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 2014  febbraio 15 Sabato calendario

CINA, LA MAXI RETATA CONTRO LA CITTÀ A LUCI ROSSE


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — L’operazione si chiama «Spazzare via il Giallo» ed è cominciata lunedì a Dongguan, la Città del Peccato nel profondo Sud cinese. Giallo è il colore della prostituzione in Cina. Seimilacinquecento poliziotti sono stati mandati in strada per una gigantesca retata contro il sesso a pagamento. Dongguan, nel Delta del Fiume delle Perle, è considerata la capitale del vizio: 300 mila prostitute e 800 mila «impiegati nell’indotto», tra sfruttatori, protettori, proprietari e dipendenti di saune, karaoke, finti negozi di barbiere e massaggi ai piedi, alberghi con stanze a ore. Significa che quasi un abitante su dieci di Dongguan lavora a luci rosse. Si calcola che producano il 30% dei profitti del «settore servizi».
Lunedì la retata ha portato all’arresto di 67 persone e alla chiusura di una dozzina di locali. L’aveva ordinata il segretario del partito comunista della provincia, Hu Chunhua, candidato ad entrare nel Comitato permanente del Politburo di Pechino. E qualcuno dice che con i contatti e l’abilità che ha dimostrato alla guida della città, il compagno Hu potrebbe succedere a Xi Jinping, tra nove anni.
I giornali cinesi hanno dato grande risalto all’operazione, che era stata preceduta da un’inchiesta mandata in onda dalla Cctv, la televisione di Stato. Ma subito sono cominciate le polemiche: anzitutto 67 arresti sono apparsi incredibilmente pochi vista la mobilitazione di 6.500 poliziotti e il numero dei locali adibiti a bordelli, valutato in non meno di duemila nella zona. Su Sina Weibo, versione cinese di Twitter, sono piovuti migliaia e migliaia di sospetti: ufficiali corrotti avrebbero avvisato i capi degli sfruttatori. Poco dopo, le autorità hanno annunciato che una decina di funzionari di polizia collusi sono stati sospesi. Ieri anche il capo della polizia e vice sindaco della città, Yan Xiaokang, è stato rimosso, cacciato per «negligenza».
Ma non è finita qui. Sulla Rete si è sollevata anche un’ondata di solidarietà per le prostitute di Dongguan. Gli hashtag «Siamo tutti cittadini di Dongguan» e «Dongguan tieni duro» sono diventati popolarissimi, con 200 mila contatti in poche ore. Poi sono intervenuti i sociologi, anche quelli dell’Accademia delle Scienze Sociali, rispettata organizzazione governativa. L’accademica Li Yinhe ha scritto sul suo blog che l’attacco a Dongguan è inutile: «Se anche la città fosse svuotata dalle prostitute, i clienti andrebbero a cercare le loro prede altrove». Secondo la dottoressa Li, l’industria del sesso potrebbe essere messa sotto controllo solo legalizzando la prostituzione, che è un reato amministrativo in Cina. Il sesso a pagamento è stato messo fuorilegge ai tempi di Mao: prostitute e clienti sorpresi sul fatto rischiano 15 giorni di detenzione e 5 mila yuan di multa (600 euro).
Altri hanno analizzato l’aspetto economico del business: il giro d’affari legato al sesso vale almeno 6 miliardi di euro l’anno a Dongguan (e si dice 120 miliardi in tutta la Repubblica popolare). A Dongguan questa industria è esplosa a partire dal 2009, quando la città nel Delta del Fiume delle Perle, polo industriale e commerciale, è stata travolta dalla crisi finanziaria e dalla concorrenza degli altri grandi centri della provincia cantonese. Alberghi improvvisamente vuoti, migliaia di operai e operaie senza lavoro. La città si è riciclata dedicandosi all’industria del sesso.
Così il caso di Dongguan, Città del Peccato, si è trasformato in un dibattito economico, sociale, politico. Qualcuno sostiene che per il segretario locale del partito, Hu Chunhua, l’offensiva contro la prostituzione si sia trasformata in una battaglia per il suo futuro di leader nazionale. Corre voce che l’inchiesta della tv di Stato che lo ha spinto ad agire sia stata ordinata da molto in alto, a Pechino. Quasi una trappola, visto che le retate a Dongguan sono ricorrenti da anni e che dopo le «brillanti operazioni» con qualche povera prostituta ammanettata ed esibita di fronte alle telecamere, tutto riprende come prima.
Intanto l’operazione «Spazzare via il Giallo» va avanti, si è allargata a tutto il Guangdong ed è arrivata al Nord, dove ieri 4.200 poliziotti hanno setacciato le saune di Harbin, capitale dello Heilongjiang.
L’agenzia di stampa cinese Xinhua riferisce che durerà tre mesi, gli arresti sono arrivati a 950, i locali controllati a 20 mila. E il Quotidiano del Popolo è passato al contrattacco contro chi simpatizza con le prostitute e vuole depenalizzare il loro lavoro: «Blasfemia contro la civilizzazione».