Simone Paliaga, Libero 15/2/2014, 15 febbraio 2014
LA LIRA E I BOIARDI PERBENE CHE FACEVANO VOLARE L’ITALIA
Una volta c’era la lira e l’Italia volava. Ma da sola la valuta nazionale non basta. Occorre governarla. A impugnare il timone c’erano anche banchieri, e governatori della banca centrale persuasi che gli interessi dell’Italia non necessariamente facessero il paio con le dinamiche della finanza internazionale. C’erano rappresentanti della finanza nazionale che non flirtavano con i colossi della finanza internazionale. O almeno cinguettavano insieme fintanto ché anche la nostra piccola e non fortissima lira potesse goderne. Così operarono Luigi Einaudi, Donato Menichella o Guido Carli. Oggi tutto questo non c’è più: non c’è più la lira ma non ci sono nemmeno più i grand commis d’Etat a difendere l’interesse nazionale.
Un tempo, fino agli anni Settanta, grazie al credito internazionale conquistato da vertici della Banca d’Italia, la penisola si distinse nel tentativo di consolidamento del sistema monetario e per il continuo sforzo di mediazione tra gli Stati Uniti e i partner europei, non sempre allineati sulle questioni economiche. A questo gioco ben si attagliavano le aspirazioni di una media potenza mediterranea che ambiva però a sedere al tavolo dei grandi. Ora l’avventura di questi alti funzionari di Stato, del ruolo importante che la lira ha giocato nell’assicurare il grande boom economico che in una manciata di anni sistema Roma tra le grandi potenze del pianeta è raccontata in La diplomazia della lira. L’Italia e la crisi del sistema di Bretton Woods (FrancoAngeli, pp. 282, euro 36) di Daniele Caviglia docente di storia delle relazioni internazionali all’UNINT di Roma.
Quando l’Italia esce dalla Seconda Guerra Mondiale si trova nelle necessità di rompere l’isolamento a cui la costringe il rango di potenza sconfitta. E lo fa abilmente muovendo la sua politica su un doppio binario: aderendo ad accordi internazionali come Bretton Woods e incoraggiando anche le politiche comunitarie, che rappresentavano uno sforzo di affermazione dell’identità europea sul piano monetario internazionale ma che assunsero talvolta anche una valenza antiamericana.
Fin dalla loro ideazione nel 1944, gli accordi siglati a Bretton Woods avrebbero dovuto promuovere una ristrutturazione dell’ordine economico mondiale attraverso un processo di internazionalizzazione delle economie e un coordinamento dei sistemi monetari dei paesi partecipanti. L’adesione fruttò all’Italia, grazie a una serie di provvedimenti di politica valutaria e commerciale, tra cui l’azione del governatore della Banca d’Italia Menichella che conquistò la parità della lira, lo slancio che la trascinò nel miracolo economico. Ma a partire dalla fine degli anni Sessanta questo sistema andò incrinandosi. Il contesto internazionale appariva contrassegnato dall’arretramento della cooperazione tra le potenze e dall’emergere di scelte che davano priorità all’interesse nazionale.
La sospensione della convertibilità del dollaro in oro attuata da Nixon nel 1971 e l’attuazione l’anno successivo, con le perplessità italiane, del serpente monetario con cui i paesi della Comunità Economico Europea decidono di restringere l’oscillazione dei cambi delle valute porteranno nel 1973 alla crisi della cooperazione e del multilateralismo delle relazioni economico- diplomatiche tra i paesi industrializzati. Il sistema di Bretton Woods che aveva promosso il miracolo economico entra in crisi. A questa si pensa di rispondere con il rafforzamento della CEE. Ma allora, a differenza di oggi, non tutti erano ciechi.
Capace di quella visione politica che oggi manca l’allora governatore della Banca d’Italia Guido Carli coglie da subito il problema. Come prima diffidava del radicale liberismo che voleva promuovere Bretton Woods così trent’anni dopo fiuta le impasse dell’antenata dell’UE. Si rende conto che senza un’adeguata integrazione delle economie «la rinuncia dei paesi membri» ammonisce Carli «all’uso autonomo del tasso di cambio e degli strumenti di politica monetaria poteva danneggiare alcuni di essi» impedendo loro di ricorrere a quelle manovre che avrebbero potuto fronteggiare la speculazione monetaria. Purtroppo di quella lezione, nel 2014, sembra non sia rimasta traccia dalle parti di Via Nazionale.