Alain Elkann, La Stampa 16/2/2014, 16 febbraio 2014
CHI HA PAZIENZA (E CORAGGIO) IN BORSA VINCE
[Vito Racanelli]
Incontro Vito Racanelli al Bar Pitti, un ristorante italiano molto alla moda nella zona sud di Manhattan, arredato come una trattoria, dove polpette e spinaci sono eccellenti e così la panna cotta. Non è facile trovare un tavolo se non sei una stella del cinema o un cliente di vecchia data. Racanelli ha studiato Psicologia, ma ha abbandonato perché da quando aveva 11 anni voleva fare lo scrittore. È diventato un giornalista quando ha scoperto che veniva pagato per scrivere.
«Ho iniziato in un giornale greco-americano negli Anni Ottanta, poi sono passato a Energy User News perché avevano una sede italiana (ma non mi ci mandarono). Passai quindi a Dow Jones News e all’Associated Press Dow Jones e nel 1994 fui trasferito a Milano. Nel 1997 sono tornato a New York e ho iniziato a lavorare a Barron’s».
Lo puoi descrivere?
«Io dico che è il miglior settimanale finanziario del mondo perché fa molte ricerche, ha un approccio di alto livello all’investimento e parla a nome dei migliori investitori del mondo».
Hai iniziato con i mercati europei?
«Sono stato il commentatore europeo per 11 anni e ora lo sono per gli Usa. Ogni settimana cerco di dare ai miei lettori una o due idee accattivanti per investire. È ciò che vogliono da me. Ho un buon ritorno. Nel complesso, compreso Internet, abbiamo 500 mila lettori. Gli investitori statunitensi sono abbastanza campanilisti. I singoli titoli delle società straniere non sono molto popolari».
Negli Stati Uniti chi compra azioni?
«C’è un’antica tradizione, ricevo anche lettere di camionisti e vedove, anche se il mercato è volatile, richiede un approccio a lungo termine, 3-5 anni, talvolta di più. E ci sono gli speculatori e gli investitori».
Qual è la differenza?
«Uno speculatore deve prestare attenzione al mercato 24 ore al giorno e sette giorni su sette perché cerca il profitto immediato. È un lavoro che richiede tutta l’attenzione possibile. L’investitore è uno che pensa a lungo termine e cerca una società che farà profitti nel tempo. Gli speculatori acquistano di preferenza azioni insolite. Adesso per esempio sono di moda le biotecnologie, così come dieci anni fa era in voga il settore tecnologico».
Hai detto che gli investitori statunitensi sono meno interessati al resto del mondo. Ma l’economia americana dipende anche dai mercati esteri?
«Da un punto di vista psicologico è vero: La realtà è che appena il 5% circa delle esportazioni Usa va verso i mercati emergenti e verso la Cina. L’Europa è un mercato molto più importante. Il 40% dei profitti di McDonald’s viene dall’Europa, ma l’americano medio non lo sa. Ecco, io provo a spiegare ai miei lettori quello che non sanno».
Cosa dovrebbero fare i piccoli investitori quando il mercato crolla?
«Primo, portare pazienza, secondo acquistare a buon mercato titoli che piacciono. Ci vuole coraggio. Da marzo 2009, quando la crisi era al culmine e tutti dicevano che il mondo stava finendo, la Borsa Usa è salita del 170%. Warren Buffet dice che il mercato azionario è un casinò a breve termine e nel lungo termine una bilancia. A lungo termine, il capitale va ai migliori investimenti».
Gli investitori Usa sono nervosi?
«Adesso no. Sembrano molto rialzisti ma chi investe ora si è perso il 170%».
Come deve essere un portafoglio?
«Dipende dall’età, ma direi 60% azioni e 40% obbligazioni o altro. Non consiglierei mai il 100% in azioni».
Come scegli le azioni da consigliare?
«Sono sempre al telefono con i grandi investitori e questo mi dà idee. Poi, faccio ricerche e magari chiamo anche le società. Arrivato a mercoledì, ho dieci nomi e tra questi ne scelgo i due che mi convincono di più».
Hai preferenze?
«Sì, per i migliori investimenti. Oggi, come dicevo, gli speculatori amano aziende biotech come Amgen o Genetech perché sono diverse dalle case farmaceutiche e non possono essere copiate facilmente. Il contenuto è importante per l’industria dell’intrattenimento. A volte le aziende falliscono, lo decide il mercato. Vedasi Blockbuster. E gli ebook hanno ucciso catene di librerie come Barnes & Noble. Le edizioni musicali, secondo il vecchio modello, sono finite e l’editoria sta affrontando lo stesso problema».
Cosa ti piace del tuo lavoro?
«La sfida intellettuale. Devo scrivere di azioni in modo convincente».
Ti capita di sbagliare?
«Un sacco di volte ma per fortuna capita più spesso che abbia ragione».
Tu sei anche un romanziere, è vero che hai appena finito un libro sul mistero di Ustica?
«La narrativa è una sfida emotiva che bilancia la sfida intellettuale del mercato azionario».
Le aziende ti temono?
«Temono Barron’s, non Vito Racanelli. Barron’s esercita un’influenza sul mercato, al lunedì, soprattutto».
New York è il centro del mondo?
«New York è il centro del capitalismo e degli Stati Uniti, Parigi è il centro del mondo».