Simonetta Robiony, La Stampa 15/2/2014, 15 febbraio 2014
“PER ME È UN SUPER-EROE UN RIVOLUZIONARIO DELLA CULTURA”
Per Claudio Santamaria, l’ex Rino Gaetano della tv, il maestro Manzi è un eroe, anzi un super-eroe: «Era un rivoluzionario che ha lottato per la dignità delle persone. Quando voleva vantarsi diceva che i suoi metodi di insegnamento erano avanti di cinquant’anni: io credo lo fossero di cento perché tuttora li trovo innovativi». Il maestro Manzi è l’uomo che ha insegnato agli italiani a leggere e a scrivere con il suo famoso Non è mai troppo tardi, andato in onda dal 1960 al 1968. Ora, anche per ricordare i sessant’anni della tv, su Raiuno, va in onda, il 24 e 25 febbraio, la fiction diretta da Campiotti e prodotta da Barbagallo: Non è mai troppo tardi che ripercorre la vita di questo maestro fuori dall’ordinario, rivoluzionario ma comunicativo, capace di farsi seguire da ogni classe. Nel dopoguerra gli analfabeti erano ancora numerosi, la Rai, rispondendo a quella che allora era la sua forte vocazione di servizio pubblico, ritenne giusto affrontare il problema. Ma serviva un maestro che reggesse l’impatto delle telecamere. Fu scelto lui proprio perché mise via il copione e cominciò a parlare della lettera «o» come se fosse in carne e ossa. Una sorpresa per tutti. Non per quelli che conoscevano il suo percorso, però. Manzi aveva infatti studiato pedagogia con Volpicelli, tentando la via universitaria. Deluso, aveva poi accettato di lavorare nel carcere minorile dove i suoi metodi innovativi avevano ottenuto risultati stupefacenti: dei suoi 98 allievi solo 2 tornarono in galera. Non è mai troppo tardi ebbe un successo immediato. Insieme ai suoi ragazzini fu un pezzo di Italia a prendere la licenza elementare. L’iniziativa, voluta dalla nostra Rai, fu copiata successivamente da 72 Paesi. Giusto rendergli omaggio. Il regista Giacomo Campiotti, laureato in pedagogia e maestro mancato, ha dichiarato di esser fiero di questo suo ritratto: «E’ una figura molto importante. Ha insegnato la lingua a chi ancora parlava il dialetto, ma soprattutto ha insegnato a pensare».