Fabio Martini, La Stampa 17/2/2014, 17 febbraio 2014
SQUADRA BLOCCATA IN ATTESA DEL SÌ DALLA REICHLIN
Fioccano i no, i primi vip chiamati a fare i ministri si negano, ma l’edificio del nuovo governo non prende forma soprattutto per un motivo: per il momento mancano ancora le colonne portanti. Certo, soltanto questa mattina Matteo Renzi riceverà l’incarico da parte del Capo dello Stato e, pur dovendo accettare con riserva, già da diversi giorni il quasi presidente del Consiglio sta cercando di dare una guida forte al ministero più importante, quello dell’Economia. Nel cerchio stretto di Renzi c’è un momento di stand-by, che ha dato fiato alla ricerca di una personalità con profilo politico, anche se tutta la suspence continua a ruotare attorno ad una risposta che ancora non arriva: quella di Lucrezia Reichlin, che si è presa qualche giorno prima di esprimersi in un senso o nell’altro e che resta, di gran lunga, la preferita e la favorita.
L’economista è benvista da entrambi i presidenti: quello dello Stato e quello in pectore. Giorgio Napolitano stima la Reichlin non certo perché è figlia di due suoi antichi compagni nel Pci, Alfredo Reichlin e Luciana Castellina, ma per una riconosciuta competenza che le è valsa la “nomination” per un possibile ingresso alla Banca d’Inghilterra come vice-governatore. Matteo Renzi conosce e apprezza le qualità della Reichlin e ovviamente è attratto dal glamour che emana una donna competente e di successo.
La Rechlin resta la prima scelta di Napolitano e Renzi anche perché è benvista dalla personalità con la quale qualsiasi governo italiano deve fare i conti: il presidente della Bce Mario Draghi. Ma per chi, come la Reichlin ha finora seguito un percorso all’interno delle grandi istituzioni finanziarie europee e puntava ad una ulteriore escalation, la scelta di scartare bruscamente, entrando in politica, si presenta problematica. E dunque in attesa di una sua risposta, ha preso quota l’ipotesi di un profilo politico.
A parte Fabrizio Barca (che non è stato cercato e che nutre parecchi dubbi), nel giro stretto di Renzi si ragiona attorno ad una personalità dal profilo politico tenuto copertissimo e sul quale si possono fare soltanto congetture. Escludendo, per motivi diversi, quattro personalità che avrebbero potuto assumere l’incarico (Romano Prodi, Giuliano Amato, Mario Monti, Piero Fassino), tra gli ex ministri degli ultimi 18 anni l’unico che ha il profilo “giusto” potrebbe essere un personaggio come l’ex ministro Franco Bassanini, che da diversi anni guida la Cassa Depositi e Prestiti, unico italiano presente nella Commissione Attali che in Francia era stata incaricata dal presidente Nicolas Sarkozy di formulare un’agenda di proposte di riforme. Ma si tratta di una semplice illazione circolata ieri, che però non ha trovato alcuna conferma.
Sono giornate nelle quali fioriscono voci, gossip di tutti i tipi, alcuni verosimili, alcuni meno. Per esempio ieri si è diffusa la voce che proprio in virtù dello stallo per l’Economia, sarebbero state rinnovate le pressioni su Enrico Letta. Una voce totalmente infondata, certamente per quanto riguarda i desiderata sia di Renzi che di Letta. Il primo non metterebbe mai nel ministero più strategico una personalità competente ma di cui non si potrebbe fidare. E d’altra parte Letta, se mai arrivasse una proposta compiuta, fa sapere che non accetterebbe mai e poi mai. L’ex premier ha ben puntellato la propria immagine, uscendo con dignità da palazzo Chigi e non ha alcuna intenzione di comprometterla, accettando una pur corposa “buonuscita”.
Col rinvio dell’incontro tra Matteo Renzi e Angelino Alfano slitta anche il confronto sul programma ma anche sulla squadra di governo. Il presidente quasi incaricato vorrebbe che Alfano lasciasse il ministero dell’Interno, conservando il “pennacchio” da vicepremier. Su questo però Alfano non è pronto a transigere e si impunterà. Anche se, sussurra chi sta trattando, un compromesso si potrebbe raggiungere su uno scambio: Alfano resta al Viminale in cambio del via libera ad un punto di programma controverso, dallo ius soli ai diritti delle coppie di fatto omosessuali.
Se il Viminale diventasse “disponibile”, a quel punto il candidato “naturale” diventerebbe Dario Franceschini, che vanta crediti col quasi-premier dopo aver trascinato la sua corrente nel Pd dal fronte Letta a quello Renzi. Ma Franceschini ha confessato al suo amico Matteo un desiderio: gli piacerebbe fare il ministro dei Beni Culturali. Tra le innumerevoli voci non confermate delle ultime ore, anche quella di un nuovo rifiuto, da parte del leader di Emergency Gino Strada. Certo il no di Guerra, invece, che ringrazia ma declina.