Dario Del Porto, il Venerdì 14/2/2014, 14 febbraio 2014
INCIDENTI MAI CAPITATI E AMICI RITROVATI? IL «PACCO» È IN AGGUATO
Napoli. Nella città delle truffe, il pacco è sempre in agguato. Molti ci cascano, pochi denunciano. La cicca, lo specchietto, il vecchio amico e l’avvocato: più tempo impiegate a capire il trucco, più fate il gioco del truffatore, abile a sfruttare le vostre paure, la vostra distrazione, l’ingenuità degli anziani. Se siete in auto, per esempio, e sentite un tonfo all’altezza dello specchietto laterale, state molto attenti. Probabilmente, l’uomo che sta venendo verso di voi, la mano insanguinata e un orologio in frantumi al polso, non è stato neppure sfiorato dalla vostra macchina. Non ha bisogno di cure, né vuole andare in ospedale. Sta solo cercando di fregarvi. Ha colpito lo specchietto con un sasso oppure con un bastone, si è procurato le ferite da solo. Eppure vi dirà che gli avete fatto male e dovete risarcirlo. Quindi ammiccherà: «Dammi cento euro e la facciamo finita». Voi accetterete. Forse tirando un po’ sul prezzo, ma finirete per pagare.
Questo tranello rappresenta un’emanazione della «madre di tutte le truffe», la gigantesca industria dei falsi incidenti stradali. Una ragnatela di malaffare che coinvolge periti, avvocati, medici e testimoni prezzolati e ha determinato l’impennata dei premi assicurativi per tutti i residenti in Campania. Molti automobilisti cascano nella truffa dello specchietto proprio per il timore di subire l’aumento della polizza e vanno via quasi sollevati, dopo aver messo le banconote nelle mani del «ferito». Fino a qualche mese fa questo schema è andato fortissimo nella zona collinare di Napoli. Ora sta invece prendendo piede «la cicca». Se fumate in auto e avete la (cattiva) abitudine di gettare il mozzicone fuori dal finestrino, state in guardia quando la vettura sarà affiancata da un motorino. Il giovane ostenterà un giubbotto bucato e griderà, alterato: «Ma vuoi stare più attento con quella sigaretta?». Poi vi chiederà cinquanta, forse cento euro, per «togliere tutto da mezzo».
Le vittime più esposte sono gli anziani. Se avete fra 65 e 90 anni, occhio al telefono di casa. Qualora dovesse chiamarvi un avvocato per dirvi che un vostro parente ha avuto un incidente stradale, ha ferito una donna incinta e rischia la galera, non gli prestate ascolto: è un imbroglio. Vogliono spillarvi quattrini facendosi passare per legali pronti a tirare fuori dai guai il ragazzo. Se gli date appuntamento a casa, intascheranno i tremila euro di «parcella», poi proveranno a rubare gioielli e oggetti di valore. Nella zona di Napoli agiscono diverse bande. Il pool coordinato dal procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli ha di recente chiesto il processo per quattro imputati. Due procuravano le schede telefoniche intestate a ignari prestanome, un altro telefonava alle vittime, un complice si presentava a casa dell’anziano e prendeva i soldi. I carabinieri guidati dal colonnello Marco Minicucci hanno «schedato» 53 episodi. Ma tanti non denunciano. E restano ancora da scoprire i «basisti» che indicavano i bersagli ai malviventi.
Un altro asset della truffa è il «vecchio amico». Può capitare di essere fermati da un giovane che parla, sorride e vi abbraccia come se vi conoscesse da sempre. Vi chiederà come stanno i vostri genitori, vi racconterà di essere andato via da Napoli e di aver fatto fortuna al Nord. Forse vi inviterà il giorno successivo a prendere un caffè sul lungomale re, nel frattempo però che disdetta ha noleggiato una macchina e non gli accettano la carta di credito aziendale. Così vi chiederà un aiuto. «Cento euro, dài. Domani te li restituisco». Molti abboccano; qualcuno, più sfortunato, si vede strappare di mano il portafogli. Una variante vede il «vecchio amico » rifilare alla vittima un capo d’abbigliamento di pessima qualità in cambio di un centinaio di euro: «È un pezzo della collezione esclusiva che presento domani. Prendilo, è un affare». In realtà, è un bidone.
E poi ci sono i «pacchisti», i pionieri della truffa. Se state visitando il centro di Napoli, diffidate di chi tenta di vendervi uno smartphone oppure un iPad a non più di 80 euro. Vi sembrerà perfetto, e lo è. Ma, dopo aver preso il danaro, il venditore inserirà nella confezione una tavoletta di ferro. I poliziotti dell’ufficio prevenzione generale della Questura diretto da Michele Spina hanno filmato tutta una scena. Dopo lo scambio, il «pacchista» non scappa: cammina. L’acquirente intanto prova ad aprire l’astuccio dello smartphone, ma invano: il truffatore ha chiuso la cerniera con la colla.
L’altro evergreen è «il gioco delle tre campanelle ». Resiste ancora, nei vicoli a ridosso della Stazione Centrale di Napoli. Bastano cinque-sei persone intorno a un tavolino e un pollo che si avvicini incuriosito. Il gruppo finge di divertirsi, alternando giocate fortunate ad altre meno positive. Poi qualcuno chiede alla vittima la cortesia di reggergli il denaro e, poco dopo, il banco lo invita a ritirare la vincita. Quando il malcapitato spiega di non aver ancora giocato, lo spingono a puntare. E, una giocata dopo l’altra, lo spennano.
Poi ci sono i «professionisti» della metropolitana. Guardatevi dal giovanotto che si offre di aiutarvi a far funzionare la macchina per l’acquisto dei biglietti. Potrebbe non essere un cittadino modello, ma un ladro. E la signora che lo aspetta con una carrozzina forse non è la fidanzata, ma una complice. Mentre vi «assiste», il giovanotto vi ha sfilato il cellulare o il portafogli (a volte tutti e due) passandoli alla donnao. Con il biglietto finalmente fra le mani, salirete sul treno. E quando vi accorgerete di non avere più soldi né telefonino, sarà già troppo tardi.