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 2014  febbraio 16 Domenica calendario

LE BOMBE IN CURVA CHE FANNO MALE PIÙ DEGLI INSULTI


CORSERA voto 4. Per il titolo “In tv l’Italia buonista del maestro Manzi”. Non era buonista, era buona. Buonista è uno di quegli aggettivi orrendi e quindi duraturi inventato dai predatori delle nostre vite. Il maestro Manzi conduceva “Non è mai troppo tardi”, ha fatto la sua parte nella crescita culturale dell’Italia. Talvolta assalito dal dubbio che ormai sia troppo tardi, mi chiedo come avrebbe reagito Manzi (anche sindaco di Pitigliano) al “Jobs act” del collega Renzi. Così ricordato, sul Messaggero, da Stefano Passiatore, che l’ha avuto come capo scout: «Era l’uomo della mano e del piede: la mano per accompagnarci nei momenti difficili, il piede per tirarci calcioni nel sedere quando non chiedevamo di più a noi stessi. Sono sicuro che continuerà a stupirci ». Sono sicuro anch’io. Parla Romano Bagnoschi, dirigente della Rignanese, squadra in cui Renzi ha giocato da allievo (poi smise per fare l’arbitro): «Era un ragazzo intraprendente, un capitano che si imponeva. Se si fosse applicato al calcio come si è applicato alla politica ce l’avrebbe fatta a sfondare. Ora però deve battere un bel calcio di rigore, senza girarsi indietro per vedere se vogliono batterlo altri». Seguendo la metafora, direi che, vista la comitiva, girarsi indietro non sarà mai inutile, ma sarà utile anche guardare avanti, perché qualcuno non si freghi il pallone. In una pagina sportiva, sia consentito dire che ho trovato più dignità nel mesto passo d’addio di Letta che nell’arrembante irruzione di Renzi. Per tutto il resto, come dicono a Rignano, wait and see.
A proposito di inglese, il sindaco di Londra Boris Johnson (che sembra Claudio Lippi con la parrucca), si è lanciato nell’elogio dell’avidità: «L’avidità è un valore essenziale dell’attività economica. L’ineguaglianza serve a scatenare lo spirito d’invidia che promuove la crescita di un Paese». A volte scatena di più. «È un elitista» ha commentato
Nick Clegg, leader del partito liberal- democratico, suo alleato al governo. A me pare piuttosto un etilista. Cosa che non posso dire di John Elkann, che ha la classica faccia da astemio. Il presidente della Fiat-Chrysler, venerdì a Sondrio, davanti a 600 studenti ha dichiarato che «il pessimismo è inutile» ma nulla ha detto sulla quotazione dell’ottimismo. Ha detto però che in Italia di posti di lavoro ce ne sarebbero un sacco, «ma il problema dei giovani è che non hanno la giusta determinazione a trovare un lavoro, forse non ne hanno bisogno, perché stanno bene a casa, o non ci sono sufficienti stimoli, o non hanno la giusta ambizione». Insomma, voto 3, si torna al “choosy” forneriano. Bravo e fortunato, John Elkann. Bravo perché entrare a 21 anni nel Cda Fiat partendo dal nulla o quasi è una vera impresa. Fortunato perché gli studenti valtellinesi sono di mitissima indole, ma soprattutto perché la stagione dei cachi maturi è finita.
Finita anche la vicenda dell’allenatore squalificato 45 giorni per aver soccorso un giocatore senza l’autorizzazione dell’arbitro. È la quarta settimana di fila che se ne parla in questa rubrica. La Corte di giustizia ha cancellato la squalifica (quasi interamente scontata) nel senso che non figurerà sulla “fedina” dell’allenatore. Quindi confermo il 7,5 al presidente federale Abete, firmatario del ricorso. Giustizia è fatta, o almeno ingiustizia è schivata. Ogni fine settimana si giocano circa 20mila gare nella sola area giovanile dilettantistica. È sempre calcio, ricordiamocelo.
E adesso i bomboni. Non è un neologismo, il termine compare anche in un titolo dell’Eco di Bergamo, la scorsa settimana: “Due bomboni costano all’Atalanta 30mila euro”. E sarò chiaro che non si tratta dell’italianizzazione di bonbon, ma di esplosivi un po’ più pericolosi dei petardi. Mercoledì sera, guardando in tv Napoli-Roma, sembrava di essere nella striscia di Gaza. Botta e risposta, tutti insieme appassionatamente, napoletani a lanciare sui romani e viceversa. Modesta proposta: che si chiudano le curve che cantano “O Vesuvio lavali col fuoco” mi sta bene. È una ferita alla sensibilità, all’idea di convivenza civile e va punita. Ma allo stesso modo, o anche di più, vanno puniti i settori da cui partono i bomboni, che le ferite, anche gravi, possono farle alla carne, alle mani, agli occhi, e sono buttati alla cieca. Non dovrebbe essere difficile identificare i bombaroli. E nemmeno dovrebbe essere impossibile, se si fa un filtro decente, intercettare il materiale esplodente. Se invece, inerti e rassegnati, si attende un altro Paparelli, va bene così.
Non va bene il Cio. Due fondiste norvegesi gareggiano col lutto al braccio per la morte del fratello d’una loro compagna e il Cio le ammonisce. Emmanuelle Moreau, portavoce, dice che «un’arena sportiva, dove c’è un’atmosfera di festa, non è il luogo giusto, non possiamo permettere che una gara diventi un luogo di lutto». Per quanto il Cio si sforzi, le Olimpiadi non sono ancora al livello di Giochi senza frontiere. Un’arena sportiva non è solo un luogo di festa, ma anche di fatica, di sofferenza, di lotta. E le persone non sono, ancora, robot. Alla portavoce un 2, lo porti al Cio.