Micaela Urbano, Il Messaggero 15/2/2014, 15 febbraio 2014
PREZIOSI, RITORNO AL PASSATO
L’INTERVISTA
Un ingegnere pugliese che non sa nemmeno bene lui perché si ritrova a lavorare in Germania. E che dopo vent’anni torna nella sua terra, anche stavolta per un motivo che ne nasconde un altro. Alessandro Preziosi è il protagonista de La mia bella famiglia italiana, film tv realizzato da Raifiction con Rowboat, Beta Film e Zdf, diretto da Olaf Kreinsen e in onda dopodomani alle 21,15 sulla prima rete. «Un personaggio, il mio, abituato a vivere nelle regole e nel grigio di un Paese oramai suo, e che, come Toni Servillo in Una vita tranquilla di Cupellini, ha rimosso le sue radici. Ma quando ritrova parenti, amici, ex fidanzate, si rimpossessa del suo passato. E, rientrato per cercare di rimediare alla crisi economica che ha fagocitato anche la sua famiglia d’origine, decide di restare per orgoglio. Non vuole essere l’uomo di passaggio che aggiusta le cose, ma un uomo che ricomincia tutto da quella Puglia ritrovata».
Lui, Alessandro, la sua Napoli non solo non l’ha mai dimenticata, ma fa parte del suo Dna, e in parte è stata la molla che l’ha spinto a scegliere il suo mestiere. Quel mestiere che affronta con disinvoltura, dramma o commedia che sia, cinema, teatro e tv che siano. È uno scugnizzo di 41 anni nato bene, di talento, atipico, adulto, scettico eppure ancora incantato, contraddittorio di natura, con uno sguardo che potrebbe fregare chiunque.
Il suo legame con Napoli.
«Finché non la lasci pensi di non riuscire a crescere, poi, quando sei altrove, capisci di essere così perché sei stato quel ragazzo che faceva gazzarra con gli amici, che parlava con il fornaio, il salumiere e che, ribelle quanto vuoi, sottostava alle regole di suo padre e sua madre. E le prime fidanzate, i baci, i sabati in discoteca e poi l’alba che ti riempiva gli occhi: Napoli mi ha insegnato a comunicare, a cavarmela, ad aggirare gli ostacoli, soprattutto a non subirli. La matrice della mia mentalità è quella, un po’ come in uno dei libri che amo di più, Il giorno della felicità di Erri De Luca. La scoperta della cultura partenopea l’ho scoperta in seno a una famiglia borghese: fuori sei contenuto, e dentro stai ’a mmurì. Nel mio lavoro è lo stesso, ci vuole misura anche se dentro prendi fuoco. Solo in teatro ti puoi permettere il lusso di liberare le tue emozioni».
E in palcoscenico è protagonista e regista di “Cyrano sulla luna” che in marzo andrà in scena al Vascello.
«I classici sono un grande valore e dovrebbero entrare nella vita di tutti gli adolescenti. Lo dico in tutti seminari che tengo alla Link Academy».
Ma non è il direttore di questa Università dello Spettacolo?
«Sì, ma non mi limito a mettere in piedi un programma. Insegno la strada della comunicazione di un attore. E tento di dare una mano agli allievi, per esempio, alcuni di loro sono con me nel mio Cyrano».
Il rapporto con i registi con cui ha lavorato nel cinema?
«Ottimo con Roberto Faenza con cui ho girato I Viceré. Ero giovane, ma lui mi ha offerto un ruolo complesso, bellissimo. Umanamente è stata una esperienza incancellabile e spero si ripeta».
Ozpetek?
«Per ottenere da me ciò che voleva, mi ha stimolato fino alla provocazione. Un grande lavoro, ma una grade soddisfazione».
E Pappi Corsicato? Con lui è stato libero?
«Tutto il contrario. Mi ha diretto nello stesso modo in cui si cerca la frequenza di una radio...».
Il suo film tv è l’ennesimo sulla famiglia...
«La famiglia, soprattutto in questo momento storico, è l’unico punto di riferimento rimato. Nonostante le separazioni è un appiglio solido».
Come vive la paternità?
«Perpetuamente. Non si finisce mai di essere padre, è un rapporto in continua evoluzione. Io cerco di essere un esempio, che significa nello stesso tempo di non essere un amico. Bisogna saper aspettare i tempi giusti per diventarlo. Anche con mio padre è stato così».
Il suo rapporto con Roma?
«Lo stesso narrato da La grande bellezza. Più vai in superfice più diventa profondo. E viceversa».
Cosa pensa della situazione italiana?
«Un anno fa Renzi si dichiarava fuori dai giochi. Adesso è il presidente del Consiglio. Una situazione rocambolesca. Posso rispondere tra un mese o due?».