Marco Cicala, il Venerdì 14/2/2014, 14 febbraio 2014
SE L’ANIMA È L’ANIMA DEL COMMERCIO
Medjugorje. Non ho fortuna: in cielo non avvisto scie luminose che si intersecano a croce, soli rotanti o cirri a forma di Madonna. Insomma, nessuno di quei segni catturati coi videofonini e scaraventati su YouTube a decine – cliccare per credere. D’altronde il cielo è da giorni un grugno livido e compatto che ogni tanto sgrulla giù pioggia. Poco male. Quanto accade a terra è infinitamente più interessante.
Dicono che, fino a marzo, a Medjugorje sia stagione bassa, spopolata, mortaccina. Eppure la messa della domenica sera è sold out. Tutto esaurito. In chiesa non riesci a entrare. Non resta che seguire la funzione sui maxischermi piazzati all’esterno. Tra sfilze di confessionali multilingue. Mai vista tanta gente in fila per quello che sarebbe ormai il meno frequentato tra i sacramenti. «Bazzecole rispetto a quanto troverebbe qui d’estate: in un giorno posso farmi 150-200 confessioni » sorride Padre Maximilian, altoatesino, sacerdote passionista. Gli chiedo come viva Medjugorje l’attesa del responso con cui la Commissione vaticana d’inchiesta, voluta da papa Ratzinger, si pronuncerà su 33 anni di discusse apparizioni mariane non stop. La risposta è identica a quella che mi daranno tutti gli altri, religiosi come pellegrini di lungo corso. Trepidazione zero: solo «estrema serenità», «grande abbandono alla volontà del Signore». Del resto, «se l’albero si giudica, evangelicamente, dai suoi frutti, qui sono buoni: conversioni, guarigioni, tanta preghiera » ricorda suor Teresa Benedetta, siciliana. Appartiene alla Comunità delle Beatitudini. Già, ma nel tempo l’albero Medjugorje ha dato pure frutti imbarazzanti.
A governare occhiutamente il santuario sono i francescani (che in queste zone bellicose hanno benedetto a più riprese l’ultranazionalismo guerriero). Alla morte del maresciallo Tito, maggio 1980, il Vaticano preme affinché i frati lascino al clero secolare le parrocchie che controllano nell’Erzegovina a maggioranza catto-croata. Obiettivo: rifonderle nelle neo-diocesi che Roma intende riorganizzare sul territorio. Però i francescani puntano i piedi. Non mollano. Poi, tempo un anno, prodigio. Giugno 1981: sei ragazzini che s’erano allontanati dal villaggio – pare per fumarsi una sigaretta lontano dai genitori – tornano indietro scossi. Su una collina dicono di aver visto una figura bianca con bambino in braccio. Li invitava ad avvicinarsi. Ma ha prevalso la fifa. I sei se la son data a gambe. Inutile abbattersi: quella donna tornerà a manifestarsi. E con inedita prodigalità. Migliaia di volte. È scoppiato il caso della Gospa, la Madonna a Medjugorje. Gli ammutinati francescani se ne faranno scudo. Uno scudo che ancora regge. Benché butterato da incresciosi infortuni. Frati cacciati dall’Ordine, sospesi a divinis causa disobbedienza, ma che hanno continuato a operare in parrocchia come se niente fosse. E poi la vicenda di fra Tomislav Vlasic, figura carismatica del fortilizio medjugoriano, che venne espulso con accuse di eresia, manipolazione delle coscienze, nonché addebiti contra sextum, traduci: scappatelle sessuali. Roba così.
Sarà per via delle pregresse turbolenze, sarà perché Medjugorje è da tempo sorvegliata speciale o perché il fervore popolare ci mette poco a tracimare e a sfuggirti di mano, sta di fatto che nella chiesa di San Giacomo respiri un clima di vigilanza felpata ma stretta. Nel centro informazioni accanto alla parrocchia ti forniscono un opuscolo che, tra le notizie storiche e religiose, suona come co- dice di condotta. È possibile accendere candele soltanto nell’apposito spazio ad ovest della Chiesa, vicino alla croce di legno; Non è consentito fumare in Chiesa né nello spazio di preghiera circostante; Non è consentito scattare foto durante le Sante Messe e le Adorazioni; Vietato chiedere l’elemosina se non durante la Santa Messa. Qualora notiate qualcuno che lo faccia in momenti diversi vi preghiamo di informarne l’Ufficio... Quanto ai preti: Per partecipare alla vita liturgica della parrocchia occorre avere la lettera di raccomandazione (celebret) da parte del vostro Ordinariato o Superiore; Portate con voi l’abito liturgico (Alba e Stola); Proibito celebrare la Santa Messa presso le pensioni e le case privare in cui si soggiorna; Possibilmente non confessate fuori dai confessionali...
Non assisto a trance collettive né ad escandescenze devozionali. Salvo forse quella ragazza in preghiera che a un certo punto frana sul pavimento come fulminata. Resta immobile. In chiesa c’è gente, ma nessuno la soccorre. Più tardi, con tutta calma, si alza un giovanotto che ha l’aria di essere il suo compagno. Le solleva la testa adagiandosela sulle gionocchia. Davanti alla statua della Vergine, i due rimangono così. Fermi. Veneranti. Per terra. Qualcuno mi spiegherà che quei deliqui hanno un nome preciso: Riposo dello spirito. Nell’intensità della preghiera può succedere che si squarci in te un tale senso di abbandono da farti crollare giù a peso morto. Sui pellegrinaggi a Medjugorje non esistono numeri ufficiali. C’è chi azzarda la cifra di 40 milioni di visite in oltre trent’anni. Di che scalzare Lourdes in vetta al podio mariano. Nell’ultima decade, il primato delle presenze è stato di gran lunga quello degli italiani. Seppur con qualche flessione indotta dalla crisi, sembra ancora saldo. Lo capisci subito. Perché a Medjugorje – 4 mila abitanti – tutto parla italiano: dai tassisti ai menù dei ristoranti (irti di Gnochi o Panacota) alle insegne dei nego- zi: Qua se parla veneto e italiano. Là Si vende vino e grappa. E magari il distillato te lo offrono in un unico bouquet assieme a rosari, Madonne e stecche di Marlboro. Ma a cosa si deve lo speciale appeal che Medjugorje esercita sui pellegrini italiani? Sarebbero 600 mila l’anno. Chiedendo in giro, raccogli le seguenti spiegazioni: 1) Il santuario bosniaco attrae più di altri perché qui le apparizioni sono ancora in corso e non sigillate in un numinoso passato; 2) In Italia il culto è stato aiutato da un battage mediatico senza confronti altrove (trasmissioni tv, libri, radio religiose, testimonial di grido); 3) Il viaggio è comodo (Mistral Air effettua voli diretti sulla vicina Mostar da Napoli e Bari) e, volendo, low cost: «Andata e ritorno in pullman dalla Lombardia e sei giorni a pensione completa: 300 euro» mi dice una guida.
Era una frazioncina sbriciolata fra desolate pietraie (Medjugorje significa Tra due montagne) che viveva di pastorizia, piantagioni di tabacco, qualche vigneto: adesso è il secondo Pil della Bosnia dopo la capitale Sarajevo. Il suolo edificabile si è apprezzato fino a due, trecento euro al metro quadrato. Vedi ovunque palazzine in costruzione. Ospiteranno altri alberghi, altre pizzerie, altri bazar del souvenir. Nelle vetrine dominano i ritratti di Wojtyla. Anche se non ci mise mai piede, fu lui il grande sponsor di Medjugorje. Per profonda devozione mariana. E perché gli garbava assai l’idea che un nuovo, pulsante santuario cattolico aprisse una breccia nel macigno comunista. In cartolina, noto anche qualche foto di Bergoglio. Ratzinger, non pervenuto. Ma chi punta sulla ruota di Medjugorje, chi investe? Il capitale è soprattutto autoctono. «Di grandi operatori internazionali qui non ne trovi. Perché non c’è niente di sicuro. Tutto è opaco. Fiscalmente, profondo nero. L’ultimo piano regolatore risalirà ai tempi di Tito» racconta Luca Cobre, trevigiano, 45 anni. Molti dei quali trascorsi facendo affari nei Balcani. Dirige il nuovissimo Hotel & Spa Medjugorje, quattro stelle, 220 posti letto, con salon de coiffure e ristorantone: Ai Dogi. Anche i negozi di souvenir recano nomi italiani (Desiderio o Da Primo) ma sarebbero tutti in mano a poche famiglie locali. Di quelle a robusta struttura clanica. «Le statue della Vergine sono fabbricate a Mostar. Il resto viene dalla Cina» dice Lara, commessa.