Irene Maria Scalise, la Repubblica 15/2/2014, 15 febbraio 2014
“CARO OBAMA, SALVA LA FARFALLA MONARCA” DA PAMUK ALLA ATWOOD, L’APPELLO DEI NOBEL
ROMA — Salvate la farfalla Monarca. A lottare per quest’instancabile viaggiatrice, incoronata nel 1989 insetto nazionale degli Stati Uniti, sono centocinquanta intellettuali di tutto il mondo, dal premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk alla scrittrice Margaret Eleanor Atwood e l’avvocato e attivista Robert Kennedy junior, figlio di Bobby. A pochi esseri umani in passato è toccato tanto onore. In realtà a favore della Monarca e del suo inconfondibile mantello giallo bordato di nero e bianco, già in passato si erano mobilitati ecologisti, scienziati e cyberattivisti.
Questa volta, la petizione per salvare i lepidotteri, decimati fino al 30%, è arrivata sui tavoli del presidente degli Stati Uniti Barak Obama, del presidente messicano Enrique Peña Nieto e del premier canadese Stephnen Harper. La richiesta ai tre, che la prossima settimana s’incontreranno in Messico per discutere di economia e sicurezza, è quella di trovare uno spazio in agenda per risolvere i problemi delle farfalle dall’abito bianco e giallo.
Capriccio di centocinquanta intellettuali? Tutt’altro. La crisi delle farfalle è un pessimo campanello d’allarme. Come dire, se le Monarca stanno male, anche il Pianeta si sente poco bene. «Com’è successo in passato per le lucciole e per le foche», spiega l’entomologo Giorgio Baldizzone, «la scomparsa di una specie ci dovrebbe allarmare perché segnala un malessere dell’ambiente, e quindi i primi a rimetterci siamo noi. Il rischio estinzione della Monarca ci colpisce particolarmente perché è un insetto emblematico, che nell’antichità rappresentava le anime dei guerrieri morti in battaglia». Le cause della scomparsa dei lepidotteri sono serie: «La distruzione dei loro ambienti naturali, l’eccesso di prodotti chimici, l’inquinamento dell’atmosfera, l’eccessiva semplificazione del territorio».
A prendere a cuore la causa dei lepidotteri sono già in molti. Un ricercatore dell’Università di Guelph, in Canada, ha trascorso un’intera estate con loro rincorrendone la migrazione e attraversando 17 stati per un totale di 35 mila chilometri. I risultati dello studio hanno dimostrato come dopo il letargo le farfalle volino dal Messico verso nord, deponendo nel tragitto uova in Texas, Oklahoma e nel Midwest. All’Università del Minnesota, la Monarch Joint Venture, una rete di associazioni no profit e governative, finanzia la ricerca e ogni tentativo di conservazione. All’Università del Kansas, la Monarch Whatch ha studiato la loro migrazione definendola «uno degli eventi più significativi del pianeta» e ha creato quasi 7500 «stazioni di passaggio». Si tratta di giardini di case private pieni di euforbia (il cibo preferito per il bruco della farfalla), più altri punti di sosta e di ristoro lungo le rotte migratorie. Ma la battaglia non sembra portare grandi risultati. Il numero delle farfalle che ormai riesce a portare a termine la lunga migrazione è sempre più basso. Nell’estate di tre anni fa l’Università del Northern Iowa aveva contato 176 monarca in 40 ettari di prato. L’anno successivo? Erano solamente undici.
C’è però chi non perde le speranze. Molti sostengono che le popolazioni di farfalle possono oscillare molto da un anno all’altro. Nel frattempo, una cosa è certa: le Monarca, con i loro colori allegri, riescono ad unire bambini, intellettuali e politici. Un potere taumaturgico decisamente unico.