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 2014  febbraio 14 Venerdì calendario

«PERCHÉ NON CI CAPITE» PARLANO LE DONNE A 5 STELLE


Per un fatto privato (trasloco) mi sono distratta un attimo e quando sono tornato al mondo ho visto: una deputata 5 stelle picchiata in Aula, la Presidente della Camera linciata nei commenti a un video postato da Beppe Grillo con l’insulso titolo «Cosa faresti in macchina con Boldrini?», l’interessata dava dei potenziali stupratori ai suoi troll mentre deputate del Pd brandivano una querela contro un grillino che le definiva dispensatrici di sesso orale (in cambio di poltrone). Ho spento la tv, c’erano davanti i miei bambini.
Perché succede questo nel Parlamento con più donne della Repubblica? In questo brodo misogino e maschilista come si sentono le attiviste della forza politica più giovane (37 anni in media) e femminile (38%)? Disagio? Rabbia? Imbarazzo? Che cosa rispondono a chi le accusa di non tutelare la loro dignità né quella delle altre, complici del sessismo e subordinate al Grande capo? E siccome mi interessa sempre sentire le altre, sono andata a chiederglielo.
A pranzo con Laura Castelli, 27 anni e due adoratissimi gatti, l’eletta in Piemonte, ambientalista e militante No Tav, unica donna M5S in Commissione bilancio («lavoro bene con Simonetta Rubinato del Pd») è indignata sì ma per la mancata solidarietà a Loredana Lupo (sul caso è aperta un’istruttoria della Camera): «Non sopporto chi si crede femminista perché ha scritto un libro sulle donne. Che vuol dire? Battiti per il reddito di cittadinanza e sì che fai qualcosa di concreto per le donne, per i giovani e per tutti. Oppure metti i padri in condizioni di stare a casa a occuparsi dei figli, non due giorni e cambi sul serio i rapporti tra i sessi. Sarà che sono stata tirata su da una nonna che comandava in casa e un nonno partigiano ma per me essere uguale a un uomo è ovvio». Conseguenza? «Non voglio alibi nella costruzione politica di questo Paese, sono qui perché mi impegno e studio». Impeto generazionale? No, scelta politica.
Tiziana Ciprini, 38 anni. Commissione Lavoro e Comitato pari Opportunità della Camera, («una della prim’ora dentro i 5 stelle», prima votava centrosinistra e Italia dei Valori) è convinta: «Siamo la prova che quando i cittadini sono liberi di scegliere scelgono anche le donne». Ne deduco che dentro il Movimento 5 stelle non avvertite discriminazione misoginia o sessismo? La risposta delle due e delle altre intervistate è unica e senza esitazioni: no.

Gli insulti su Facebook
E allora gli insulti sessisti, le parole misogine, i commenti violenti e aggressivi, davvero niente importa? Emma Pavanelli, 40 anni, 3 figli, co-blogger di naturalmentefelice.com, del Meet Up di Perugia constata che il «confronto si è imbarbarito parecchio», si definisce «femminista e pienamente rappresentata da un movimento che abitua gli italiani a vedere le donne in prima linea nella politica» e chiosa: «Negli ultimi vent’anni siamo stati bombardati da immagini di donne nude, mute e disponibili, ci sono giovani che sono cresciuti in questa cultura. Non serve per giustificare ma è una chiave di lettura del clima generale». Alessandra Pucci, 45 anni, attivista di Roma, «con le stelline nel cuore» è arrabbiatissima invece e ha appena messo on line la petizione #cambialavoce5stelle per le dimissioni di Claudio Messora («un tweet imbarazzante») e Rocco Casalino (l’altra portavoce): «Gente che scredita il nostro onesto Movimento». Ciprini considera il «video ironico ma il titolo un’istigazione all’insulto libero, di notte poi quando nessuno vigilava, insomma una frittata» ma è convinta che «sia stato postato da un ragazzo dello staff, non da Grillo. In ogni caso, dice, «serve più attenzione. Dobbiamo evolverci e assimilare che non siamo più solo il popolo della Rete, ma anche quello approdato nelle Istituzioni».
Angelica Trenta, 30 anni, docente precaria, candidata 5 stelle a sindaca di Terni, tra le fondatrici di Libere-Tutte, collettivo femministe sommosse (Perugia) nota: «Ho letto insulti verso le donne che commentano sulla pagina Facebook del Pd ma sarei poco saggia e priva di onestà intellettuale se li considerassi specchio di una mentalità propria di quel partito. La volgarità e la mancanza di misura non hanno una casa politica». Emanuela Corda, sarda, classe 74, commissione Difesa considera «i commenti deprecabili figli della libertà che offre rete, nel bene e nel male. E non li subisce solo la Presidente Boldrini ma chiunque sia sovraesposto sui media, ci siamo passati un po’ tutti purtroppo».
L’hate speech è una modalità diffusa al di là delle bandiere politiche? O Grillo va considerato responsabile della sua espansione? «No davvero» dice Elisabetta Gualmini, docente di Scienze Politiche a Bologna e curatrice con Paolo Corbetta de Il partito di Grillo (il Mulino): «La rete dà agli utenti una percezione di totale libertà e mancanza di controllo. Qualsiasi valutazione o proposizione gettata nel web si tira dietro il peggio (più raramente il meglio) dell’umano pensiero! Grillo usa il linguaggio della battaglia e della guerra, volutamente greve ma questo fa parte dell’identità e dello storytelling del movimento. Lui continua a farlo ma di recente i parlamentari sono stati invitati ad abbassare i toni e a rispettare le regole dentro al parlamento». Un giudice ci salverà? Non è accaduto. Dopo lo scontro fisico con la deputata Lupo la solidarietà del Pd è andata al questore Dambruoso. E a fine seduta, l’alterco politico è stata chiuso con la battutaccia di Massimo Felice De Rosa subito denunciato da un gruppo di deputate capitante da Alessandra Moretti. L’indomani, il giovanotto si è scusato e ha rinunciato all’immunità parlamentare. Non ditemi che è stato bello.
L’aspirante sindaca Trenta: «No, mi cadono le braccia quando certe intemperanze riempiono le pagine e poi silenzio sul condono di 98 milioni sulle slot machine». L’attivista Pucci: «Preferisco i confronti sui contenuti e noi ne abbiamo moltissimi». La deputata Ciprini attenua: «Reazione infelice alle molteplici frustrazioni che viviamo qui dentro».
Bavagli a 5 stelle
La senatrice Barbara Lezzi, 41 anni, leccese, vicepresidente della commissione Bilancio («prima esperienza politica, votavo Sel») taglia corto «inopportuno e maleducato» ma sulla denuncia delle piddine la pensa così: «Reazione da scuola materna, un utile giro intorno al nulla per creare vittimismo intorno a sé ed inevitabile visibilità. È svilente sentir parlare di offese alle donne da chi ha approvato in fretta e furia un decreto contro il femminicidio, senza ascoltare le parti interessate, con dentro norme di ogni tipo e in più l’irrevocabilità della querela da parte delle donne, mettendo a rischio l’emersione della violenza». Dunque sminuire? Lasciar passare? Per me no. Chiedo consulto alla filosofa Valeria Ottonelli, autrice tra l’altro di La Libertà delle donne. Contro il femminismo moralista (lI Melangolo): «Quel termine lì non si usa, è uno stereotipo che ti vuole zittire, ovvio. Innesca e autorizza odio. Proprio no, rispondo, la smetti e vai tu al posto tuo. Però non ti proclami offesa perché è uno spostamento dal piano politico a quello morale, più facile da gestire, neutralizza il conflitto, e semplifica, basta essere bravi ragazzi per stare dalla parte giusta. Invece oggi sono in gioco politiche complicatissime ed è una forma di slealtà spostare il luogo del confronto». Perché, finora non lo abbiamo scritto, tutto questo triste e involuto scenario è stato il contorno alle votazioni su Decreto Imu-Bankitalia, Svuota Carceri, Legge elettorale, ma è poi diventato il piatto principale con cui hanno banchettato i media.
Una sovrapposizione tra questione sessista e importanti provvedimenti politici che non giova alla serietà che si deve all’uno e all’altro tema. Dice Federica Daga, Commissione ambiente, in prima linea nella lotta per l’acqua pubblica (sta dentro il Destinazione Italia): cittadini stanchi e disamorati di una classe politica non si lasciano più ingannare.
E iniziano a chiedersi perché i ragazzi del M5S occupano i banchi del governo o agitano un bavaglio e se i media ufficiali non danno risposte le cercano in Rete. Allora il castello di carta creato ad arte crolla». E sotto le macerie non si sta granché bene, neanche quando sono di carta.