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 2014  febbraio 14 Venerdì calendario

SUPER BUROCRATI


L’unica certezza è che sono una vera armata, che avanza nella nebbia sopravvivendo a qualunque istanza di riforma o modernizzazione. I ranghi dei dirigenti della pubblica amministrazione italiana sono colossali. Sfuggono ai censimenti: le ultime stime mostrano una vera moltitudine, con poco meno di 200 mila tra superburocrati e quadri di seconda fila mantenuti dai contribuenti. Una coda sterminata di poltrone e talvolta poltronissime, che si stende lungo l’intera penisola. Impossibile capire quanto guadagnino, perché resistono anche alle richieste ufficiali. Di sicuro, le figure al vertice hanno paghe di gran lunga superiori ai loro parigrado europei. Uno studio internazionale li ha indicati come i meglio retribuiti al mondo, spiazzando la competizione dei colleghi di qualunque nazione. Il costo totale è stratosferico: va da un minimo di 15 miliardi di euro l’anno fino a una stima di ben venti. E inutile cercare parametri di merito e di produttività: ogni anno dichiarano di avere raggiunto gli obiettivi, anche se la percezione della loro efficienza è decisamente bassa. Sì, l’Italia è piena di dirigenti, uno status che quasi sempre dura tutta la vita, mentre l’efficienza dell’amministrazione di Stato, Regioni, Province e Comuni resta sotto gli occhi di tutti e ci allontana sempre più dall’Europa.
Un’elaborazione della Cisl-Fp, basata sul dossier della Corte dei Conti del 2013 sul costo del lavoro pubblico, arriva a contare 168 mila dirigenti e una spesa lorda per le loro retribuzioni di quasi 15 miliardi l’anno. Ma il confronto con un altro rapporto – realizzato dal professore Roberto Perotti per Lavoce.info (vedi box) – evidenzia una serie di lacune: dai 16 mila ufficiali delle forze armate ai 3987 dirigenti dei corpi di polizia, fino ai 9754 magistrati. Figure che, per ruolo e reddito, sicuramente vanno considerate nel novero della dirigenza. Integrando i rilevamenti, si arriva a quasi 200 mila. La spending review finora li ha solo sfiorati, incidendo più sui benefit dalle auto blu alle missioni senza controllo che sulla busta paga. Mentre la crisi falcia i compensi e spesso il posto di lavoro dei manager privati, loro non corrono rischi. La tutela della poltrona è totale: se anche le province venissero finalmente abolite, i 1406 burocrati di livello sarebbero subito riciclati. Quelli al vertice, ben 131, potranno ancora contare su 145 mila euro; gli altri ne riceveranno sempre 100 mila.
CENSIMENTO L’ultimo tentativo di fare chiarezza su numeri e stipendi è stato lanciato dall’Anac, l’Autorità anti corruzione e per la trasparenza. Entro il 31 gennaio tutti i siti web della pubblica amministrazione avrebbero dovuto mettere in Rete nomi e retribuzioni dei loro dirigenti. “L’Espresso” presenta in esclusiva i risultati di questa operazione, che ha lasciato ampie zone di opacità, ma permette di stilare una classifica dei “Paperoni di Stato” con i redditi più alti (vedi grafico alle pagine precedenti). Abbiamo analizzato la trasparenza dei siti ministeriali, dove operano 3.168 dirigenti, per una spesa annuale di 325 milioni, secondo i dati 2013 della Corte dei conti. E poi quelli di due enti pubblici non economici, delle Authority e altre istituzioni. Il risultato non è incoraggiante. Molte amministrazioni non rispettano la legge, soprattutto per i vertici e gli organi di indirizzo politico, che dovrebbero rendere note non solo le retribuzioni, ma persino gli importi di missioni e viaggi.
CAMERA DEI PRIVILEGI A sorpresa la Camera dei deputati che come organo costituzionale era esentata da quest’obbligo ha fornito una tabella con i guadagni (imponibile fiscale più contributi) dei suoi funzionari. Il segretario generale Ugo Zampetti, ad esempio, ha un lordo complessivo di 478 mila 149 euro, ed è il secondo nella hit parade degli stipendiati pubblici. I suoi due vice sono Aurelio Speziale e Guido Letta, cugino di Enrico e nipote di Gianni: prendono 359 mila euro a testa. Ma ci sono altre otto retribuzioni da 300 mila euro in su. Quelle dei consiglieri parlamentari che sono a Montecitorio da più di trent’anni: sette di questi alti funzionari hanno un lordo di 375 mila euro e uno, che si sta avvicinando a 40 anni di servizio, è già a quota 402 mila. Se poi pensiamo che 82 consiglieri della Camera su 176, dunque quasi la metà, hanno un’anzianità compresa tra i 21 e i 30 anni (guadagnando per ora 269 mila euro), risulta chiaro che molti altri “trecentisti” crescono. Il Senato, invece, non ha pubblicato nessuna griglia: ma certo dà il suo pesante contributo a rinforzare il lotto dei super-ricchi.
CONSULTA D’ORO Un caso che fa discutere è quello della Corte Costituzionale. Lo sollevò “L’Espresso” già nel 2008, con un’inchiesta di Primo Di Nicola, lo ha ripreso di recente il professore Perotti, sottolineando come il presidente della Corte guadagni il triplo del suo corrispondente statunitense e il doppio del suo pari grado canadese. Il sito della Consulta non pubblica stipendi. Ma quelli dei giudici possono essere facilmente ricostruiti, perché definiti per legge. Anzitutto, la legge costituzionale numero 1 del 1953, che stabiliva “una retribuzione mensile che non può essere inferiore a quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria”. Prendendo la norma alla lettera, si passò con un’altra legge dello stesso anno dal “non può essere inferiore” alla precisa equiparazione economica con il Primo presidente della Cassazione, attribuendo però in più al vertice “un’indennità di rappresentanza pari ad un quinto della retribuzione”. Così hanno funzionato le cose, per cinquant’anni.
Se quelle norme fossero ancora in vigore, lo stipendio dei giudici costituzionali sarebbe di 303 mila e il loro presidente veleggerebbe sui 454 mila. Ma, evidentemente, non bastavano. E così ecco che il secondo governo Berlusconi infila nella legge finanziaria 2003 la norma scandalo: prevede infatti che, ferma restando la maggiorazione per il Presidente, l’importo della retribuzione vada “aumentato della metà” rispetto a quello del più alto magistrato ordinario. Il risultato? Gaetano Silvestri è oggi a 545 mila euro lordi e i suoi 14 colleghi a 454 mila, per i nove anni del mandato. L’età media dei giudici (76 anni e solo perché l’unica donna del gruppo, Marta Cartabia, con i suoi 51 anni la abbassa di un biennio) suggerirebbe un atto di saggezza e di coraggio: che siano loro a proporre un ritorno alle norme del primo Dopoguerra, che certo non li metterebbero sul lastrico. Sarebbe questo un bel segnale, per un Paese che vive un momento drammatico. E una concreta lezione di diritto.
POVERI POMPIERI Il ministero dell’Interno si è messo in regola con il censimento nel giorno della scadenza, il 31 gennaio. Ma è necessario uno slalom online: dal sito si arriva agli stipendi in quattro mosse. Prima un clic in home page su “trasparenza amministrativa”, poi su ”personale”, quindi “dirigenti” e infine “compensi”. Ma c’è una curiosa particolarità: vengono pubblicate le singole voci retributive (stipendio tabellare, retribuzione di posizione, di risultato ecc.), ma poi è l’utente che deve fare la somma per arrivare al totale lordo. Scopriamo così tra retribuzioni top e quelle dei dirigenti di prima fascia che la polizia vale quasi il doppio dei vigili del fuoco. Alessandro Pansa, capo del Dipartimento di pubblica sicurezza, prende infatti 301 mila 344 euro mentre Alberto Di Pace, al vertice dei pompieri, ne guadagna 174 mila.
ECONOMIA DI CONTI Lo stesso principio se vuoi sapere quanto guadagniamo, fatti da te le somme è adottato dal ministero dell’Economia, che pubblica nomi e voci stipendiali. Il Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, sfonda il tetto, con 303 mila e 300 euro. Fabrizio Barca è a 178 mila euro, centomila abbondanti in meno di Giuseppina Baffi, presidente della Consip, figlia dell’ex governatore della Banca d’Italia. Va bocciato il sito dell’Agenzia delle Entrate che non pubblica le tabelle nominative dei compensi, ma solo una schedina sommaria. Unica eccezione, il direttore Attilio Befera. Alla fine del suo curriculum vitae si chiarisce che guadagna quanto il primo presidente di Cassazione.
AGRICOLTURA AL NETTO Largamente incompleto il sito del ministero del Lavoro. Il clic sui nominativi della direzione generale Ammortizzatori sociali, ad esempio, ti rinvia a una pagina bianca. Al contrario, le Politiche agricole offrono un servizio chiavi in mano a chi lo consulta, perché calcolano addirittura il netto dei dirigenti. Lo stipendio più elevato, per la cronaca, è di Giuseppe Serino, 293 mila euro lordi, circa 150 mila netti: che sono 11 mila 500 euro per tredici mensilità.
NEL BUNKER DELLA DIFESA La palma del sito peggiore va al ministero della Difesa, seguito a ruota da quello degli Esteri. Nel primo se si va alla voce “incarichi amministrativi di vertice” si scopre che “la presente sezione è in corso di aggiornamento”, così come quella chiamata “accessibilità e dati aperti”. Si scrive poi che i curriculum sono aggiornati al 31 dicembre scorso, e invece alcuni risalgono al 2010. Non ci sono nomi e stipendi dei generali, ma una semplice schedina in cui si spiega che variano da 124 mila a 79 mila euro, ma poi si dice che andrebbero aggiunti straordinario e indennità accessorie, che però non è scritto a quanto ammontino. In definitiva vengono pubblicati solo gli stipendi dei dirigenti civili di seconda fascia. Solo i generali sono 445 e in più si contano 2300 colonnelli. Che godono di un privilegio in più: a 60 anni i graduati delle forze armate lasciano il servizio attivo ed entrano nell’ausiliaria, restando a disposizione delle pubbliche amministrazioni. Una voce che nel 2013 è costata 431 milioni di euro.
CARA DIPLOMAZIA La Farnesina se la cava con un anonimo schedone riassuntivo di funzioni, gradi e totale lordo. Come mai? «Non figurano i nomi dei singoli percettori a causa dell’alta mobilità tra Roma ed estero del personale del ministero degli Esteri», è la cortese risposta ufficiale che abbiamo ricevuto. Mobilità che però non impedisce a questi dirigenti di avere un Cud. Dalla griglia si capisce subito, tuttavia, che sono qui le posizioni più forti. Dietro al Segretario generale, fotografato a 301 mila 320 euro, ci sono posizioni da 273-263246 mila euro. Non sono pubblicati, in particolare, dati sugli ambasciatori, ma la fonte ci chiarisce quanto percepiscono quelli di rango (sono in 24, nel massimo grado della carriera): 5 mila euro netti circa di stipendio, più un’indennità di servizio all’estero che varia a seconda della sede (in base a costo della vita, fattori di rischio ecc.): a Budapest è di 12.175 euro netti al mese, a Parigi di 15.610, a Washington di 19.220, somme aumentate del 20 per cento per la moglie a carico e del 5 per cento per ogni figlio. Gli ambasciatori più importanti, con moglie e un figlio, possono dunque arrivare a 15 mila, 20 mila, persino 29 mila euro netti (attenzione: netti) al mese, e per le spese di rappresentanza sono coperti da un apposito assegno.
SUPERO I 200 Sfogliando le pagine dei vari siti pubblici, balza poi all’occhio che, senza arrivare agli incarichi apicali, svariate decine di dirigenti di prima fascia hanno una retribuzione superiore ai 200 mila euro lordi: più di venti soltanto alla Presidenza del Consiglio dove Franco Gabrielli, il capo della Protezione civile, arriva a sfiorare i 300 mila. Quanto alla seconda fascia, la media retributiva è attorno agli 85 mila euro, con alcune vigorose eccezioni. Come l’Agcom, l’Autorità di garanzia delle comunicazioni, dove nessuno dei ben 121 dirigenti ha un lordo inferiore ai 120 mila euro, comprensivi di compenso variabile. Marcello Cardani, presidente dell’Authority, si attesta sul tetto dei 302 mila euro.
COMPENSI ASSICURATI Ma anche all’Inail i dirigenti di seconda fascia stanno bene, perché sui 153 di cui il sito fornisce i dati, con chiarezza, soltanto due sono le retribuzioni sotto i 100 mila euro. Se è promosso il sito dell’Inail, è bocciato quello dell’Inps. Invece del tabellone con nominativi e compensi, presenta uno schema riassuntivo delle paghe dei 612 dirigenti e una torta multicolore che dà notizie sulla retribuzione di risultato. Dati fermi, per giunta, al 2011. Si arriva comunque allo stipendio del direttore generale, Mauro Nori: 302.937 euro l’anno, quasi 30 mila in più del direttore Inail, Giuseppe Lucibello.
CONTABILI EVASIVI La Corte dei conti non dice quanto guadagni il suo presidente, Raffaele Squitieri. Certo di più del presidente aggiunto, Giorgio Clemente, che ne percepisce 301 mila 320. La stragrande maggioranza dei consiglieri prende oltre i 240 mila euro. Un sito totalmente opaco è quello dell’Avvocatura dello Stato: se si clicca su “dirigenti” ci si trova davanti a una pagina bianca. Ma tutte le amministrazioni, nessuna esclusa, sono trasparenti al massimo quando si tratta di indicare nomi ed emolumenti dei collaboratori esterni. Eppure sarebbe facile avere tutte le retribuzioni dei dirigenti in Rete e senza ritardi. «Basterebbe che le cifre fossero fornite dalle direzioni del personale che predispongono i Cud», spiega Costanza Pera, direttore generale delle Politiche abitative al ministero delle Infrastrutture: «I dirigenti dovrebbero solo dichiarare nella stessa pagina gli eventuali proventi degli incarichi aggiuntivi ». Ci vorrebbe l’obbligo di aggiornamento alla data della denuncia dei redditi, e tutto diventerebbe miracolosamente trasparente. Quel mare di regole, invece, sembra favorire l’opacità. Che confonde persino gli analisti economici internazionali.
CAPUT MUNDI Nello scorso novembre un dossier dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, ha presentato una tabella sconvolgente. I nostri superburocrati sono di gran lunga i meglio pagati del pianeta: svettano clamorosamente in tutte le comparazioni. Considerando contributi e straordinari, si superano i 600 mila dollari l’anno contro una media delle nazioni più evolute attestata sotto la metà. Gli italiani sono al top pure nel confronto con il reddito medio nazionale e persino nel paragone con gli stipendi dei laureati. Il ministero della Funzione pubblica ha subito rettificato: la rilevazione dell’Ocse riguarda solo sei ministeri e si basa sui dati 2011, prima che venisse introdotto il tetto dei 302 mila euro l’anno. Inoltre da noi i contributi pesano molto più che altrove. Certo, ma anche considerando queste correzioni l’asticella resta altissima.
PRODUTTIVITÀ BLUFF Non è altrettanto elevata la considerazione per l’efficienza dei nostri amministratori pubblici. Che però intascano sempre la “retribuzione di risultato”. A tutti i dirigenti viene pagata questa voce economica, nessuno escluso. L’importo varia da un minimo di 7mila a un massimo di 60 mila l’anno. Dipende dalle diverse amministrazioni, dagli obiettivi fissati all’inizio dell’anno, dal grado di raggiungimento degli stessi, e dalle diverse posizioni. E chi garantisce che gli obiettivi siano sempre sensati, e non talvolta indicati solo strumentalmente? L’impressione è che vi sia molto da fare, nella valutazione delle performance. Ma intanto teniamoci questa convinzione: tutti i dirigenti hanno un rendimento positivo. E questo per il cittadino è consolante. Anche se non sempre palpabile, a giudicare dal funzionamento di Stato, Regioni, Comuni e Province. Che tutti vorrebbero riformare, partendo da quelle più meridionali. Sarà mai fatto?