Emiliano Liuzzi, Il Fatto Quotidiano 17/2/2014, 17 febbraio 2014
IL PAESE SOTTO SCORTA TRA STATUS E NECESSIT
La stima è di 255 milioni l’anno. Tanto costano le scorte sul bilancio dello Stato. Quasi tutte per necessità, per qualcuno invece lo status di un traguardo raggiunto, soprattutto nell’ambiente romano-centrico, dove le auto blu con tanto di sirena al seguito sono qualcosa come 200, mentre in Italia si stima che siano quasi 600 le scorte affidate a personalità politiche, del mondo dell’impresa, della cultura, dello spettacolo e del giornalismo. Il primo livello di protezione, dedicato a 16 uomini pubblici, è di due o tre auto blindate, ognuna con tre agenti. Il secondo, per 82 beneficiari, due auto blindate, sempre con tre agenti ciascuna. 312 personalità hanno una macchina blindata con due agenti. Le rimanenti 174 sono protette da uno o due agenti con un mezzo non blindato. Negli ultimi anni sono stati spesi 120 milioni di euro per 600 Bmw, 100 Audi e altre auto di lusso. Il parco macchine complessivo è di circa 1.500 unità. Una flotta. 4 mila sono gli agenti utilizzati.
De Mita, Scajola, Pisanu, Mastella
A scorrere l’elenco, in alcuni casi, viene da chiedersi il perché. Non si capisce, per esempio, come Antonio Mastrapasqua, ex presidente dell’Inps, viaggiasse scortato da tre agenti. Oppure la necessità di tutelare ministri della prima Repubblica come Paolo Cirino Pomicino e Ciriaco De Mita, altri da tempo non più in carica come Claudio Scajola, Beppe Pisanu, Francesco Rutelli, Gianfranco Rotondi, Lorenzo Cesa. Romano Prodi, due volte presidente del consiglio dei ministri, una volta presidente della Commissione europea e, in lontano passato, ministro dell’industria prima e presidente dell’Iri dopo, è scortato da quattro agenti che si alternano: “Rinuncerei volentieri, sono obbligato”. Almeno sul territorio italiano. Quando è a Bologna riesce a svicolare e spessissimo gira da solo.
Di una scorta di due uomini può godere anche Paolo Berlusconi, nella carica di fratello dell’ex presidente del consiglio. Il direttore del suo Giornale, Alessandro Sallusti e l’ex, Vittorio Feltri hanno diritto a due agenti ciascuno. Tra i direttori protetti c’è infine anche Maurizio Belpietro. Scortati sono anche il direttore della Stampa Mario Calabresi ed Emilio Fede, protetto da due agenti da molti anni. Tra i sorvegliati speciali del ministero non ci sono, al momento, né Beppe Grillo, leader del Movimento 5 stelle, né il segretario del Partito democratico , Matteo Renzi che, nonostante le resistenze fatte fino a oggi, avrà – come finora da protocollo li ha avuti il premier uscente Enrico Letta – 15 angeli custodi appena si sarà insediato a Palazzo Chigi.
Diversa, invece, la situazione per Grillo: formalmente non è segretario di nessun partito e il ministero non gli può imporre di essere sorvegliato. Qualche mese fa, dopo una serie di minacce registrate dai carabinieri, Grillo venne convocato perché accettasse di avere almeno due persone che sorvegliassero sulla sua incolumità personale. La risposta è stata un categorico no. Nonostante i suoi comizi siano sempre affollati, nonostante abbia nemici a profusione, nonostante le insistenze della famiglia, ha rifiutato il servizio pagato dalla Stato e non ne vuole sapere neanche di una sorta di sorveglianza privata. “Non ne ho bisogno”, è stata la sua risposta. “E non ne avrebbero bisogno neppure i politici che bivaccano a Roma”.
Boldrini, protetto il fidanzato
Le esigenze dei giorni scorsi e gli attacchi sul web hanno imposto anche di aumentare gli agenti che seguono il presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini: viene sorvegliata da 12 uomini ogni giorno per 24 ore. Per i suoi spostamenti vengono utilizzate sempre due auto blindate e una terza va in avanscoperta per effettuare i sopralluoghi di sicurezza nei luoghi dove è attesa. Una quarta auto tutela l’abitazione privata. Inoltre la scorta è stata estesa anche al suo compagno dalla settimana scorsa, quando il presidente della Camera ha ricevuto un proiettile. in una busta. Sotto tutela è anche il ministro all’integrazione, ormai uscente, Cecile Kyenge, che dopo gli attacchi di cui è stata oggetto nell’ultimo anno e il valore simbolico che ricopre la sua figura di primo ministro nero della storia d’Italia, è sempre circondata da sei uomini.
Ma come vengono assegnate le scorte? Prima del 2002 la questione era regolata dalle singole prefetture. Una persona poteva essere protetta a Milano, ma non essere ritenuta meritevole di tutela dal prefetto di Roma. L’allora ministro degli interni Claudio Scajola nel settembre 2001 lanciò un programma per il taglio del 30% di tutte le scorte che costavano allora circa mille miliardi di lire all’anno, meno di 500 milioni di euro odierni. I tagli provocarono il disappunto di diverse procure tra cui quella di Milano, tanto che il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli minacciò uno sciopero della scorta assieme alla sua pm più a rischio, Ilda Boccassini (impegnata in pericolose inchieste sulla ‘ndrangheta).
Ma poi succede l’irreparabile. Il 19 marzo 2002 a Bologna, il giuslavorista Marco Biagi – che da mesi invano chiedeva indietro la scorta che gli era stata tolta dai prefetti di Modena, Bologna, Roma e Milano – fu freddato in via Valdonica davanti al portone di casa. Seguì un vespaio di polemiche che travolsero Scajola e i suoi tagli. Il capo del Viminale, sotto pressione, arrivò a dire poche settimane dopo l’agguato: “A Bologna hanno colpito Biagi che era senza protezione, ma se lì ci fosse stata la scorta i morti sarebbero stati tre. E poi vi chiedo: nella trattativa di queste settimane sull’ articolo 18 quante persone dovremmo proteggere? Praticamente tutte”. Poi dichiarò ancora ai cronisti stupefatti: “Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza”. Il politico ligure fu silurato dal governo, ma intanto il 2 luglio 2002 arrivò la legge numero 133, quella tuttora in vigore che ha rimesso all’Ucis, l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza nazionale, la competenza di adottare i provvedimenti e impartire le direttive per la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio.
Cosa dice la legge
La legge, se da una parte vorrebbe razionalizzare il sistema di protezione fino allora frazionato e diviso tra decine di prefetture, dall’altra contiene anche norme discutibili, come quella che prevede che gli autisti dei politici o delle personalità pubbliche o private che ottengano la scorta, possano diventare automaticamente agenti di pubblica sicurezza, con tanto di giuramento. Oppure il comma tre dell’articolo 1, che recita: “Per specifiche circostanze e casi determinati il Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministro dell’interno, può definire modalità differenziate in ordine alla tutela e alla protezione di cui al comma 1”. Un cavillo che lascia mano libera all’allora premier e che viene utilizzato per tenersi la sua mega scorta anche una volta uscito da Palazzo Chigi. Nell’aprile 2006 infatti, come riportarono i giornalisti Stella e Rizzo sul Corriere quando ancora stava a Palazzo Chigi in attesa di lasciare il posto a Romano Prodi, il Cavaliere decise di concedersi una scorta di 31 uomini e 16 auto in qualità ex presidente del consiglio. Quella stessa scorta che oggi una petizione online indirizzata al premier Letta, con 120 mila firme già raggiunte, vorrebbe fosse levata a Berlusconi vista anche alla condanna in via definitiva arrivata nell’agosto 2013 Peraltro lo stesso Copasir, il comitato di controllo parlamentare sui servizi segreti lamenta da tempo carenza di organici tra gli 007 italiani e uno dei motivi sarebbero proprio le scorte: cento agenti segreti infatti sono impiegati nella scorta di esponenti politici per un costo annuo di 15 milioni all’anno.