VARIE 15/2/2014, 15 febbraio 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - LA CRISI DI GOVERNO
REPUBBLICA.IT
ROMA - Nascita del nuovo governo, Giorgio Napolitano convoca Matteo Renzi al Quirinale per domani mattina alle 10.30. Ma si infittiscono le questioni che il premier in pectore deve risolvere per comporre una rinnovata squadra dei ministri: da una parte c’è il rebus del dicastero dell’Economia, dall’altra ci sono le fibrillazioni tra Forza Italia e Nuovo centrodestra che minacciano sia gli equilibri programmatici sia la tenuta del patto sulle riforme. Il segretario Pd è perentorio nel ribadire "non mi farò imbrigliare". Silvio Berlusconi, dal canto suo, garantisce il rispetto dell’intesa siglata nelle scorse settimane col Pd su legge elettorale, Senato e titolo V. Ma è Giovanni Toti, consigliere del Cav, a lanciare l’avvertimento e a dire a Lucia Annunziata (a In Mezz’Ora) che "se il Partito democratico farà slittare la legge elettorale, noi ci riterremo svincolati dal patto".
IL RETROSCENA Renzi garantisce: "Non mi farò imbrigliare"
Lo stesso Toti ha poi usato parole di critica nei confronti del ’rottamatore’: "Mi pare che un poco fatichi Renzi a fare questa squadra di governo. Lo dico senza animosità, Renzi ha cambiato il Pd, pensiamo che possa fare delle scelte serie. Certo, il suo non è un buon inizio rispetto alle parole date al Paese, visto che le primarie si sono trasformate in un’investitura per andare a palazzo Chigi".
E proprio sulla squadra di governo, fioccano i "no" delle personalità esterne alla politica contattate dal segretario democratico a seguito delle dimissioni irrevocabili rassegnate da Enrico Letta. Dopo la smentita dello scrittore Alessandro Baricco alle indiscrezioni filtrate negli ultimi giorni, a declinare l’invito di Renzi oggi è Andrea Guerra, amministratore delegato di Luxottica, papabile per i dicasteri accorpati dello Sviluppo economico e del Lavoro. "Rimango a fare il mio lavoro", ha fatto sapere invece Guerra.
LO STRISCIONE "Grazie Enrico", e Letta si commuove su Twitter
Stamani la fedelissima renziana Maria Elena Boschi, responsabile Riforme del Pd (in pole per diventare ministro), ha sottolineato: "Attendiamo il Colle, non ci sono stati chiesti tempi particolarmente accelerati: prenderemo qualche giorno".
TOTOMINISTRI Per la Giustizia tris di tecnici
Il leader dem dovrebbe iniziare le sue consultazioni nella giornata di martedì. Domani Renzi tornerà a Firenze nel pomeriggio per partecipare al consiglio comunale del capoluogo toscano. Poi si prenderà 48 ore di tempo per colloqui, confronti e riflessioni. Quindi, tra mercoledì e giovedì si svolgeranno il giuramento al Quirinale e la consueta cerimonia del Campanello a Palazzo Chigi, con il passaggio delle consegne da Letta a Renzi. Venerdì il nuovo presidente del Consiglio dovrebbe andare in Senato e chiedere la fiducia, il passaggio alla Camera dovrebbe essere sabato.
GIANNI MORANDI SU FB "Matteo, io sorpreso dalla tua fretta"
Intanto, oggi a Firenze il premier in pectore ha incontato l’imprenditore Diego Della Valle in un hotel cittadino (foto), e stasera è atteso a Roma per un colloquio con Angelino Alfano, leader di Ncd e titolare del Viminale: i due nel corso della giornata si sarebbero scambiati parecchi sms interlocutori. Proprio Alfano, però, stamani ha rilasciato dichiarazioni di fuoco nei confronti del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi: "E’ irriconoscibile per rabbia e rancore - ha detto il vicepremier, furibondo dopo le affermazioni del Cav in Sardegna contro Ncd -, noi mai così distanti dalla sua violenza. E’ circondato da troppi inutili idioti". Parole che rappresentano un’ulteriore grana per Renzi, e che rischiano di ripercuotersi sull’accordo dedicato alle riforme.
Il partito di Alfano, anche in sede di consultazioni, ha ribadito la sua disponibilità a dire sì al ’Renzi I’ di fronte a un programma equilibrato e attento al ceto medio, che dia risalto al ruolo di Ncd, pena il passo indietro a fronte di uno scivolamento a sinistra di Renzi: in quel caso il governo sarebbe troppo politico piuttosto che votato alla responsabilità e alle riforme. Ma Ncd gioca la sua partita anche sul tavolo delle modifiche all’Italicum, la nuova legge elettorale, chiedendo a Renzi di cambiarla in un senso ben preciso: abbassare la soglia del 12% per le coalizioni.
Ma le pressioni di Ncd per rimettere mano all’Italicum cozzano proprio con le condizioni ribadite da Forza Italia per un atteggiamento di "opposizione responsabile": rispettare gli accordi presi da Renzi con Berlusconi sulle riforme e sulla legge elettorale. Paletti ribaditi anche ieri sera dal Cavaliere, quando è sfilato a favor di telecamera guidando la delegazione forzista a Palazzo Chigi, sfidando le contestazioni di quanti lo attendevano all’esterno non per riconoscergli il ruolo di leader politico ma per ricordargli la sua patente di pregiudicato.
Sul turn over ai vertici di Palazzo Chigi è intervenuto stamani il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, intervistato su SkyTg24 da Maria Latella: "Credo che la continuazione delle cose fatte sia importante, e si può cercare di accelerare il passo. Ma attenti: quando si cambia il passo il primo effetto è che ci si ferma pensando a quale passo bisogna assumere". Saccomanni è nel novero di coloro che Renzi intende sostituire all’interno della squadra di governo: "Capisco l’esigenza di vedere dei risultati, capisco meno il non voler leggere che alcuni risultati già ci sono stati e sono stati conseguiti per l’azione del governo". Saccomanni ha poi detto di aver provato "profondo disappunto" per le parole pronunciate da Giorgio Squinzi, numero uno di Confindustria, il quale aveva definito "tragica" la situazione del Paese.
E non si allenta la tensione dentro al Pd. Pippo Civati, leader di una minoranza interna al partito, dai microfoni di SkyTg24 dice: "C’è un disagio" in un certo numero di parlamentari, ma "non c’è nessun complotto". Civati torna a sottolineare le perplessità di un gruppo di circa 10 parlamentari sulle scelte che hanno portato il Pd a lanciare Renzi verso Palazzo Chigi. "Però voglio lanciare l’hashtag #matteostaisereno" perché "non c’è nessun complotto, e anche se 10 parlamentari non voteranno la fiducia non succede nulla".
LASTAMPA.IT
Da alleati a nemici. È guerra aperta tra Angelino Alfano e Silvio Berlusconi. Il leader di Ncd risponde con parole durissime al cavaliere, che in un comizio a Cagliari aveva bollato il suo ex delfino come «utile idiota» della sinistra.
L’ATTACCO AL CAV
Forza Italia, «a forza di calci è passata dal 38% al 22%, se vuole continuare così faccia pure», dice Alfano alla convention degli amministratori locali di Ncd. «Berlusconi in questi anni si è circondato da troppi inutili idioti», aggiunge. Di fronte a «insulti e violenza», «non ci siamo mai sentiti così distanti da Forza Italia». E il vicepremier uscente arriva a mettere in dubbio l’alleanza con il cavaliere: «In vista di un ipotetico voto, la coalizione Ncd-FI è immaginifica e dopo le parole di Berlusconi la cosa è molto complessa».
"QUI CI GIOCHIAMO TUTTO"
Quagliarello rincara la dose. «Angelino, su un punto dissento: gli idioti intorno a Berlusconi non sono stati inutili, sono stati dannosi!», scrive su Twitter il senatore del Nuovo Centrodestra. Dopo le critiche al Cavaliere, Alfano parla del segretario del Pd. «Renzi si guardi alla sua sinistra. I freni possono arrivare solo da lì. Da noi invece può arrivare solo un’accelerazione su riforme, fisco, lavoro e giustizia».
Alfano Vespa e RenziAlfano Vespa e Renzi
Il leader del di Ncd poi rivendica la centralità di Ncd nella nascita del nuovo governo. In questa «situazione molto delicata se diciamo sì al governo, il governo nasce, se diciamo no il governo non nasce», spiega Alfano rimarcando: «Questa è per noi una grande soddisfazione, ma al contempo una grande responsabilità, non abbiamo la possibilità di sbagliare». «Il messaggio a chi voleva asfaltarci è: "Ciao, siamo decisivi"», dice . E precisa: «Noi siamo contrari alla rottamazione». «Ci stiamo giocando il futuro dell’Italia, il Paese si sta giocando tutto, noi ci stiamo giocando tutto».
DURA REPLICA DI FORZA ITALIA
Non tarda ad arrivare la replica di Giovanni Toti, consigliere politico di Silvio Berlusconi e coordinatore di Fi. «Se ci sono troppe persone inutili - ha detto Toti ospite a "In mezz’ora" - Alfano dovrebbe guardarsi mentre lo dice visto che qualche responsabilità ce l’ha avuta nel Pdl, era il segretario del partito».
alfano napolitanoalfano napolitano alfano sei un pirlaalfano sei un pirla
Poi incalza i membri del Nuovo centrodestra che avrebbero a suo dire una «responsabilità gigantesca. Hanno spaccato il fronte moderato aprendo la strada a provvedimenti che hanno nuociuto al Paese». Su Twitter Daniele Capezzone commenta sferzante: «Alfano? Di lui si occuperà lo sbarramento. Il resto è un misto di inaffidabilità personale, attitudine al tradimento, assenza di idee».
alfano twittato da francesco storacealfano twittato da francesco storace
Per Maria Stella Gelmini «Angelino Alfano commette un grave fallo di reazione, in politica tipico di chi è in difficoltà». «La rappresentanza dei moderati - aggiunge - è saldamente nelle mani di Forza Italia». Per Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura, il segretario di Ncd ha «spudoratamente pugnalato e tradito chi gli ha dato tutto». Poi aggiunge: «Un minimo di decenza per favore».
I PALETTI A RENZI
Alfano ha posto dei paletti ben precisi al progetto renziano, consapevole che il sindaco di Firenze, per andare a Palazzo Chigi, avrà bisogno anche dei voti di Ncd, soprattutto al Senato. Fedele al proprio ruolo di ago della bilancia, Alfano prende tempo e si dice disponibile ad un nuovo esecutivo solo dopo un confronto su programmi e cose da fare. Ad una condizione: che l’esecutivo Renzi non sia un governo politico virato a sinistra.
BERLUSCONI E ALFANO AL QUIRINALE FOTO LAPRESSEBERLUSCONI E ALFANO AL QUIRINALE FOTO LAPRESSE
Quella di Alfano, però, è tutt’altro che una chiusura al nuovo che avanza. «Abbiamo apprezzato la chiarezza della proposta di Renzi», ha spiegato ieri durante le consultazioni al Quirinale, sottolineando più volte la necessità di «un confronto» su programmi e cose concrete». Parole ribadite poi da Maurizio Lupi che non usa il politichese: «Mai un governo con Sel». Ncd, insomma, rivendica al segretario Pd lo spazio necessario per continuare ad essere «avvocati del centrodestra» anche perché «o si fanno le grandi cose o, per fare le piccole cose è meglio andare a votare».
I CENTRISTI
La posizione di Ncd trova una sponda perfetta in quella dei Popolari per l’Italia e dell’Udc, aperti al governo Renzi, ma con riserva. «Il Pd può cambiare il presidente del Consiglio, ma non la natura del Governo. Non si può passare da un Governo di intese con la sinistra ad un governo di sinistra», è il loro aut-aut.
Chiaro, invece, l’endorsement di Scelta Civica, che si dice soddisfatta di quanto accaduto al largo del Nazareno: «Chiedevamo chiarezza al Pd e chiarezza abbiamo avuto, soprattutto sulla linea di radicale cambiamento di cui c’è bisogno». Oltre ai voti dei civici, però, Renzi avrà bisogno anche di quelli di Ncd. E Alfano non esita ad alzare la posta in gioco: «Non siamo certi del buon esito di questo tentativo, comunicheremo agli italiani le prossime mosse».
LA POSIZIONE DEI CATTOLICI (dal Fatto)
Marco Politi per il "Fatto quotidiano"
matteo renzi arriva in smart all incontro con lettamatteo renzi arriva in smart all incontro con letta
La pugnalata di San Valentino non convince il Vaticano. E lascia molto perplessi i vescovi. C’è un "peccato originale" nel futuro governo Renzi - scrive l’Osservatore Romano - ed è rappresentato da modalità e rituali di un’ennesima crisi di governo che "sanno di stantio", manovre che ricordano troppo il passato, una "voracità quasi bulimica" di un Pd "minato da lotte personali", che offre l’immagine di un partito eterno incompiuto.
Il giudizio è severo e tanto più tagliente in quanto - finita l’era Bertone - il Vaticano non fa il tifo per una parte politica, ma si pone piuttosto secondo l’input di papa Francesco e la regia del nuovo segretario di Stato cardinale Parolin come osservatore delle vicende politiche italiane. Se Renzi credeva di avere già dalla sua parte le gerarchie ecclesiastiche (per quella spregiudicatezza, che in epoche passate lo ha portato a creare a Firenze il cimitero dei feti) deve ricredersi.
RENZI E LETTARENZI E LETTA
LA MESSA in scena, con cui ha liquidato Enrico Letta, non è piaciuta. È come se le alte gerarchie fiutassero nel suo agire un che di avventuriero, piuttosto inquietante. L’editoriale di Avvenire è ancora più duro. "Non si licenzia un premier-cireneo come Enrico Letta - scrive il direttore Marco Tarquinio - per mettere in croce un Paese intero, per disarmare al buio una maggioranza di scopo tra distinti e anche (molto) distanti, per azzardare... una scommessa elettorale" sia rispetto al ceto politico della Seconda repubblica sia rispetto all’azione di governo sin qui svolta tra difficoltà.
L’Avvenire ricorda ciò che Renzi tenta di nascondere. L’inconsistenza di Letta junior è stata determinata anche dalle convulsioni interne di Pdl e Pd. Di "azzardo" parla l’Avvenire , di "incognita" parla l’Osservatore . Il giornale vaticano sospende il giudizio sul futuro (senza dare voti negativi a priori sulla leadership di Renzi). Registra che il segretario Pd deve portare a termine sia le riforme strutturali che quelle istituzionali. In Vaticano si chiedono se riuscirà a centrare obiettivi "così ambiziosi e trasversali".
RENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PDRENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PD
Il giornale della Cei rimarca che o il rottamatore riesce fare presto un governo, che risolva i problemi delle famiglie e delle imprese oppure si arriverà alle elezioni di "slancio". E non sarà una marcia trionfale. Nel frattempo stanno tentando di spiegare al pontefice argentino come sia possibile che oggi entri nel palazzo della suprema magistratura della nazione un personaggio condannato ed espulso dal parlamento come Berlusconi: roba da far vergognare l’ultimo gaucho nella solitudine della pampa.
La gerarchia ecclesiastica attende. Ad ogni buon conto batte casse per il finanziamento delle sue scuole. Quanto all’Imu sugli edifici ecclesiastici anche commerciali, Monti e Letta se la sono dimenticata. Renzi potrebbe fare lo stesso... Nel mondo cattolico sono in corso manovre di riassestamento e di riposizionamento.
MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI LETTA A PALAZZO CHIGIMATTEO RENZI NELL UFFICIO DI LETTA A PALAZZO CHIGI
L’arcivescovo di Milano, cardinale Scola, ha inserito a fine gennaio Gianni Letta nel "Comitato di indirizzo" dell’Istituto Toniolo, la fondazione che controlla l’università Cattolica e il policlinico Gemelli. Letta "zio" non è né un accademico né un manager, ma un uomo di potere puro, che per decenni è stato all’incrocio di un reticolo di affari politici, istituzionali ed economici.
Il suo titolo d’onore è l’esser stato braccio destro e gran visir di Berlusconi nella stagione in cui sono state varate le tre leggi che l’Unione europea ritiene il carburante più potente della corruzione abnorme da cui è afflitta l’Italia: legge sul falso in bilancio (che ne permette la "modica quantità"), legge Cirielli sulla prescrizione che ha bloccato una serie di processi, lodo Alfano.
Pietro Parolin Pietro Parolin
Letta non ha battuto ciglio e meno che mai quando il sultano Berlusconi ha fatto votare ai suoi parlamentari la favola che Ruby era nipote di Mubarak. Che Gianni Letta fornisca orientamenti all’università, di cui era rettore un padre costituente e amico di papa Montini come Giuseppe Lazzati, è un brutto scherzo della storia e si spiega soltanto con il bisogno del cardinale Scola di avere una longa manus per trattare con il potere politico-economico in una fase molto incerta.
Folgorata da innamoramento per Matteo si è scoperto invece con l’anno nuovo Il Regno, la prestigiosa rivista dei cattolici adulti e conciliari. Renzi è lodato perché ha finalmente sconfitto la "corrente tardo-illuminista", che aveva egemonizzato la sinistra. Peccato che gli "illuministi" siano stati gli unici insieme ai cattolici democratici a resistere agli obbrobri del passato ventennio.
PEZZO DI STAMANE DI DE MARCHIS SU REP
TEMPI più lunghi? Nessun problema. Matteo Renzi si prepara a ricevere l’incarico domani, a giurare mercoledì, al massimo giovedì. Il nuovo esecutivo entrerebbe nel pieno delle sue funzioni con il voto di fiducia venerdì al Senato e sabato alla Camera.
GLI ALTRI ARTICOLI Napolitano prende tempo per l’incarico / VIDEO
LEGGI Smentiti i patti segreti con Forza Italia VIDEO
Il quasi premier non ha timore di farsi imbrigliare dalle 48 ore in più chieste dal Nuovo centrodestra. Considera le manovre di Angelino Alfano "naturale passaggi del negoziato". Comunque, a un certo punto, sarà lui a dire stop. "Sono solo delle resistenze di paura. Paura che parta davvero la rivoluzione — confida agli amici — ma la rivoluzione partirà". Il fallimento è un’ipotesi che non viene presa in considerazione. "Andrà tutto come deve andare".
Totoministri, spunta Moretti. E per la Giustizia tris di tecnici
Renzi trascorre un’altra giornata a Firenze. Arriverà a Roma soltanto oggi. Per incontrare Alfano, per riunire lo stato maggiore del Pd. Nella sua città si rifugia in un albergo del centro storico, uno di quelli in cui, durante gli anni fiorentini, ha sempre avuto una doccia a disposizione dopo il jogging. Il luogo però è segreto. Incontra Alessandro Baricco e Andrea Guerra. Lo scrittore è in predicato per il ministero della Cultura ma declina l’offerta. Rimarrà un ottimo amico e un consigliere prezioso. L’amministratore delegato di Luxottica invece medita sul grande salto in politica, con la poltrona di un superministero economico.
Baricco e Guerra sono i capofila di una new generation renziana, quella coltivata nella kermesse annuale della stazione Leopolda. Nuovi mondi e nuovi linguaggi che il miglior amico di Renzi, Marco Carrai, ha avvicinato al sindaco. Carrai è un imprenditore, ha 39 anni come Renzi, da poco è consigliere di amministrazione della Holden, la scuola creativa dell’autore torinese e non è escluso che anche lui fosse presente nella saletta dell’hotel misterioso.
La distanza dalla Capitale e i colloqui con personaggi così lontani dal Palazzo permettono al segretario del Pd di consolidare, almeno per altre 24 ore, la sua immagine di outsider. Ma Alfano preme e, con lui, arrivano le prime spine di un accordo che ha bisogno dei voti in Parlamento. Renzi ha letto di un presunto patto con Berlusconi (tramite Verdini) per ridimensionare l’Ncd. Ovvero un sostegno mascherato di Forza Italia al Senato. "Non ho mai smentito le cavolate in vita mia. Non comincerò a farlo adesso - dice ai fedelissimi - . Anche perché questo è il giorno in cui parla Napolitano. Io devo solo tacere". Ma i pericoli sono questi e non finiscono qui. Le voci incontrollate, le trattative sono quello che Renzi chiama "la palude". Con cui bisogna fare i conti.
Le 48 ore di ritardo imposte da Alfano non sono soltanto una questione di posti. L’Ncd sta cercando di buttare nel cestino l’Italicum, la legge elettorale nata nel vertice tra Renzi e Berlusconi al Nazareno. Modificandolo profondamente, cancellando la norma anti-partitini che sta alla base del patto bipolarista dei due partiti maggiori. E che consente al nuovo governo di partire con la promessa del Cavaliere: "Faremo un’opposizione responsabile".
Alfano pretende che la maggioranza non diventi un vincolo sulle riforme. C’è anche questo sul piatto della nascita del Renzi 1. La casella dell’Economia è ancora un rebus. È il ministero più importante e più difficile, quasi un Palazzo Chigi bis. La scelta del ministro viene monitorata da Quirinale, Mario Draghi (Bce), Unione europea e mondo globalizzato. Sono ancora in corsa Barca, Padoan e qualche nome coperto. Con una premessa: anche ieri, durante le consultazioni, Napolitano ha auspicato un governo "meno tecnico" di quello dimissionario.
L’altro fronte è interno al Pd. La minoranza cuperliana sostiene il segretario ma può saldare le sue forze con gli alfaniani sulla legge elettorale per affossarla. Un guaio perché, nei colloqui al Quirinale, gli interlocutori hanno sentito più volte il capo dello Stato richiamare l’impegno "a proseguire sulla strada della riforma elettorale e istituzionale".
Pippo Civati invece prepara le sue truppe contro il governo Renzi. Sono piccole ma non irrilevanti se i 6 civatiani al Senato voteranno contro la fiducia. A Palazzo Madama i numeri della maggioranza sono risicati e la battaglia non proprio in discesa. Civati ha tutta l’intenzione di approfittare subito del campo lasciato scoperto da Gianni Cuperlo. Immagina "un nuovo centrosinistra", parla di strappo come se fosse il sinonimo di scissione. E se Nichi Vendola tiene il suo partito all’opposizione può nascere qualcosa con Sel. A questo punto due giorni in più sono un rischio o un’opportunità per Renzi? "Il futuro governo va bilanciato, se va a sinistra noi non ci stiamo - spiega Alfano - se deve avere una lunga gittata, non si può immaginare di farlo in 48 ore. Non lo dico per perdere tempo ma per evitare che una gatta troppo frettolosa faccia i gattini ciechi. Noi vogliamo fare le cose per bene".
Renzi, nella saletta dell’albergo, legge il comunicato e sorride. Considera queste parole un fuoco di paglia. "Non hanno altra scelta", dice. Ma la giornata non finisce con la presenza allo stadio per la partita Fiorentina-Inter. Nella pancia dell’Artemio Franchi, il sindaco (quasi ex) dà appuntamento a Dario Nardella, il successore designato a Palazzo Vecchio, e al presidente del consiglio comunale Eugenio Giani, che vorrebbe puntare alla stessa poltrona di sindaco. Alla fine, la Fiorentina perde e le telecamere inquadrano Renzi arrabbiato. Ma non scambia la sconfitta per un vaticinio sul governo. "Io qui ero solo in tribuna", scherza.
SCALFARI
ENRICO Letta si è dimesso irrevocabilmente dopo il voto della direzione del Pd che l’ha bocciato quasi all’unanimità dopo la relazione di Matteo Renzi che ne ha ipocritamente lodato l’azione di governo e poi l’ha distrutta come inefficace, sbagliata, inesistente. Un anno perduto — ha detto — con gravi conseguenze sull’economia, sui sacrifici vessatori su tutti gli italiani e sulla rabbia sociale che hanno provocato.
Fino a pochi giorni prima il segretario del Pd non se n’era accorto e così risulta dalle sue pubbliche dichiarazioni molte volte ripetute, nelle quali si impegnava a sostenere il governo fino al semestre di presidenza europea assegnato all’Italia che avrà inizio nel prossimo giugno. Ma poi, improvvisamente, ha cambiato idea e la direzione del Pd con lui.
È stata una sorta di mannaia crudele e senza sconti, senza precedenti nella nostra storia repubblicana. I governi della Dc cambiarono frequentemente ma senza strepiti e condanne “ad personam”. Il premier fiutava l’aria e si dimetteva, il Parlamento votava il suo successore e il presidente della Repubblica ratificava. Il premier decaduto rientrava nella schiera dei notabili, pronti per altri incarichi e persino per un ritorno a palazzo Chigi. Così si alternarono Fanfani, Scelba, Andreotti, Moro, Segni, Piccioni, Forlani, Cossiga, De Mita. Staffetta e gioco dei quattro cantoni, ai quali partecipavano i cavalli di razza. La partitocrazia, bellezza, che nell’ultima fase si estese a Craxi e si estinse con Mani Pulite.
Non fu un bel periodo, ma quello venuto dopo, costato al paese il ventennio berlusconiano, è stato certamente peggiore. Tuttavia la mannaia d’un partito che fa a pezzi un governo guidato da uno dei suoi maggiori dirigenti non si era ancora mai visto. Evidentemente i tempi sono bui, “Stormy Weather”.
Ho riascoltato quella canzone subito dopo avere seguito la cronaca televisiva della direzione del Pd. La voce di Ella Fitzgerald si alternava alla tromba di Louis Armstrong: «I tempi sono bui, il mio uomo mi ha abbandonata e fuori continua a piovere».
Qui non è l’uomo che ha abbandonato il partito, al quale con estrema lealtà voterà la fiducia tra pochi giorni quando toccherà al Parlamento di esprimersi, ma è il partito ad averlo massacrato. Stormy Weather.
***
Grillo e la Lega, che stanno scoprendo tra loro sorprendenti analogie (i populismi hanno diversi colori ma identica natura) attaccano Napolitano perché ha accettato una crisi extraparlamentare. Ma è un procedimento che ha numerosissimi precedenti nella storia dell’Italia repubblicana e anche di quella monarchica. Se un governo viene sfiduciato da un partito che ha la maggioranza assoluta in almeno una delle Camere e se il suo premier dà le dimissioni irrevocabili nelle mani del Capo dello Stato, spetta a quest’ultimo la scelta di accettarle o rimandarlo in Parlamento che comunque avrà l’ultima parola sull’esistenza del nuovo governo nominato dal Quirinale.
Rinviare Letta in Parlamento l’avrebbe esposto ad un’altra umiliazione perché avrebbe avuto contro di lui non solo i voti del Pd ma anche quelli della Lega, dei grillini e di Forza Italia. Cioè la quasi totalità, forse con l’astensione di Alfano e dello sparuto gruppo centrista. In più si sarebbe perso tempo mentre è interesse del paese che la discontinuità nel personale di governo venga superata al più presto per impedire che i mercati e l’Europa entrino in allarme sulla stabilità italiana. Questo spiega perché Napolitano ha accettato la procedura extra-parlamentare che non spossessa affatto il Parlamento dal suo giudizio finale.
Su quel giudizio però si fanno alcune ipotesi in queste ore. Due soprattutto, che riguardano Berlusconi e Alfano. In un certo senso la seconda è condizionata dalla prima.
***
La maggioranza che appoggerà il costituendo governo Renzi dovrebbe essere la stessa di quella che appoggiò Letta anche se il personale di governo sarà quasi interamente modificato. La vera piattaforma su cui l’esperimento di Renzi si basa sta nell’impegno a durare per l’intera legislatura, cioè per altri quattro anni fino al 2018.
Per i deputati questa è una manna e in parte lo è anche per i senatori poiché l’attuale forma del Senato, che dovrà comunque essere cambiata, invece di realizzare il cambiamento entro i prossimi sei mesi, potrà tranquillamente attendere un anno o addirittura due. Non c’è più molta fretta perché ora l’obiettivo si sposta sulla politica economica e sociale. La legge elettorale sarà approvata subito per quanto riguarda la Camera, ma per il Senato non c’è fretta.
Veniamo alle ipotesi: come voterà Forza Italia sul governo Renzi? Non fa parte di quel governo e quindi voterà contro. Ma fa parte del programma di Renzi per quanto riguarda la legge elettorale e le riforme costituzionali. Renzi si è impegnato a non fare governi con Forza Italia e — si spera — manterrà l’impegno, ma gli accordi con Berlusconi si estendono ad una buona parte del suo programma di riforme. Non comprendono la politica economica e i provvedimenti che la riguardano. Ma, nelle ancora vaghe dichiarazioni di Renzi in proposito, non si ravvisano sostanziali diversità da Forza Italia: sgravi ai lavoratori e alle imprese e quindi cuneo fiscale ridotto per quanto possibile; prevalenza del contratto di lavoro aziendale su quello nazionale; nuove forme di ammortizzatori sociali; semplificazione delle procedure, più elasticità finanziaria rispetto ai vincoli di Bruxelles; diminuzione delle tasse e tagli delle spese.
Queste finora sono le dichiarazioni di Renzi. Ricordano sia quelle di Letta sia quelle di Squinzi e della Confindustria, sia quelle della Cgil, sia quelle di Forza Italia quando ancora si chiamava Pdl.
Il pregio di Renzi è sempre stato quello d’essere d’accordo con tutti affinché tutti siano d’accordo con lui. In più — e non è poco — ci mette la sua «smisurata ambizione» e la sua smisurata vitalità.
A mio avviso somiglia moltissimo a Berlusconi per quanto riguarda le sue capacità di seduzione. È un leader a 24 carati come il Berlusconi giovane. E perché il Berlusconi vecchio dovrebbe lesinargli la sua comprensione e il suo appoggio?
Questo gli consiglia Giuliano Ferrara sul Foglio e questo gli consiglia anche Verdini e anche Bondi e anche Confalonieri. È un padre della patria? Ma è Renzi che l’ha fatto risorgere dalle ceneri. Berlusconi votò per Monti e anche per Letta fino a quando ci fu la scissione di Alfano che Letta agevolò in tutti i modi. Ma ora Letta non c’è più e c’è Renzi al suo posto, Renzi il simpatico, Renzi che è un Berlusconi giovane. Allora perché non votargli la fiducia? O almeno astenersi? La Santanché è contraria a questo progetto, ma chi se ne frega della Santanché.
Berlusconi forse ha pensato a questa soluzione ma alla fine ha scelto l’opzione negativa e l’ha comunicata a Napolitano e alla pubblica opinione durante le consultazioni di ieri: non voterà la fiducia a Renzi né si asterrà ma voterà contro. Naturalmente sarà un’opposizione costruttiva e comunque manterrà il patto sulle riforme. È un padre della patria, che diamine! E quindi i provvedimenti che giudicherà buoni li voterà.
Per ora dunque Alfano è salvo ma il tremore sotto i piedi lo sente, perciò ha messo i suoi paletti prima di sottoscrivere la continuazione dell’alleanza col Pd: niente accordi a sinistra e tanto meno a destra. Posti chiave nel ministero, programma economico messo in carta e firmato prima del voto di fiducia. Se questi paletti non verranno condivisi Alfano esce dal governo. Ci vorrà comunque il doppio di tempo per soddisfarne le condizioni.
***
Qualcuno rimprovera Napolitano perché non si è opposto all’arrivo in scena al Quirinale per le consultazioni di ieri. Aveva invitato anche Grillo e la Lega e si è irritato per la loro risposta negativa. Quindi non poteva mettere un veto a Berlusconi, ancorché condannato con sentenza definitiva per frode fiscale e decaduto da senatore.
Questo impedisce a Napolitano di concedergli quella grazia “motu proprio” che Berlusconi da tempo chiede anzi pretende. Quella grazia non ci sarà mai perché Napolitano mai la darà in assenza d’una ammissione di colpevolezza da parte del richiedente che significa assunzione delle sue responsabilità e rinuncia a proclamarsi innocente. Ma quest’aspetto della questione è completamente diverso dal Berlusconi uomo politico e leader di un partito con rilevante seguito parlamentare. Se ci sono consultazioni al Quirinale, al capo d’un partito presente in Parlamento non può essere opposto un veto.
Su questo punto debbo dire che, per quel che vale il mio parere, la Costituzione non prevede consultazioni e descrive l’andamento della crisi in un modo estremamente semplice e chiarissimo: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e su sua proposta i ministri». Questo dice e basta, sicché, secondo la lettera della Carta, Napolitano non ha alcun obbligo di consultarsi con chicchessia. Naturalmente può consultarsi con chi vuole ma è lui a stabilire come e con chi; perciò avrebbe potuto anche limitarsi ai presidenti delle Camere o estenderlo ai presidenti dei gruppi parlamentari o addirittura a nessuno. I precedenti non mancano. Luigi Einaudi non consultò nessuno quando nominò il governo Pella; Scalfaro agì nello stesso modo quando nominò Ciampi dopo aver consultato soltanto Giuliano Amato all’epoca presidente del Consiglio. Anzi fu Amato a fargli il nome di Ciampi.
***
Resta il tema della politica economica che è il solo che stabilirà il successo del governo Renzi o la sconfitta sua e del suo partito.
Quello che vuole fare e i problemi che dovrà affrontare sono gli stessi del governo Letta, indicati e aggiornati nelle proposte da lui inviate alla direzione del Pd e giudicate da Renzi come contributi (marginali) ma non erano solo contributi, era l’elenco del fattibile, in parte già in corso di attuazione e positivamente considerato dalle autorità europee e dalla Bce di Mario Draghi.
Ora è il programma di Renzi ma con una differenza non da poco: Renzi vuole andare oltre le coperture previste dagli impegni europei, come vuole Squinzi, come vuole la Camusso, come vuole Vendola, cioè le parti sociali e la destra come la sinistra. Ma possono fare queste operazioni in barba all’Europa e agli impegni assunti dal governo precedente?
Questa è la domanda e la risposta è questa: se rispetta gli impegni con l’Europa il suo governo sarà eguale a quello di Letta e non molto più veloce nelle realizzazioni; se non li rispetta innescherà il commissariamento europeo e i sacrifici ancora maggiori sugli italiani.
Chi fa il mestiere di informatore e di osservatore non ha che da aspettare seguendo gli eventi con costante e obiettiva vigilanza, dandone conto alla pubblica opinione.