Mario Ajello, il Messaggero 17/2/2014, 17 febbraio 2014
A SCUOLA DISTRAEVA I PROF RIMBAMBENDOLI DI POLITICA
[Letizia Manni]
I compagni di scuola lo ricordano identico a come è adesso. Un tipo smart, anche se allora non si parlava così, al liceo classico Dante di Firenze. In piazza della Vittoria. Il leader in erba era già un leader fatto, e dunque: la stagione dell’erba per Matteo non è mai esista, secondo chi condivideva studi, passioni, giochi, pomeriggi, gite scolastiche, partite di pallone e tutto o, resto della vita da ragazzi. «Matteo è uno che ha voglia di fare. L’ha sempre avuta», racconta Letizia Manni, che ora è una giovane mamma graziosa e allora frequentava la stessa classe di Matteo. E nella foto di gruppo della II A del liceo Dante, scattata il 2 ottobre del 1991, in cui si vede anche il professore di matematica, Letizia è la ragazza bruna sulla sinistra che indossa la t-shirt con su scritto il nome di Marco Masini (il cantante). Matteo, identico a come è adesso, è quello in prima fila al centro, seduto, con addosso la tuta grigio-celestina.
Letizia, Renzi com’era: un lavativo furbo a scuola, e se la cavava trasformando le interrogazioni in show o comizi?
«Ma proprio no. Andava molto bene a scuola, ma non era il secchione che studia dalla mattina alla sera. Alla maturità ha preso il massimo dei voti, sessanta sessantesimi. Forse un risultato così non se lo aspettava neanche lui. Ma poteva assolutamente starci e infatti così è stato».
Se la cavava con la parlantina...
«Sempre stato un grande oratore, effettivamente. Raccontava storie e aneddoti molto bene, con ironia toscana. Nelle interrogazioni faceva collegamenti e intrecciava vicende anche lontane e discipline diverse, la storia con la filosofia con la letteratura e via così. In questa maniera riusciva a parlare delle cose che voleva lui evitando di andare sui temi che conosceva meno».
Era un leader politico anche al Dante?
«E’ stato rappresentante di classe e ha anche fatto il rappresentante di istituto. Lo conoscevano tutti. In classe nostra era l’unico interessato di politica. Ricordo discussioni e confronti molto belli che aveva con il professor di filosofia - il Cancemi - che era di destra. Il prof Lo stimava molto e con Matteo parlavano di tutto. Cancemi si sentiva stimolato da questo ragazzo. Matteo gli diceva: prof, ha visto che cosa c’è scritto sul giornale? E partiva il dibattito. Per noi quelle discussioni erano una mano santa. Così non si faceva lezione».
E lei, Letizia, ora che cosa fa?
«Ho cominciato a studiare storia. Ora lavoro nel sistema farmaceutico».
Matteo l’ha più visto da allora?
«Svariate volte. Sia da presidente della Provincia sia da sindaco. Nelle cene di classe. Lo scorso anno ci siano visti nel tour delle primarie ed é sempre il solito Matteo. Come quando aveva 15 anni. Non si dà le arie. Non ti fa pesare la sua posizione. Mai mai. E’ l’opposto di chi si sente chissà chi. Le solite battute, gli scherzi».
La moglie Agnese lei la conosce?
«Solo di vista. Lui si fidanzó giovanissimo, alla fine del liceo. Lei è di Pontassieve e quindi non era del nostro giro di amici qui a Firenze. Aveva altre comitive. Ed è pure un po’ più piccola di noi».
Insomma, è un Superman a cui è sempre riuscito tutto, ecco?
«No, non sapeva giocare a pallone. Quello proprio no. Ma ha trovato un’alternativa. Si è messo a fare l’arbitro. Ha frequentato un corso e poi ha arbitrato le partite dei tornei locali».
Ricorda una gita scolastica particolare?
«L’ultima, a Budapest, in terza liceo. Ci portarono Cancemi e un altro prof. Quando tornammo erano uscite le materie d’esame e c’era pure matematica. Molti di noi si spaventarono, Matteo no».
A scuola faceva propaganda per la Dc?
«Era democristiano, ma non dava i volantini dello Scudo crociato. Parlava dei problemi scolastici, delle questioni dei giovani. Il suo impegno era così. Sempre all’insegna, però, del divertimento. Non era mai palloso. Parlava sempre di calcio e della Fiorentina. Tifosissimo».
Salverà l’Italia?
«Me lo auguro per tutti. E’ una brava persona. E al nostro Paese servono persone determinate e che pensano al bene comune. Matteo è una di queste persone».
Cattolico magari anche troppo?
«Andava in chiesa, ma mai ha ostentato la sua fede. La vive nella normalità più assoluta. Da persona intelligente, certe cose se le tiene per sé. E’ una persona normale e anche molto speciale. La sua forza sta in questo mix. Nessuno di noi, credo, se lo sarebbe aspettato a Palazzo Chigi. Ma se qualcuno allora ci avesse chiesto chi di noi avrebbe potuto fare politica ad alto livello, avremmo tutti risposto: lui».
Ma non è troppo aggressivo?
«Può sembrarlo, ma non lo è. A meno che non sia cambiato negli ultimissimi tempi, ma non credo proprio. Incolpano sempre i toscani di essere bulli e spocchiosi. Ma non lo siamo. Matteo è com’é. Non ha né malizia né arrivismo».
Con Letta però é stato poco fratello,poco solidale, poco cooperante. É stato tremendo!
«É vero. Ma avrà avuto i suoi motivi».
Dica almeno che è arrogante.
«Se arroganza è la voglia di fare bene, evviva l’arroganza».
Mario Ajello