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 2014  febbraio 15 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA CRISI POLITICA


ROMA - Potrebbe essere una delle crisi di governo più corte della storia: Letta si è dimesso ieri alle 13 e l’incarico al nuovo premier - ovviamente Renzi, impossibile immaginare una sorpresa su questo fronte - potrebbe arrivare già oggi, meno di 48 ore dopo, anche se alcune indiscrezioni parlano di un Napolitano che si prenderebbe almeno una giornata di riflessione, per decidere domani o al massimo lunedì. Lunedì, però, ci potrebbe essere l’incognita dei mercati che, per ora, sembrano aver ben assorbito la crisi di governo e la probabile designazione di Renzi al ruolo di premier, ma che potrebbero avere tentennamenti se ci fossero ulteriori rinvii.

Ma sono anche consultazioni ricche di polemiche, con la Lega e il Movimento 5 Stelle che decidono di non salire al Colle ("è una farsa", fanno sapere) e Napolitano che parla di "stupore e rincrescimento" per la decisione del Carroccio, senza degnare di una reazione il M5S. I grillini, tuttavia, hanno organizzato una protesta in piazza Montecitorio per "fare le consultazioni per strada, con i cittadini". Sul fronte Forza Italia, la delegazione Fi sarà guidata da Silvio Berlusconi che metterà così in difficoltà il presidente della Repubblica, costretto a incontrare al Colle un ex senatore, condannato in via definitiva per frode fiscale, che lo accusa quasi ogni giorno di aver guidato un golpe contro di lui. E Grillo e Civati sono andati all’attacco: "Non può riceverlo".

Ma un’ulteriore spaccatura si consuma sul fronte delle poltrone. Pippo Civati, leader di una delle minoranze interne al Pd, chiede dal suo blog che Renzi smentisca il patto oscuro con Fi finalizzato a ridimensionare il ruolo di Angelino Alfano, vicepremier di Letta e titolare del Viminale: "Almeno possiamo smentire questa cosa di Denis Verdini? - incalza Civati via web - Lo scrivono parecchi giornali: Renzi avrebbe sentito Verdini (dico Verdini) per poter ridimensionare Alfano con qualche senatore. Ecco, personalmente l’avrei già smentita di prima mattina". Il rischio, tuttavia, è che in aula Civati non voti la fiducia al nuovo premier. Un’ipotesi che sfiorerebbe anche altri 5 senatori democratici. Si tratta di Corradino Mineo, Sergio Del Giudice, Felice Casson, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci e Donatella Albano.
Ma, polemiche a parte, domani o al più tardi lunedì, arriverà l’incarico a Renzi, con il giuramento forse già lunedì. Renzi sta pensando a una squadra snella, al massimo 18 ministri, e sta riempendo le ultime caselle. Si vocifera su un ingresso di Alessandro Baricco alla Cultura, ma lo scrittore smentisce. Anche l’ad di Luxottica Andrea Guerra, in lizza per lo Sviluppo Economico, ha avuto un incontro con il segretario Pd. Mentre il patron di Eataly Oscar Farinetti smentisce le voci che lo accrediterebbero al dicastero dell’Agricoltura.

Consultazioni della mattina: chi ha detto sì al governo Renzi. Le delegazioni salite al Quirinale nel corso della mattinata che hanno garantito il loro appoggio al governo Renzi sono: Südtiroler volkspartei (Alfreider), Minoranza linguistica Val D’Aosta (laniéce, Marguerettaz) , Centro Democratico (Formisano e Tabacci) e Alleanza per l’Italia (Bruno), Psi (Nencini) e Per le autonomie (Fravezzi, Berger). Interlocutoria la posizione di Grandi autonomie e libertà del senato (Gal). Mario Ferrara, presidente del gruppo, ha spiegato che le componenti che sono rappresentate nel suo gruppo valuteranno "differentemente" la nascita del nuovo esecutivo.

Chi ha detto no. La delegazione di Fratelli d’Italia, composta da Giorga Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, in dissenso con l’operazione del Pd, ha platealmente (e simbolicamente) consegnato la tessera elettorale nelle mani del presidente della Repubblica, come segno di protesta per il fatto che si sta avviando "il terzo governo consecutivo che passa sopra le teste degli italiani". Giorgia Meloni ha concluso: "Staremo all’opposizione. Se ci saranno provvedimenti votabili li voteremo, ma siamo poco ottimisti".
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Consultazioni del pomeriggio. Dopo la tornata mattutina, Napolitano riprenderà a ricevere le delegazioni dei partiti dalle 16. Ecco il calendario 16.00 - Nuovo Centrodestra (Sacconi, Costa, Schifani, Alfano) / 16.30 - Per l’Italia (Romano, Dellai, Cesa) / 17.30 - Scelta Civica (Susta, Romano) / 18.00 - Sel (Migliore) / 18.30 - Forza Italia (Romani, Brunetta, Berlusconi) / 19.15 - Partito Democratico (Zanda, Speranza).

Ncd pronto a nuova fase. Al termine del colloquio al Colle con Napolitano, il leader di Ncd Alfano ha detto: al capo dello Stato "abbiamo ribadito che il trauma per la scelta del Pd è stato significativo" e che il "Ncd è pronto a affrontare nuova fase. E’ chiaro che ci aspettiamo una assunzione di responsabilità da parte del Pd" che deve dare "un’indicazione chiara". Ma Alfano dice anche no al governo ’Renzi 1’ qualora si "spostasse a sinistra". Sul programma sottolinea "che non si fa in 48 ore", e insiste: "Se l’ambizione è grande, non deve esserci fretta. Non vi sono le condizioni per chiudere un accordo di governo in 48 ore. In quattro e quattr’otto non ce la si può fare se si vogliono fare cose grandi". Occorre "mettere nero su bianco i punti programmatici per la nascita del nuovo governo. Abbiamo detto a Napolitano che siamo animati da buona volontà ma che l’esito è incerto: non siamo in grado di assicurare il lieto fine, vogliamo vederci chiaro su una coalizione che non deve virare a sinistra e che deve avere programmi chiari".

Sullo sfondo, la trattativa serrata sugli incarichi da conferire dentro al nuovo Esecutivo. In ballo ci sono soprattutto due questioni: la conferma di Angelino Alfano alla vicepresidenza del Consiglio e al ministero degli Interni, e la presenza significativa, nel Cdm, di rappresentanti del Nuovo Centrodestra.

Intanto dalla presidente della Camera Laura Boldrini è arrivato un monito a rispettare le prerogative del Parlamento in questo delicato quanto anomalo passaggio istituzionale. In un video pubblicato oggi sul suo blog, infatti, spiega: "In questa crisi di governo a me, come presidente della Camera, stanno a cuore due cose. Innanzitutto, che dalle consultazioni si esca con un esecutivo capace di mettere al centro della sua azione le risposte alla pesantissima situazione economica e sociale del paese. E poi mi interessa che vengano rispettate le prerogative del Parlamento: perchè le Camere sono il luogo dove governo e partiti motivano le loro scelte e assumono le loro responsabilità di fronte all’opinione pubblica".

E dopo il duro giudizio del Vaticano, tramite l’Osservatore Romano, sugli eventi che hanno portato alle dimissioni di Letta, i vescovi hanno sottolineato: "Ci vuole stabilità - ha detto il presidente della Cei Angelo Bagnasco - chiunque vada al governo, deve porsi come priorità il lavoro".

MULTI DI REP
Governo, Berlusconi: "Mnateniamo accordo sulle riforme"
"Manteniamo l’accordo sulle riforme". Così il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, al termine del colloquio con il capo dello Stato nell’ambito delle consultazioni.
da Michela Scacchioli 19.09

Sel: "Mai in coalizione Pd-centrodestra"
"Sel sarà decisamente all’opposizione di un governo che si regge sulla alleanza tra il Pd e forze di centro e di destra, nella convinzione che stia forse cambiando lo stile, ma non la sostanza". E’ quanto si legge nel documento conclusivo dell’assemblea nazionale di Sel svoltasi oggi a Roma.

da Michela Scacchioli 18.46

Berlusconi al Colle, prima volta dopo decadenza
Silvio Berlusconi è arrivato al Quirinale per le consultazioni con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il Cavaliere è accompagnato dai capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani. E’ la prima volta, dopo la decadenza da senatore, che Berlusconi incontra il presidente della Repubblica.

da Michela Scacchioli 18.38

Scelta civica: "Patto di coalizione per piano shock"
"Un piano shock" su lavoro, crescita e misure economiche. Lo chiede Stefania Giannini a nome di Scelta Civica al termine delle consultazioni al Quirinale. Un piano che sia discusso e condiviso dalla maggioranza. "Per noi una condizione precisa è un patto di coalizione con cui si condividano temi, misure e tempi".

da Michela Scacchioli 18.22

Alemanno: "No golpe Pd, subito al voto"
"L’Italia non può essere condizionata da una golpe interno al Partito democratico. Non c’è nelle concitate dichiarazioni di Matteo Renzi nessuna traccia di nuove idee per affrontare i problemi dell’Italia. L’unica novità che può generare il cambio in corsa tra Letta e Renzi è uno spostamento ancora più a sinistra del Governo. Per questo, tutti quelli che hanno a cuore il futuro dell’Italia e non sono subalterni al Partito Democratico devono chiedere con forza che si vada subito a elezioni". A dirlo è Gianni Alemanno.

da Michela Scacchioli 18.15

Chiamparino: "Renzi non è uno sconsiderato"
"Pensavo fosse possibile che Letta durasse almeno fino al 2015, ma non credo che Renzi sia uno sconsiderato. Evidentemente si erano logorate le condizioni per fare il gioco di squadra. Ne prendo atto". Così l’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, intervistato da Sky, ha commentato la crisi di governo.
da Michela Scacchioli 18.08

Renzi vede Mentana, Rossella e Della Valle
Matteo Renzi continua i suoi incontri a Firenze, in un luogo riservato, lontano dai palazzi. Il segretario del Pd avrebbe incontrato, oltre allo scrittore Alessandro Baricco e all’ad di Luxottica Andrea Guerra, anche personalità del mondo imprenditoriale e giornalistico; il direttore del tg di La7 Enrico Mentana, il presidente di Medusa Carlo Rossella e il patron della Tod’s Diego Della Valle.
da Michela Scacchioli 18.07

Dellai: "Prima il programma, poi decidiamo"
I Popolari per l’Italia e l’Udc si "riservano" di "esprimere un giudizio" sul nuovo governo. Lo dice Lorenzo Dellai al termine delle consultazioni al Quirinale. Un giudizio legato a "natura del governo, perimetro della maggioranza e programma. Attendiamo" quindi "di apprendere dal presidente incaricato il profilo politico e

CORRIERE.IT
Sono in corso al Quirinale le consultazioni-lampo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in vista della formazione del nuovo governo. Dopo che venerdì sera il capo dello Stato ha incontrato i presidenti del Senato e della Camera Piero Grasso e Laura Boldrini, i colloqui sono ripresi in mattinata con i partiti «minori» e, nel pomeriggio, con quelli principali.

RENZI ATTENDE A FIRENZE - Il premier in pectore Matteo Renzi nel frattempo attende a Firenze, dove lavora alla squadra di governo. E dove nella mattinata ha incontrato lo scrittore Alessandro Baricco e l’amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra, tra i nomi che circolano, rispettivamente, per il ministero della Cultura e dello Sviluppo economico. (GUARDA il totoministri).

Meloni: abbiamo riconsegnato la nostra tessera elettorale

ALFANO: «SE IL GOVERNO SI SPOSTA A SINISTRA NOI NON CI SIAMO» - Dopo l’incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è arrivato il «sì» - non senza condizioni - del Nuovo centro destra di Angelino Alfano: «Ncd è pronto ad affrontare una nuova fase - dice Alfano - Ma avendo incontrato il Capo dello Stato prima del suo incontro col Pd, è chiaro che noi ci aspettiamo una assunzione di responsabilità con una indicazione chiara da parte del Pd». La «premessa di tutto», per Alfano, è che «vi è un segnale di ripresa dell’economia italiana ma non possiamo considerare il Paese fuori dalla crisi, e uscire dalla crisi deve essere l’obiettivo di qualsiasi governo segua quello di Enrico Letta. Ed è questo uno degli obiettivi del Ncd, la stabilità del governo senza la quale il paese già a novembre sarebbe stato in grave difficoltà».

Alfano: se la coalizione si sposterà a sinistra diremo no al nuovo Governo

CONDIZIONI - Subito dopo Alfano lancia un messaggio a Renzi: «Elemento fondamentale sarà la composizione della coalizione che se si sposterà ancora a sinistra noi diremo di no - sottolinea Alfano - Altro punto, quello dei programmi: noi abbiamo idee molto concrete e chiare, i nostri programmi sono di centro destra, noi siamo gli avvocati del ceto medio italiano che più di tutti ha patito la crisi». Per un nuovo governo, conclude Alfano, «serve tempo, siamo pronti ad un grande sforzo riformatore ma per fare questo non bastano 48 ore, queste sono le premesse con grande chiarezza abbiamo detto al Capo dello Stato che siamo animati da buona volontà ma non siamo certi sul lieto fine»:

Consultazioni: Romani (FI), “Risultato già accertato”
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BERLUSCONI: «RESTIAMO ALL’OPPOSIZIONE »- Non senza polemiche, a causa della condanna divenuta definitiva, la delegazione di Forza Italia sarà guidata da Silvio Berlusconi. Parla tra gli altri di «brutto segnale per la legalità» Pippo Civati , della minoranza Pd, che da più parti (a cominciare da lui stesso) viene indicato come prossimo a lasciare il partito. Berlusconi, al Quirinale, è stato accolto da un presidio di protesta del Popolo Viola. Dopo le consultazioni con il presidente della Repubblica, il Cavaliere ha rilasciato una breve dichiarazione senza rispondere alle domande di giornalisti: «Abbiamo con il Presidente della Repubblica manifestato preoccupazione e stupore per questa crisi opaca che si è aperta fuori dal Parlamento e nell’ambito di un solo partito - dice Berlusconi - e per la volontà di dare vita ad un nuovo governo senza che si sia sentita una parola su come sarà il programma di questo governo». Il leader di Forza Italia poi aggiunge «noi siamo all’opposizione di questo governo», e «manteniamo accordi intervenuti sulla legge elettorale e per le riforme». Sull’Europa, conclude il Cavaliere, «inviteremo il governo ad una posizione ferma affinché in Ue si possa arrivare presto ad un cambiamento della politica dell’austerità per la strada della ripresa e dello sviluppo».

FRATELLI D’ITALIA ALL’OPPOSIZIONE - L’eventuale governo Renzi incassa nella mattinata il via libera del gruppo «Per le Autonomie» (Svp, Uv, Patt, Upt). Poi del Psi. «La prossima settimana sarà decisiva e mi auguro conclusiva» dice il segretario Riccardo Nencini. Che chiede a Renzi una dettagliata «agenda di priorità», dall’atto unico sul lavoro, alla riforma fiscale, a quelle costituzionali. Quindi, tocca al Centro democratico. La premiership di Renzi significa «un passaggio verso un governo politico e ciò può dare fiato alla legislatura», dichiara Bruno Tabacci. Via libera anche da Movimento associativo italiani all’estero (Maie) e Alleanza per l’Italia (Api), anche se, nota Franco Bruno, «occorre che ci sia la fiducia del Parlamento sulla base di un accordo chiaro e definito». Interlocutoria la posizione delle Grandi autonomie e libertà (Gal): «Valuteremo se la parola ambizione si coniuga a capacità o a presunzione» dice il presidente del Gruppo, Mario Ferrara. Annuncia invece che andrà all’opposizione, Fratelli d’Italia. E Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Maurizio Crosetto consegnano simbolicamente al presidente della Repubblica le loro tessere elettorali come segno di protesta per il fatto che si sta avviando «il terzo governo consecutivo che passa sopra le teste degli italiani».

VENDOLA: «SOSTENERE RENZI?FANTAPOLITICA» — Non usa mezzi termini Nichi Vendola, leader di Sinistra ecologia e Libertà: «Il sostegno ad un governo Renzi? É pura fantapolitica, mai esistita l’ipotesi. Il nostro giudizio è negativo». Al termine della consultazione con il Capo dello Stato, Vendola ha poi aggiunto: «L’Iniziativa di Renzi ha portato uno spostamento a destra del Paese, con la resurrezione di Silvio Berlusconi nella vita politica». E, nel documento conclusivo approvato all’unanimità dall’assemblea nazionale di Sel, viene ribadito: «Il governo Letta ha operato in continuità con il governo Monti. L’Italia è stata spinta, negli anni cruciali della prolungata crisi provocata dall’anarchia del capitale finanziario, lungo la china di una devastante recessione economica. Gli effetti sulla società e sull’economia sono senza precedenti».

LA LEGA DISERTA - La Lega Nord, invece, non sale al Colle. «Che ci andiamo a fare ?- si chiede il segretario Matteo Salvini -. È un vero e proprio attentato alla democrazia, il terzo presidente del consiglio non eletto da nessuno è veramente troppo, nemmeno a Cuba o in Corea del Nord riescono ad arrivare a tanto». «L’annuncio della mancata partecipazione della Lega Nord è stato appreso dal presidente della Repubblica con stupore e con rincrescimento» reagisce con una nota il Quirinale.

M5S ASSENTE - Diserta le consultazioni anche il Movimento 5 Stelle. «Napolitano ce le dovrebbe per decenza risparmiare» dice Beppe Grillo, bollandole con linguaggio colorito come una presa in giro. I parlamentari del M5S si sono riuniti davanti a Montecitorio, dove incontrano i cittadini. «La prima cosa fatta da Renzi è stata rivitalizzare la salma Berlusconi, nemmeno Frankenstein aveva osato tanto. Poi, resosi conto della cazzata, si è chiesto “come faccio a recuperare?” e ha deciso di sparigliare le carte» è l’analisi di Roberta Lombardi, protagonista delle consultazioni meno di un anno fa, quando era capogruppo dei grillini alla Camera.

BOLDRINI: SI RISPETTI IL PARLAMENTO - Dal suo blog, interviene infine la presidente della Camera Laura Boldrini: «In questa crisi di governo mi stanno a cuore due cose. - spiega - Innanzitutto, che dalle consultazioni si esca con un esecutivo capace di mettere al centro della sua azione le risposte alla pesantissima situazione economica e sociale del Paese. E poi mi interessa il rispetto delle prerogative del Parlamento: perché le Camere sono il luogo dove governo e partiti motivano le loro scelte e assumono le loro responsabilità di fronte all’opinione pubblica».

LA SCISSIONE DI CIVATI
«Quasi quasi fondo il Nuovo Centro Sinistra». E’ il titolo del post pubblicato da Giuseppe Civati sul suo blog. All’indomani delle dimissioni di Enrico Letta, l’ex candidato alle primarie pd non ci sta. E, dopo il suo no al governo Renzi giovedì in Direzione, alza i torni e dice: «Recupero una dozzina di senatori. Poi vado da Renzi e gli dico il contrario di quello che propongono Formigoni e Sacconi, oggi sui giornali. Nuovo Centro Destra contro Nuovo Centro Sinistra (anche Sinistra e basta, che il Centro è dappertutto)».
OBIETTIVI - La linea di Civati è chiara: «Chiedo matrimoni egualitari, stop agli F-35, stop al consumo di suolo (magari anche NoTav), reddito minimo, progressività fiscale, conflitto d’interessi, ius soli, legalizzazione delle droghe leggere». E aggiunge: «Saranno contenti rispettivamente Formigoni, Lupi, Mauro, Sacconi, Alfano e Giovanardi (sono proposte ad personam, tanto loro di solito le votano). E vediamo come va a finire».
L’APPOGGIO DI VENDOLA - Sembra una provocazione. Nichi Vendola però è già dalla sua parte. «Ha usato espressioni forti per descrivere una situazione a metà tra Shining e il peggio della Prima Repubblica», ha detto il leader di Sel in un’intervista ad Affari Italiani. «Per ora le prime carte che ha mostrato Renzi fanno schifo. Ma forse sono io che sono inattuale».

DAL CORRIERE DI STAMATTINA

ROMA — La crisi di governo innescata da Matteo Renzi provoca un primo effetto collaterale sul Parlamento. FI, Lega, Sel e M5S hanno chiesto e ottenuto di sospendere fino a lunedì i lavori d’Aula alla Camera in attesa delle decisioni di Napolitano. Così, però, si è aggrovigliato ancora di più l’ingorgo di decreti (5 in scadenza a fine febbraio e 3 a marzo) lasciati in eredità a Renzi dal governo uscente. I decreti in coda a Montecitorio, poi, provocheranno uno slittamento a marzo del voto sulla legge elettorale che avrebbe dovuto tornare in aula il 18 febbraio dopo il primo rinvio di una settimana. Il primo scoglio per il nuovo governo è dunque il «milleproroghe» di fine anno senza il quale la macchina amministrativa si inceppa: il decreto, giunto alla Camera, scade il 28 ma con centinaia di emendamenti i grillini possono tirarla per le lunghe anche per dieci giorni. Poi, sempre alla Camera, c’è lo stop al finanziamento pubblico dei partiti che scade il 26 e il «salva Roma» (ancora non approvato dal Senato) da convertire entro il 28. A Palazzo Madama marciano paralleli lo «svuotacarceri» e «Destinazione Italia», da approvare entro il 21. Qualche settimana in più, invece, per il decreto che tratta il rientro dei capitali dall’estero (30 marzo), per quello che mette una toppa sulle buste paga dei professori ( 24 marzo) e per quello che proroga le missioni all’estero (17 marzo). Con questo calendario, dunque, di legge elettorale e di riforma del Senato se ne riparla, quanto meno, a marzo.
D.Mart.

ACCORDO SEGRETO CON VERDINI
Renzi va veloce. Così veloce che — mentre deve ancora nascere il Renzi 1 — lui starebbe già lavorando al Renzi 2 per scaricare Alfano durante la navigazione del governo. Letta ha sperimentato come il segretario del Pd dica una cosa e poi ne faccia un’altra. Per evitare che fra qualche tempo il capo democratico dedichi al leader del Nuovo centrodestra un hashtag del tipo #angelinostaisereno, Lupi ha indossato i panni dell’investigatore, e raccogliendo una serie di indizi sarebbe risalito all’origine dell’operazione che garantirebbe in prospettiva al futuro premier una maggioranza alternativa. Solo che, ecco la sorpresa, le tracce non porterebbero a Sel e ai transfughi cinquestelle. No: imitando Cuadrado — fantasista della sua «Viola» — Renzi avrebbe fatto finta di andare a sinistra, puntando invece sulla destra. Lì dove ad attenderlo ci sarebbe Verdini, pezzo forte del mondo berlusconiano, che dai tempi della trattativa sulla legge elettorale ha in testa l’obiettivo di far fuori Ncd.
È noto il legame tra il sindaco di Firenze e il concittadino di Forza Italia. I due — come raccontano autorevoli dirigenti azzurri — «si scambiano ogni giorno messaggi quasi fossero fidanzatini». E tra un sms e l’altro sarebbe stata elaborata l’operazione che a Lupi ha ricordato la stagione in cui militava nel Pdl, il brillante piano dei «responsabili» elaborato nel dicembre del 2010 proprio da Verdini, quel gruppo parlamentare che fu decisivo per consentire a Berlusconi di restare a Palazzo Chigi, nonostante la mozione di sfiducia di Fini. Sulla falsariga del vecchio schema, il nuovo dovrebbe portare alla costituzione di una pattuglia di senatori provenienti dalle file del centrodestra, una formazione da ingrossare poco a poco fino al punto di rendere Ncd ininfluente all’occorrenza, così da farne una «quantité négligeable» — come ama dire Berlusconi — ai fini della maggioranza a Palazzo Madama.
Di impronte deve averne trovate a sufficienza Lupi, se l’altro ieri ha prima scritto un sms minaccioso a Renzi e poi ha chiamato al telefono Franceschini. «Ma no, quella è una cosa che al limite aggiunge», si è sentito rispondere. È stato allora che è sbottato: «Sapete che c’è? Il governo ve lo fate con Verdini e Cosentino, e ... (omissis)». Non è dato sapere perché il ministro ncd abbia citato l’ex coordinatore campano del Pdl, che — in polemica con le nomine decise da Berlusconi nella sua regione — ha benedetto la nascita di Forza Campania. C’entrano forse qualcosa i senatori azzurri che fanno capo Cosentino, noto per i suoi legami con Verdini? E come mai ieri — fulmine a ciel sereno — Maroni ha denunciato il tentativo di scouting da parte del Pd nei confronti di parlamentari della Lega? «Facciano pure, troveranno un muro di cemento armato». Parlava a Renzi perché qualcun altro sentisse?
Una cosa è certa, l’affaire responsabili ha scatenato il finimondo tra Pd e Ncd. «Matteo» ha provato a derubricare il tema con «Angelino»: «Guarda che i contatti con Forza Italia servono solo a tener bassa la tensione politica». Ma ieri mattina il tema ha tenuto banco nella trattativa tra le due delegazioni, e Delrio è andato a Firenze per riferirlo a Renzi. Alfano fa sapere che «su programma e composizione della maggioranza» non transige, e lo ribadirà oggi quando salirà dal capo dello Stato per le consultazioni. Altro che fare presto: i tempi si allungheranno di una settimana per la formazione del governo. Ncd deve già fronteggiare le bordate di Berlusconi, che ha iniziato la campagna elettorale «contro di noi invece di attaccare la sinistra», manca solo che debba fidarsi di una promessa, mentre in Forza Italia c’è già chi fa avances a Renzi. Con «il rischio — lo ammette l’azzurro Matteoli — che siccome nel partito non abbiamo un luogo dove discutere, i nostri gruppi si possano dividere sui singoli provvedimenti tra chi vota a favore e chi contro».
A «Flipper», come viene chiamato Renzi nel Nuovo centrodestra, verrà ribadita la necessità di un «patto alla tedesca», che per Alfano è più importante della vertenza sulla lista dei ministri. E non c’è dubbio che «molta attenzione» verrà posta sui dicasteri della Giustizia e delle Comunicazioni, là dove con Enrico Letta sedeva Catricalà, amico di Gianni Letta, garante degli equilibri tra il Cavaliere e il Pd ai tempi delle larghe intese. Da chi sarà indicato come suo successore Ncd capirà se (e fino a che punto) Renzi ha stipulato un patto con Forza Italia, o se davvero — come sostiene il leader democrat — la liaison con Verdini serve solo a «tenere bassa la tensione politica».
Non servono acrobati per «uscire dalla palude», serve un’intesa e una strada concordata, così da evitare di restare impantanati ai primi passi. Perciò — nonostante Renzi volesse accelerare — occorreranno giorni per trovare l’accordo di maggioranza: uno sarà scritto, e riguarderà il governo; l’altro sarà tacito, semmai dovesse aprirsi la corsa al Quirinale.
Francesco Verderami

LA FORZA DEI CENTRISTI (CDS DI STAMATTINA)
ROMA — «Il Pd non ha la forza né i numeri per fare un governo sbilanciato tutto a sinistra con Sel e transfughi grillini perché a Palazzo Madama c’è un blocco, diciamo così, dei moderati. Tutti insieme noi del Nuovo centrodestra, i Popolari per l’Italia di Mario Mauro e l’Udc di Pier Ferdinando Casini possiamo contare su una cinquantina di senatori. E dal Senato Matteo Renzi deve passare...».
Un esponente di primo piano del movimento guidato da Angelino Alfano, che vuole mantenere l’anonimato, fotografa con queste parole la situazione nella quale il potenziale premier incaricato si trova: ovvero, deve tenere nella dovuta considerazione la pattuglia dei centristi. Chiarito questo, il nostro interlocutore dice che è positivo che Renzi abbia confermato, nel discorso alla Direzione del Pd, il perimetro della maggioranza che ha sorretto il precedente esecutivo. Alla qualità dei partner deve, però, fare seguito un programma che rappresenti un punto di equilibrio tra le istanze degli alleati. «Sarà un “governo degli opposti” e proprio per questo si dovrà tenere conto dei rispettivi punti di vista», ragiona la stessa fonte.
I contatti tra il sindaco di Firenze e Alfano sono continui. Si tratta su tutto: dal programma alla composizione del governo. Il numero totale dei ministri, fissato inizialmente in dodici sembra, via via, salito sino a raggiungere quota sedici, così riferiscono dalle parti del Ncd. E non è neppure escluso possa lievitare ancora. Al momento, fanno trapelare dall’entourage alfaniano, Maurizio Lupi, che è il titolare delle Infrastrutture, e Beatrice Lorenzin, responsabile della Salute, non sarebbero in discussione. Diversa la posizione dello stesso Alfano, sul quale è in corso un braccio di ferro visto che occupa la strategica poltrona del Viminale. L’attuale ministro la difende, gli sherpa renziani dicono invece che deve lasciarla.
Come riconosce Fabrizio Cicchitto, «tutto è aperto, ma noi non saremo certo un’appendice di un governo tutto sbilanciato a sinistra. Difenderemo i nostri valori e il blocco sociale che guarda a noi». Proprio per queste ragioni la trattativa sulla «struttura del governo» è strettamente collegata alla definizione del programma, dell’agenda politica. Tema sul quale il Nuovo centrodestra non intende fare sconti. In testa a tutto c’è il lavoro. «È una priorità perché ce lo chiedono gli italiani e perché giungono analoghe sollecitazioni dagli organismi internazionali», afferma l’ex ministro Maurizio Sacconi. «Abbiamo bisogno - insiste - di una regolazione più flessibile in entrata e in uscita. Sul numero delle persone al lavoro si verifica il successo del governo». Non solo. Proprio per venire incontro alle esigenze del ceto medio, verrà proposto che, con il taglio delle spese, si finanzi la riduzione delle tasse, del cuneo fiscale e si adottino misure a sostegno delle famiglie. «In ogni caso — ammonisce Lupi — dobbiamo verificare i punti del programma e soprattutto i tempi di attuazione». Anche perché, sintetizza Sacconi, «non temiamo le elezioni».
Lorenzo Fuccaro

ANDREA MALAGUTI TOTOMINISTRI

Dice: «Noi fiorentini siamo fatti in questo modo». E la platea – milleduecento coppie sposate da cinquant’anni convocate nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio per festeggiare San Valentino – all’improvviso si fa muta. Come siamo Matteo? Parli di noi o parli di te? E, soprattutto, parli per l’ultima volta da sindaco di Firenze o per la prima volta da signore degli italiani?
Demolition Man, così l’ha ribattezzato il Financial Times, lo scout che si è fatto generale, il bambino-adulto che ha tirato una spallata improvvisa e micidiale al sistema, si aggiusta la cravatta viola e allarga le dita come se volesse abbracciare uno a uno gli uomini e le donne che ha davanti. «Siamo litigiosi, critici, spigolosi, guelfi e ghibellini. Però generosi. E nella nostra storia, più ancora dell’arte grandiosa che ci sta attorno, il vero capolavoro è sempre stata l’attenzione verso gli altri». Applauso. Trombe. Demolition Man si rilassa. È stato quello il suo modo per dire: non sono cattivo, non sono aggressivo, ho solo capito che è il mio momento. Ma i tempi e le circostanze, quasi cinematografiche, rendono le parole metalliche. Sono le quattro e dieci, da appena tre ore il Capo dello Stato ha ricevuto le dimissioni irrevocabili del pisano Enrico Letta. Ex compagno di viaggio. Ex e basta. Renzi gira impercettibilmente la testa verso gli affreschi del Vasari. Pisa attaccata dalle truppe fiorentine. Cavalli, soldati, l’assedio. La capitolazione.
Su una balconata, in fondo alla sala, il ministro Graziano Delrio, destinato alla poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio e braccio destro dell’Uomo Nuovo, segue la cerimonia con attenzione. Il carisma del suo pupillo sembra intatto, ma ormai il Paese è diviso tra chi lo considera l’eroe di una tragedia classica e chi lo vede al massimo come lo scarabocchio di un fumetto. «Ma le Borse ci stanno premiando. Salgono. Non è banale che succeda quando c’è un avvicendamento alla guida del governo», dice Renzi ai suoi collaboratori. Tra domani e (più probabilmente) lunedì riceverà l’incarico da Giorgio Napolitano, a quel punto avrà davanti a sé i tre mesi più complicati ed esaltanti dei suoi primi quarant’anni. Rivoluzione o morte. Riduzione del cuneo fiscale, abbassamento delle tasse alle imprese, buste paga più pesanti per i lavoratori potrebbero essere tra gli obiettivi immediati. Il Nuovo Centro Destra è pronto anche a sottoporgli un documento in cui si esamina la possibilità di ridurre le aliquote fiscali a due: una al 20 e l’altra al 30%, abolendo il mare incontrollabile delle detrazioni che pesano sulle casse dello Stato per 50 miliardi. C’è chi parla anche dell’introduzione del wi-fi libero in ogni angolo della penisola. Leggende metropolitane che si confondono con idee ancora da definire. Progetti di un cantiere aperto, in cui non è ancora chiaro chi saranno fisicamente architetti e capomastri. Proprio di questo parleranno Renzi e Delrio nei maestosi uffici del sindaco appartenuti a Clemente VII. Della Reichlin all’Economia, della Bonino confermata agli Esteri anche perché gradita al Quirinale, di uno tra Orfini, Martina e Vasco Errani al posto di Andrea Orlando. Delle quotazioni in caduta libera di Vietti alla Giustizia, del no di Baricco per la Cultura, della Boschi alle Riforme, della poltrona di Franceschini. Un dialogo di un’ora seguito da decine di telefonate e dai saluti dei collaboratori che gli preparano gli scatoloni. «Domani resto a casa e poi vado a vedere la Viola. Lunedì convoco la giunta». Non si dimetterà, per evitare il commissariamento. Passerà il ruolo al suo vice. E se ti chiama il Presidente, Matteo? «Due ore e sono lì».
Nel salone dei Cinquecento, uno dei posti più belli della terra, il discorso del sindaco che sarà premier dura diciassette minuti in tutto. Esattamente come quello pronunciato alla direzione del Pd per liquidare Letta. Renzi è affaticato. Visibilmente teso. Difficile capire che cosa abbia davvero dentro, ma gli uomini, anche i condottieri e i farabutti, sono nella maggior parte dei casi assai più ingenui e più semplici di quanto siamo disposti a pensare. Le coppie sposate da cinquant’anni si fanno fotografare con lui davanti alla statua di Papa Leone. L’abbracciano. Lo baciano. «In bocca al lupo Matteo». «Ne ho bisogno». Raffica di flash. Demolition Man si concede. Un artigiano che vende tessuti lo prende per un braccio. «Il matrimonio è un pranzo interminabile con il dolce servito per primo. E anche la politica mi sa che è così». Renzi stira un sorriso gentile mentre una signora lo bacia. «Il giorno più bello è sempre quello che deve ancora venire», replica improvvisamente sereno, come se grazie alla sua gente si fosse spinto un gradino più in alto nella scala della vita.

Francesco Grignetti
Il totoministri impazza, ma la lista finale ha bisogno di altre limature. L’unica novità è che la squadra si allargherà un pochino - dovrebbero essere almeno 15 i ministri dell’esecutivo - perché gli auspicati accorpamenti, una delle prime cartucce ad effetto che il segretario vorrebbe sparare, non possono essere spinti più di tanto.
Dato che è la crisi economica e sociale la prima delle emergenze, ciò che è alla base di tutto, è il team dei ministri economici. Su cui c’è molta attesa anche all’estero. Continua sempre a essere quotata Lucrezia Reichlin. Così come è stabile il gradimento per il professor Tito Boeri al Lavoro. In forte calo le ipotesi di Lorenzo Bini Smaghi e di Carlo Padoan, neopresidente dell’Istat. In discesa anche il nome di Guglielmo Epifani, il segretario Pd «di transizione», già segretario generale della Cgil, di cui si era ipotizzato un ruolo al Lavoro.
Nel frattempo si sono alzate le antenne dei piccoli partiti. Tutta l’enfasi di Renzi e del Pd sulla «nuova fase» preludono a un programma sbilanciato a sinistra? Quale spazio politico e anche personale resta per i centristi e il Nuovo centro destra? Non soltanto perciò gli alleati stanno puntando i piedi sul programma, dove non vogliono assolutamente vedere temi «divisivi», ma anche sui nomi. Si dà per certa la conferma di Angelino Alfano all’Interno, di Maurizio Lupi alle Infrastrutture, di Beatrice Lorenzin alla Salute. Probabile Stefania Giannini, di Scelta civica, come prossimo ministro dell’Istruzione.
Pare decisa la conferma di Emma Bonino agli Esteri; sarebbe un segnale di continuità nei rapporti internazionali a cui il Quirinale tiene molto.
In forse, invece, l’ingresso al governo di Michele Vietti, vicepresidente uscente del Csm, in ottimi rapporti con il Quirinale. Meno con la destra. Di lui si è ragionato come un possibile ministro della Giustizia. Ma lo scarso peso politico dell’Udc potrebbe far ridimensionare la partecipazione di questo partito ad un ministero minore. Con il che torna in alto mare la casella della Giustizia, particolarmente sensibile.
Per la Difesa, al netto delle ipotesi di Federica Mogherini e del professor Arturo Parisi, è in netto rialzo il nome di Roberta Pinotti, attuale sottosegretario, molto ferrata sui dossier del ministero, stimata dal Colle e anche dagli ambienti internazionali e alleati.
In tema di conferme, si dà quasi per certo Dario Franceschini ancora ai Rapporti con il Parlamento. Possibile invece che Matteo Orfini subentri ad Andrea Orlando all’Ambiente, ma non è detto che per quest’ultimo non ci sia un incarico diverso. Tra i ritorni a sorpresa, poi, potrebbe rientrare al governo Fabrizio Barca, già ministro alla Coesione territoriale con Monti, poi tornato al suo lavoro di direttore generale del ministero dell’Economia.

TONOMINE PER REP

L’ULTIMO giorno da sindaco e il primo da premier in pectore Matteo Renzi lo vive a Firenze. Giorno di saluti e di trattative per superare tre nodi: il braccio di ferro con Alfano per la squadra del Nuovo centrodestra, la scelta del ministro dell’Economia, i tempi della nascita del Renzi 1 da concordare con il Quirinale. L’Ncd alza molto il prezzo e questo rientra nelle dinamiche delle trattative. Lo fa nei colloqui telefonici con il segretario del Partito democratico.

Lo sbandiera ai quattro venti con la minaccia di Renato Schifani: "Non è detto che nasca il nuovo esecutivo. Si può sempre andare a votare, noi non avremmo problemi". Ma Renzi tiene il punto: "Terrò conto dei rapporti politici con le altre forze della maggioranza, ma anche del peso di ciascuno". Come dire: è il Partito democratico a dare le carte. E se quello di Alfano è un bluff, Renzi ha intenzione di rovinarglielo facendo circolare una tentazione: dare all’esecutivo un carattere "ipermaggioritario", ovvero nominare lui i ministri senza infilarsi nei veti incrociati e nel mercato dei posti. Poi, vedere se l’Ncd ha davvero il punto in mano o preferisce non tirare la corda per paura delle elezioni anticipate.
Totoministri, Renzi lavora alla squadra
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Andando al sodo, Alfano difende a spada tratta la casella del ministero dell’Interno. "Io rimango lì, non si discute. Non ci sono alternative", ha fatto sapere al sindaco. Questo impedisce di rimescolare la squadra e di dare un significativo segno di discontinuità rispetto al precedente governo. "Non posso fare il governo Letta senza Letta. Troppa gente vuole rimanere attaccata alla poltrona. Ma se non c’è un cambiamento profondo - ripete Renzi ai suoi fedelissimi - allora rischiamo di apparire come quelli che volevano solo far fuori Enrico. Non è così e si deve vedere chiaramente".

Il problema però c’è. In gran fretta, è arrivato ieri a Firenze Graziano Delrio, futuro sottosegretario alla presidenza del Consiglio e in questo momento il consigliere più fidato del segretario. Se il Pd conferma Andrea Orlando, Delrio e Franceschini, se Emma Bonino rimane alla Farnesina e se l’Ncd chiede di non muovere Alfano, Lorenzin e Lupi, allora il messaggio al Paese sarà quello di un mantenimento di uno status quo. "Avete visto i sondaggi? Questo passaggio trova molte resistenze nel Paese, occorre presentarsi subito bene e il nostro biglietto da visita è la squadra dei ministri".

In attesa dell’incarico e di entrare nel vivo delle consultazioni con gli alleati - dopo le dimissioni "irrevocabili" che ieri mattina Enrico Letta ha rassegnato al Quirinale - Renzi mette alcuni paletti. I ministri saranno al massimo 18. Il modello del quale il segretario del Pd parla spesso è quello del governo Monti, almeno sul piano dei numeri. E poi c’è l’obiettivo di avere una metà della squadra formata da donne. Si parte da qui. Maria Elena Boschi, renziana della prima ora, è un ingresso sicuro: alle Riforme o ai Rapporti col Parlamento. Federica Mogherini e Roberta Pinotti sono sempre in lizza per il dicastero della Difesa. La Bonino non rientra nei piani di Renzi ma potrebbe essere un nome indicato "di rigore" da Giorgio Napolitano. Un altro grande segno di discontinuità sarebbe mettere una donna al ministero dell’Economia, la poltrona più pesante del mazzo, ormai un vero premier-bis. Si arriva così al nome di Lucrezia Reichlin.

Napolitano ha consigliato a Renzi di consultare Mario Draghi per scegliere la persona giusta da presentare in Europa e al mondo. I colloqui con il presidente della Bce sono ormai quotidiani. A Draghi piace Reichlin. Raccontano però che lontani contatti tra l’economista e il sindaco siano andati maluccio. I due non si sarebbero presi. Al mondo renziano piacerebbe invece Lorenzo Bini Smaghi. Nella logica del rapporto fiduciario, la scelta di Renzi cadrebbe sicuramente sull’ex membro del board Bce. Draghi però non è d’accordo. E si torna al punto di partenza. Con l’affacciarsi di un terzo incomodo: Fabrizio Barca. Direttore generale del Tesoro, ex ministro tecnico della Coesione territoriale, ha un legame abbastanza stretto con Renzi. Così diversi per linguaggio e per cultura, i due sentono di poter lavorare insieme. E quel nome è stato spesso pronunciato nella riunione di Palazzo Vecchio, ieri pomeriggio.
Da escludere invece nel capitolo femminile un trasloco di Laura Boldrini al governo. La presidente della Camera è stata sondata da alcuni ambasciatori renziani, ma ha risposto con un cortese e secco no. Su Montecitorio aveva messo una fiche Dario Franceschini che però prudentemente punta anche altro: l’Interno se Alfano cede o la Cultura.

I nomi nuovi sono l’assillo del premier in pectore. L’ad di Luxottica Andrea Guerra per ora resiste alle pressioni di Renzi. Alessandro Baricco è invece un nome vero e ancora in corsa. Sono due protagonisti della Leopolda, la manifestazione annuale organizzata da Renzi, punto di forza della rottamazione antropologica del sindaco. Ma il governo Leopolda, ossia un cambiamento radicale dei volti e del linguaggio della politica, non sembra possibile in questa fase. Allora Renzi ha da qualche ora puntato Luca di Montezemolo. Per un ministero di peso (Sviluppo economico) o per un incarico studiato su misura come il "marketing Italia", un ministro aggiunto. Montezemolo naturalmente dovrebbe lasciare la Ferrari.

Tra le conferme, oltre ai dirigenti dell’Ncd, appare scontata quella di Andrea Orlando all’Ambiente, sponsorizzato da associazioni come Legambiente che chiedono "continuità". La maggioranza può allargarsi da subito ai socialisti, con il segretario Riccardo Nencini in pista per lo Sport o la Cultura. Per Scelta civica sono papabili Stefania Giannini, Andrea Romano e Irene Tinagli.

Adesso Renzi si concentra sul giorno di consultazioni al Quirinale. Lui non ci sarà fisicamente perché in quello studio si parlerà solo di lui, ma i colloqui con il capo dello Stato sono frequentissimi. Napolitano ha fretta, ha fatto sapere che gli sarebbe piaciuto dare già lunedì sera un governo in carica al Paese. Per non avere contraccolpi sui mercati e per superare velocemente questa fase. E’ più probabile invece che l’incarico arriverà lunedì e che solo mercoledì Renzi possa tornare al Colle per giurare insieme con i suoi ministri. Al momento, i nodi da sciogliere sono troppi per immaginare uno sprint più veloce di questo. Con Alfano per esempio il sindaco non vuole affrontare solo l’argomento poltrone. C’è anche il punto fondamentale del carattere di un esecutivo che punta a essere di legislatura: l’Ncd continua a guardare a Berlusconi chiedendo di dare un profilo di servizio al nuovo governo. Renzi pretende un impegno "politico" della coalizione per reggere fino al 2018. Altrimenti c’è sempre la strada di una compagine scelta saltando le trattative politiche.

BARICCO
"Ho una vita che mi piace e non ho intenzione di cambiarla. Spero e credo che con Matteo troveremo il modo di lavorare insieme su un tema che sta a cuore a entrambi e che è un punto forte del suo programma:quello dell’educazione. Io ministro? No, sono assolutamente convinto di non avere il talento per fare questo". E’ la dichiarazione che, alla fine di una giornata di incontri e del faccia a faccia a Firenze con Matteo Renzi, Alessandro Baricco ha rilasciato.