Roberto Da Rin, Il Sole 24 Ore 14/2/2014, 14 febbraio 2014
IPERINFLAZIONE E SCONTRI DI PIAZZA IL VENEZUELA RISCHIA IL COLLASSO
In caduta libera. Il Venezuela di Nicolas Maduro vive giornate di passione: tre morti negli scontri di piazza, proteste, decine di ferite nelle manifestazioni oceaniche. Quella attuale è una crisi politica inasprita da un collasso dell’economia. Iperinflazione, scarsità di beni di consumo, svalutazione senza fine. Un militante filogovernativo e uno studente sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco a margine della grande manifestazione di Caracas. Il presidente Maduro ha dato l’ordine di rafforzare la sicurezza nelle principali città del paese per «evitare tentativi di colpi di stato».
A Caracas si sta consumando un braccio di ferro senza precedenti tra governo e opposizione. Alle critiche sulla malagestione di una crisi economica sempre più acuta, la giustizia venezuelana ha risposto con un mandato di cattura contro Leopoldo Lopez, esponente di spicco dell’opposizione al potere chavista. Lopez è stato accusato di istigazione a delinquere per il suo presunto ruolo negli scontri scoppiati durante le proteste. Un palleggio di responsabilità, dopo che Lopez aveva imputato al governo di Maduro, delfino e successore del defunto Hugo Chavez, di aver orchestrato la violenza di piazza.
In primis la debolezza economica, poi l’emergenza valutaria sono le mine sequenziali che hanno acuito l’insofferenza della popolazione e spaccato il partito di governo, fondato da Hugo Chavez. Il cui erede Nicolas Maduro, privo del carisma dell’ex presidente e senza il suo appoggio internazionale, si è mostrato in palese difficoltà.
L’inflazione, la più iniqua delle tasse, è superiore al 50% annuo, tra le più alte del mondo. Più del 25% degli alimenti presenti nel "paniere venezuelano" non sono reperibili nei negozi del Paese. Anche qui governo e opposizione si rimpallano responsabilità: l’Esecutivo accusa di «lucro» e «parassitismo» le grandi imprese produttrici di beni di consumo. Mentre gli oppositori denunciano l’incapacità governativa di fronteggiare un’emergenza conclamata. In particolare le scelte di politica valutaria sono state aspramente contestate: la caduta del bolivar, la moneta venezualana, è ormai senza paracadute. Il cambio ufficiale tra bolivar e dollaro è di 6,3 ma al cambio nero supera quota 84.
Gli effetti dell’incertezza valutaria sono gravi. L’esempio più eclatante proviene da Toyota, primo produttore automobilistico del mondo. La filiale venezuelana della casa giapponese, che assembla nel Paese sudamericano, ha annunciato la sospensione delle attività. La forbice tra cambio ufficiale e cambio nero, oltre alla difficoltà di reperire dollari, rende sempre più problematica l’importazione di pezzi di ricambio.
Le importazioni sono un nodo per il Paese. Il Venezuela importa infatti la maggior parte dei prodotti di cui necessita, finanziati con la produzione di petrolio, che però è calata molto: non supera i 2,5 milioni di barili al giorno. La ragione è semplice: le compagnie internazionali, ostacolate da modalità contrattuali spesso troppo dirigiste e vincolanti, non hanno investito nel Paese e Pdvsa, la società energetica nazionale, si ritrova penalizzata dalla mancanza di tecnici specializzati.