTIMI ANCHE TRA I PGS


L’Italia ha conquistato stabilmente il ruolo di primatista dei perdenti nell’Eurozona, superando in negativo Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo. Impossibile trovare, nella massa di statistiche delle più svariate fonti, un solo numero che ci ponga in sia pur lieve vantaggio rispetto agli altri paesi Pigs. Non solo per il Pil, la competitività, la disoccupazione e la corruzione, ma anche per la progressiva caduta in un settore di naturale privilegio nazionale come il turismo. Sembra che non ci sia bellezza naturale o patrimonio artistico e culturale trascurato ma pur sempre unico al mondo - capace di imbrigliare con vigore quel flusso di un miliardo di persone, in crescita del 5 per cento all’anno, che sceglie una vacanza fuori dai propri confini nazionali. Nel 2013, mentre i pernottamenti dei turisti stranieri aumentavano in tutta l’ Eurozona, con punte in Grecia (13,2 per cento) e persino in Lettonia (9,4), ma anche in mete tradizionali come la Gran Bretagna (16,7), l’ Italia – in piena controtendenza – perdeva lo 0,5 per cento, che sale al 4,6 di perdita se si considera anche il turismo nazionale. I nuovi viaggiatori – cinesi, russi, brasiliani – sono milioni e crescono ogni anno di percentuali a due cifre. Ma le nostre strutture vecchie, i prezzi alti, i servizi inadeguati, gli scarsi investimenti e l’incapacità di misurarsi con efficacia sui mercati esteri hanno spinto l’Italia in coda anche in questa classifica di tradizionale eccellenza, nella quale eravamo i primi fino al 2000, quando siamo stati surclassati da Francia e Spagna. Soltanto per rinnovare gli alberghi italiani, l’80 per cento dei quali è stato costruito più di vent’anni fa, occorrono 4 miliardi e mezzo di euro. Ma gli investimenti sono legati ad incentivi che gli imprenditori del settore chiedono per ammodernare le strutture.
Nel 2015 si attendono 20 milioni di visitatori in occasione dell’Expo di Milano, ma già tardano alcune delle opere infrastrutturali principali e la temperie politica ed economica non appare la più favorevole per lanciare finalmente una politica nazionale del turismo. Nel suo documento programmatico “Impegno Italia” letto in articulo mortis, Enrico Letta proponeva una riforma della governance del sistema turistico e un piano straordinario per i beni artistici e culturali. Ma con proposte alquanto esili: l’istituzione di un comitato interministeriale e l’ennesimo tentativo di rilancio dell’Enit. L’Ente nazionale per il turismo, che dovrebbe promuovere il brand dell’Italia nel mondo, ha quasi cent’anni e da quasi mezzo secolo è generalmente considerato un ente inutile, usato spesso per collocare politici trombati, boiardi e clientes vari. Dei 18 milioni di euro che costa ogni anno, buona parte se ne va per pagare gli stipendi, mentre per la promozione sui mercati esteri restano pochi spiccioli e campagne promozionali risibili. Presidente dell’Enit è Pierluigi Celli, ex direttore generale della Luiss e consigliere d’amministrazione di varie società. Amministratore delegato è Andrea Babbi, anche lui titolare di altri incarichi, assunto dal governo Monti quando lo stesso governo aveva già varato il divieto di assunzione di personale.
Nessuno, nei decenni, è riuscito a riformare o a chiudere l’Enit per dotare il paese di una vera agenzia capace di intercettare i grandi flussi turistici. Questa si, fra le tante, è un’altra bella sfida per il rottamatore fiorentino.

a.statera@repubblica.it