Patrizia Simonetti, Il Fatto Quotidiano 14/2/2014, 14 febbraio 2014
SEI STELLE: I RAGAZZI DOWN SI METTONO ALLA PROVA TV
Nicolas sta alla reception, va a cavallo e suona la chitarra. Benedetta vorrebbe aprire un asilo, studia danza moderna e serve ai tavoli come Livia, che è quasi una campionessa di nuoto sincronizzato e sogna un uomo come Pierce Brosnan. Emanuele gioca a basket e a calcetto, è diplomato aiuto cuoco e per questo sta in cucina. Edoardo sa di essere bello e se la tira un po’, gioca a ping pong e alla play station e si occupa di manutenzione. A Martina piacciono le pulizie e quindi rifà le camere, ma non chiedetele di stirare. Hanno tra i 19 e i 31 anni e sono in pieno stage all’Hotel Melià di Roma.
RAGAZZI COME tanti che cercano di imparare un mestiere, ma faticano un po’ di più per colpa di un cromosoma di troppo, il numero 21. Li vedremo all’opera in Hotel 6 Stelle da lunedì alle 23.10 su Rai3 che per la prima volta porta in TV l’esperienza formativa di giovani con la sindrome di Down per dimostrare che un’integrazione lavorativa è possibile. Non un talent né un reality, ma una “docu-experience”, secondo il termine coniato all’impronta dal direttore Vianello, prodotta con Magnolia, in collaborazione con l’Associazione Italiana Persone Down e ispirata al format svedese Service with a smile, adattamento italiano di Claudio Canepari. Nulla di patetico, neanche quando Debora, tutor di Martina, si commuove raccontando quanto sia lei ad imparare dalla sua stagista, persino a migliorare il rapporto con i figli. Invece divertono le auto celebrazioni allo specchio di Edoardo, fa ridere Nicolas alla ricerca del capello perduto durante il controllo camere e pure quel “daje!” con cui Benedetta risponde al tutor Paolo che la chiama “signora lumaca”. E non manca il gossip, protagonisti Edoardo e Livia. È un piacere anche il fervore di Martina che non si sente “una down, ma una donna” e vuole “organizzare un corteo perché noi – dice – vogliamo un lavoro”. In Italia sono 38mila le persone Down e più del 60% ha superato i 18 anni. “Non si tratta di ‘eterni bambini’ – dice Anna Contardi dell’AIPD – ma di ‘adulti semplici’ con i problemi della loro età e quindi del lavoro”. Progetti? “Ci vuole una rivoluzione culturale – risponde il ministro del Lavoro Maria Cecilia Guerra – e rimettere mano alla legge 68”. Sì, ma finito il tirocinio, tutti a casa? “Il sogno è di assumerne almeno uno – assicura il direttore dell’Hotel, Palmiro Noschese – ma anche se li prendessimo tutti, non risolveremmo il problema degli altri 38mila”. Eppure a volte una goccia nel mare...