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 2014  febbraio 14 Venerdì calendario

«LA FIORENTINA VUOLE LA TRIPLETTA»


Un bell’uomo di ventinove anni, con un sorriso limpido, una professione gratificante, una fatica compensata da soldi e gloria, una bellissima futura moglie.
Chi non dovrebbe desiderare di essere lei, Alessandro Matri?
«Chiunque. Soffro anche io, ho sofferto a Milano, non c’è un solo lato positivo nel mio breve ritorno in rossonero. Ci tenevo più del dovuto e facevo una gran fatica. Quando vuoi e non riesci resti male, io mi sono forse abbattuto troppo. Si erano create strane circostanze, facevo le mie analisi interne prendendomi tutta la responsabilità, ero come entrato in un tunnel».
Per caso la sua cura è stato un suo ex collega, Vincenzo Montella?
«Montella da ex attaccante spiega schemi e movimenti, soprattutto mi ha dato la cosa di cui avevo più bisogno in quel momento, la tranquillità: ho risentito fiducia, ho iniziato con due gol. Così è stato subito più facile star meglio. Mi sono inserito benissimo, Aquilani e Lupatelli sono stati fondamentali per me, come gli altri compagni, lo stesso Andrea Della Valle è una persona molto alla mano. Non ho la presunzione di dire: “Non avrò mai bisogno di uno psicologo”. Solo per ora non mi è servito».
A serenità ritrovata, con alle spalle una notte di festa, le previsione sul futuro volgeranno all’ottimismo. Possibile una Fiorentina al top in Italia e in Europa?
«Il gruppo c’è, tenteremo il nostro “triplete”. La finale di Coppa Italia è lì, e ce ne occuperemo tra due mesi. Manca l’ultimo scalino ma è già un orgoglio. Intanto correremo per il terzo posto, traguardo che passa anche dalla partita di domani sera con l’Inter: non c’entra il fatto che sia un ex Milan o un ex Juve, è una partita di cartello punto e basta. L’importante, come ho capito, è non andare fuori giri. Il gol mi manca, c’è voglia, ma è diverso rispetto a prima. A Milano soffrivo, ora sento partecipazione. E la vittoria dell’Europa League poi completerebbe il sogno».
Nelle sue analisi interne ha mai tracciato un bilancio complessivo della sua carriera?
«Tra i grandi ho iniziato qui vicino, a Prato. Lì non pensavo sarei arrivato a vincere due scudetti e due Supercoppe italiane con la Juventus. O di farmi rimpiangere da Conte, credo il suo sfogo quando me ne sono andato sia stato reale e non costruito. Ho fatto dei sacrifici, se così si possono definire, e il lavoro ha pagato. Mi dico: hai quello che meriti, e io spero di meritare altro ancora. Per il posto ho sempre sgomitato con una concorrenza importante, ho capito che non si deve mai dire “vado lì perché gioco”. In testa mi dico anche che non tutto ti è dovuto. Altrimenti non avrei scelto Firenze, dove c’era già Mario Gomez, con il quale comunque posso far coppia. L’ho scelta per il fascino della sfida, l’ho scelta perché mi ha conquistato il direttore Pradè. Anche lì c’entra la testa: ha usato la giusta confidenza, è uno di sangue. Mi hanno spinto anche Vieri, Brocchi, Toni, Pazzini e Montolivo. E prima di ogni scelta c’è sempre il summit a casa Matri, poi decido io».
Ora si metta lei dall’altra parte e giudichi i tratti di Conte, visto che l’ha citato, e Montella.
«Caratterialmente sono diversissimi, Conte è sempre agitato, quasi aggressivo. Montella invece è assolutamente calmo, pacato. Le idee di gioco sono davvero molto simili. Hanno quasi gli stessi sviluppi».
Proseguiamo l’indagine interiore: lei e le donne, lei e Federica Nargi.
«Siamo due persone normali, io difficilmente vado sopra le righe. Ricco, povero, bello, brutto, l’importante è stare bene con se stessi. Io gioco a calcio e sono felice, mio fratello lavora in banca ed è felice lo stesso. Essere spesso considerati come coppia, Matri e la Nargi, non mi dà alcun fastidio. Federica è la mia donna da cinque anni e lo sarà ancora, è quella giusta per me. Abbiamo un progetto di vita insieme, che prima o poi comprenderà matrimonio e famiglia, ora siamo giovani. Ovvio che mi piaccia esteticamente, ma mi sono innamorato della sua semplicità, del suo approccio al mio mondo e alla mia famiglia, della sua non invadenza. Arriva da Roma e si diverte coi miei amici a Graffignana, duemilacinquecento anime. Poi facciamo anche bei viaggi, in posti non scontati, ok a parte Formentera: abbiamo visto L’Avana, la vera Cuba. E poi la Guadalupa. Battute ironiche dei fiorentini su Fede? Ancora no, è un buon segnale... Ora sta recitando con Gabriele Cirilli al Brancaccio di Roma e sono andato a vederla, domani sera sarà invece la sua prima al Franchi».
Nelle domande a se stesso, si chiede anche dove sarà tra vent’anni. O più semplicemente in quale squadra giocherà l’anno prossimo?
«Si ma non so darmi risposta. Per ora non mi vedo né allenatore né dirigente. Né, una volta smesso con il calcio, mi vedo triste o insoddisfatto. So di avere dei riferimenti stabili. Dai sei mesi al Milan ho poi imparato a costruirmi e mantenere un equilibrio, appoggiandomi ma senza comunque condizionare chi mi sta accanto. Più semplicemente, sono qui in prestito: a quello che succederà in estate si dedicheranno le società, io penserò solo al campo».